L’intervista di Sean Penn a El Chapo
È stata realizzata a ottobre quando il "narcotrafficante più potente del mondo" era ancora latitante nella giungla del Messico, e potrebbe avere contribuito al suo arresto
Da domenica si discute molto del lunghissimo racconto scritto dall’attore statunitense Sean Penn – e pubblicato dalla rivista statunitense Rolling Stone – su Joaquín Guzmán Loera, detto “El Chapo”, il narcotrafficante messicano arrestato venerdì scorso, sei mesi dopo la sua seconda evasione da una prigione del Messico. Le autorità messicane hanno detto che vogliono interrogare Penn a proposito dei suoi contatti con Guzmán, mentre la rivista ha ricevuto diverse critiche per come è stato trattato l’argomento e per avere accettato la richiesta di El Chapo di rivedere il pezzo prima della sua pubblicazione.
El Chapo, entrevistado por Sean Penn y Kate del Castillo mientras estaba prófugo https://t.co/fDImaZkRbv pic.twitter.com/iUu9zQki4z
— Expansión (@ExpansionMx) January 10, 2016
Chi è El Chapo
El Chapo è considerato, almeno dal 2012, “il narcotrafficante più potente del mondo”, una definizione coniata per lui dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Non si conosce esattamente la sua data di nascita, ma sappiamo che dovrebbe avere poco meno di 60 anni. È stato arrestato la prima volta nel 1991 e ha trascorso dieci anni in prigione, un periodo nel quale ha rafforzato la sua organizzazione, il cartello di Sinaloa. Nel 2001 è evaso ed è rimasto latitante per 13 anni. Dopo il suo secondo arresto, nel 2014, è evaso nuovamente. Secondo alcuni, il suo arresto di venerdì potrebbe essere collegato proprio all’intervista data a Sean Penn.
Cosa c’entra Sean Penn
Sean Penn – che è noto anche come attivista, per le sue posizioni molto di sinistra – è arrivato a El Chapo grazie a un’attrice messicana, Kate del Castillo, che in passato aveva interpretato una narcotrafficante in una soap opera e nel 2012 aveva pubblicato un tweet di sostegno nei confronti del leader del cartello di Sinaloa. Del Castillo sarebbe stata contattata dai legali di El Chapo per girare un film sulla sua vita e si sarebbe poi rivolta a Penn, tramite amicizie comuni. Nell’articolo scritto da Rolling Stone, Penn racconta di aver subito pensato che girare un film non sarebbe stato molto pratico, ma che i due avrebbero potuto ripiegare su un’intervista. Castillo e El Chapo hanno accettato la proposta e alla fine dello scorso settembre Penn si è imbarcato su un aereo che è partito dalla California ed è atterrato alcune ore dopo in Messico.
L’articolo
Gran parte dell’articolo di Penn è il racconto delle bizzarre traversie che Penn è stato costretto ad affrontare per intervistare El Chapo. Penn ha scritto: «Ho 55 anni e non ho mai imparato a usare un computer». Ha raccontato che per incontrare El Chapo ha dovuto usare cellulari usa e getta, ha comunicato via mail accedendo alla stessa casella di posta del mittente e ha consultato le bozze contenute all’interno, un metodo utilizzato anche dai gruppi terroristici per evitare di essere intercettati. Molti nomi contenuti nell’articolo, come quelli degli aeroporti, delle città e degli accompagnatori di Penn, non sono stati rivelati ed è impossibile risalire esattamente a dove è avvenuto l’incontro. Penn ha raccontato di aver preso due voli aerei e di aver percorso diverse ore in automobile nella giungla. Dopo un viaggio apparentemente interminabile è arrivato a una piccola casa privata dove lo attendeva El Chapo.
Come il suo soprannome lascia intendere – “El Chapo” significa “il piccoletto” – El Chapo non è molto imponente. È alto un metro e 67 centimetri, ma – ha scritto Penn – come molti altri uomini in posizioni simili alla sua è dotato di un incredibile carisma, oltre che di un sorriso intelligente che non ha quasi mai lasciato il suo volto nel corso dell’incontro con Penn. L’intervista è durata in tutto sette ore e Penn ha detto di aver avuto l’impressione di essere una sorta di “terzo incomodo”. Quella che El Chapo voleva incontrare davvero era del Castillo, l’attrice messicana che lo accompagnava.
Penn ha aggiunto che non gli è stato possibile registrare le risposte del narcotrafficante e nemmeno prendere appunti. Una seconda intervista è stata annullata a causa dell’attività delle forze di sicurezza messicane nell’area dove è avvenuta l’intervista. Per completare l’articolo, Penn ha inviato una serie di domande a El Chapo tramite del Castillo e il narcotrafficante ha risposto con un breve filmato.
El Chapo ha raccontato di aver iniziato il suo lavoro nel traffico di droga quando aveva 15 anni. Lo stato del Sinaloa, dove è nato, è uno dei più poveri del Messico ed El Chapo ha detto che l’unico modo che c’era all’epoca per guadagnarsi da vivere era coltivare marijuana e papaveri da oppio. Non si è pentito delle sue scelte, ha aggiunto, e non si sente in colpa per le persone rovinate o uccise a causa della droga. Il traffico di stupefacenti è “sfortunatamente” l’unico modo per sopravvivere in Messico, ha detto El Chapo, che ha anche rivendicato con orgoglio di essere il più grande fornitore di droga al mondo e di possedere un’intera flotta di aerei, camion e persino sottomarini con cui ha portato avanti il suo traffico.
Chi è Kate del Castillo
Kate del Castillo ha 43 anni, è un’attrice messicana ed è conosciuta soprattutto in America latina grazie alla sua partecipazione in alcune telenovela di successo. Nel 2012 Castillo scrisse una lettera aperta a El Chapo, nella quale gli chiedeva se non fosse meglio cambiare affari iniziando a “spacciare amore”, invece della droga, diventando in questo modo un “eroe degli eroi”. In seguito El Chapo incaricò uno dei suoi faccendieri di rintracciare Castillo per farle arrivare dei fiori. Due anni dopo, Castillo ed El Chapo iniziarono una fitta corrispondenza tramite messaggi scritti a mano e l’app BlackBerry Messenger. Quando Guzman evase di prigione, Penn si mise in contatto con Castillo, spiegandole di essere interessato a incontrare El Chapo.
El Chapo e Sinaloa
Il cartello di Sinaloa gestisce uno dei più ampi traffici di droga al mondo, con estensioni anche in Europa e in parte del sud-est asiatico. Il nome deriva dallo stato di Sinaloa, che si trova nella parte nord-occidentale del Messico e che si affaccia nel golfo della California. Non è ancora chiaro quali potranno essere le implicazioni del nuovo arresto di El Chapo: il cartello aveva continuato a funzionare, grazie a diversi altri capi e alla possibilità di El Chapo di comunicare, anche durante la sua precedente permanenza in carcere.
Secondo la popolazione locale e diversi osservatori, in questi anni il cartello è diventato una sorta di stato parallelo, dandosi da fare attivamente per avere il consenso della popolazione. Parte del denaro derivante dal traffico di droga è stata sfruttata per finanziare la costruzione di scuole, ospedali e abitazioni in alcune delle aree più povere di Sinaloa e degli stati confinanti. Gli abitanti hanno imparato a rivolgersi direttamente ai responsabili del cartello per risolvere problemi pratici di vario tipo, non potendo fare affidamento sulla burocrazia inefficiente e sui politici corrotti locali.
Cosa dicono le autorità
Le autorità messicane hanno detto che l’arresto di El Chapo è stato in parte reso possibile dal fatto che il narcotrafficante ha contattato attori e produttori per girare un film sulla sua vita. Non è chiaro se si riferissero all’intervista realizzata da Penn e Castillo. Nel suo articolo, Penn specifica che quando El Chapo ha deciso di girare un film sulla sua vita, l’unica persona di cui aveva deciso di fidarsi era proprio del Castillo. Ha scritto anche che, nonostante tutte le misure di sicurezza adottate, era certo che il governo messicano e quello degli Stati Uniti stessero seguendo tutti i suoi movimenti. L’arresto è avvenuto l’8 gennaio, due mesi dopo l’intervista.
Come è nato l’articolo
Sean Penn contattò per la prima volta Jann Wenner, uno dei fondatori di Rolling Stone, alcuni mesi fa dicendogli che aveva qualcosa di molto importante da discutere con lui, privatamente e di persona, I due si incontrarono e Penn spiegò di essere al lavoro per un progetto molto vago legato a El Chapo: le trattative andarono avanti per alcune settimane, portando infine alla pubblicazione dell’articolo-intervista di Penn. Wenner ha spiegato al New York Times che Rolling Stone in quelle settimane fece di tutto per mantenere la segretezza sulla preparazione dell’articolo, usando server separati per le email e riducendo al minimo le comunicazioni con Penn, che in più occasioni divenne irraggiungibile per giorni. Inizialmente solo Wenner era a conoscenza del progetto: fu lui a vedere le prime bozze del lungo articolo, quasi 10mila battute, prima di parlarne ad altri colleghi della redazione.
Definiti meglio i contenuti, furono coinvolti un legale della rivista e il caporedattore Jason Fire. La versione definitiva del pezzo divenne pronta un paio di settimane fa, quindi prima che El Chapo fosse arrestato. Per giorni le notizie contenute nell’articolo non furono fatte trapelare, spiega Wenner, perché la rivista non voleva in alcun modo che fossero “forniti dettagli che avrebbero potuto portare alla sua cattura”. Wenner ha anche spiegato di avere fatto in modo di raccogliere solo le informazioni necessarie per dare solidità all’articolo di Penn, in modo da non dovere rispondere alle autorità degli Stati Uniti e del Messico per cose diverse da quelle pubblicate.
Critiche ed etica
Da quando è stato pubblicato, l’articolo di Penn ha ricevuto numerose critiche sia per i suoi contenuti e toni benevolenti, sia per lo stile in cui è scritto con una prosa piuttosto complicata e ritenuta da alcuni eccessivamente letteraria. Fine, che ha contribuito alla revisione del pezzo, ha detto semplicemente che: “Si tratta di un articolo di Sean Penn. Sean Penn ha uno stile e un punto di vista particolare, e mi va bene così”. Le critiche più ricorrenti riguardano comunque i temi etici e la scelta di Rolling Stone di essersi occupata di un narcotrafficante accusato di numerosi reati – compreso l’omicidio – senza coinvolgere le autorità.
Con El Chapo ci sono state diverse trattative circa i contenuti dello stesso articolo: ha chiesto e ottenuto che gli fosse mostrata la bozza prima della pubblicazione, a quanto pare richiedendo anche alcune modifiche al testo. Andrew Seaman, il responsabile del comitato etico della Society of Professional Journalists, l’associazione più antica che rappresenta i giornalisti negli Stati Uniti, ha scritto che “permettere a qualsiasi fonte di avere il controllo sui contenuti dell’articolo che si sta scrivendo è imperdonabile”. Utilizzando il sistema della pre-approvazione, l’articolo stesso risulta screditato, secondo Seaman: “L’autore, che in questo caso è un attore e un attivista, potrebbe scrivere la sua storia mettendo il protagonista sotto una luce più favorevole e omettendo alcuni fatti poco lusinghieri, cercando in questo modo di non farsi rifiutare l’articolo”. Finora Sean Penn non ha commentato il suo articolo, né le critiche ricevute.