I singoli hanno ancora senso?
Di questi tempi non più, scrive Luca De Gennaro, dj e conduttore di Radio Capital
Il dj e conduttore radiofonico Luca De Gennaro – oggi conduce con Massimo Oldani il programma “Black Or White” su Radio Capital – ha scritto sulla sua pagina Facebook un lungo intervento sull’utilità dell’uscita dei “singoli” musicali nell’era dello streaming e di internet. Il “singolo” è la canzone lanciata dalla casa di produzione per sponsorizzare l’album in uscita. Negli anni passati il singolo anticipava l’uscita dell’album e serviva a indirizzare i dj delle radio e far parlare la stampa e i fan.
Venerdì scorso è uscito il tanto atteso nuovo album di David Bowie, “Blackstar”. Lo abbiamo ascoltato con attenzione e da domani (lunedì) nel mio programma su Radio Capital (che si chiama Whatever e va in onda ogni sera alle 21) comincerò a trasmettere due canzoni che mi sembra siano le più adatte per chi ascolta quel programma e quella radio: sono le ultime due dell’album: “Dollar Days” e “I can’t give everything away”. Nessuna delle due è un “singolo”. L’album è stato anticipato da due canzoni uscite prima: “Blackstar” e poi “Lazarus”, entrambe accompagnate da video molto belli e che ho programmato entrambe alla radio. Questa premessa per spiegare come, nella logica delle cose, chi programma musica alla radio potrebbe ragionare e comportarsi: se esce un “singolo”, una canzone unica, che anticipa un album, o trasmetti quella o niente. Ma dal momento in cui un intero album è sul mercato, e tutto il mondo lo può ascoltare, acquistandolo su iTunes ma anche semplicemente e in tempo reale in streaming (alle nove di mattina del giorno di uscita avevo già ascoltato quello di Bowie due volte di seguito), che senso ha rimanere ancora attaccati ad un concetto decisamente obsoleto come quello dei “singoli” indicati dalle case discografiche come titoli che, da quell’album, devono andare in onda alla radio, per forza quelli e non altri?
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