Le polemiche sull’inquinamento dei panevin
I falò bruciati all'Epifania nel nord-est aumentano le polveri sottili nell'aria, alcuni comuni li hanno vietati, il presidente del Veneto Zaia ne ha acceso uno per protesta
Nelle ultime settimane si è parlato molto dell’inquinamento atmosferico in svariate regioni italiane. Lo scorso 23 dicembre la giunta comunale di Milano ha deciso il blocco del traffico privato per tre giorni a causa degli alti livelli di concentrazione nell’aria di polveri sottili PM10 e PM2,5; restrizioni alla circolazione delle auto ci sono state anche a Roma. La maggior parte delle città più inquinate si trova al nord, dove gli alti livelli di polveri sottili nell’atmosfera sono dovuti in larga parte all’assenza di precipitazioni nelle ultime settimane, alla debolezza del vento e a un alto tasso di umidità. Inoltre i tradizionali falò che si accendono ogni anno per l’Epifania nel nord-est rischiano di peggiorare la situazione, aumentando ulteriormente i livelli d’inquinamento, per questo alcuni comuni li hanno vietati o hanno imposto limiti alla durata e alle dimensioni dei falò.
Conosciuto nel resto d’Italia come “falò di inizio anno”, il panevin (o pan e vin) è una tradizione di origini pagane che nel corso degli anni ha assunto anche significati cristiani, diffusa soprattuto in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia, in alcune zone della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Il termine panevin è usato principalmente nelle province di Treviso e Venezia, dove l’usanza è molto diffusa. Nel resto del Veneto e in Friuli viene chiamato anche pignarûl, seima, foghera, casera o briolo, tutti termini dialettali. Generalmente si brucia una catasta di paglia e legna sorretta da alcuni bancali: le dimensioni variano da paese a paese e in cima alla catasta spesso viene fissato il manichino della “vecchia”. Un tempo, la direzione delle scintille e del fumo veniva considerata dai contadini come un presagio dell’andamento delle stagioni e dei futuri raccolti.
Il 6 gennaio dello scorso anno, l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV) ebbe difficoltà a misurare la concentrazione di polveri sottili poiché risultavano superiori al livello massimo di registrazione delle centraline. La causa principale erano proprio i falò, bruciati perlopiù nella notte fra il 5 e 6 gennaio (alcuni falò vengono bruciati anche nei giorni successivi). Il 6 gennaio del 2013, le centraline dell’ARPAV misurarono concentrazioni di PM10 circa tre volte più alte del limite giornaliero di 50 microgrammi per metro cubo d’aria in tutti i capoluoghi di provincia. Alcune località bruciano nella catasta anche materiali in plastica, pneumatici e legno trattato con collanti e solventi, che aumentano ancora di più il livello d’inquinamento prodotto.
Nei mesi scorsi, la Commissione Europea ha indicato il Veneto come la regione che nel corso degli ultimi anni ha preso meno provvedimenti per ridurre l’inquinamento. A causa del già alto livello di polveri sottili nell’atmosfera, alcune amministrazioni comunali hanno deciso di limitare il numero di falò e la loro dimensione. In altre zone però non è stato preso alcun provvedimento. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha criticato molto le ordinanze comunali che hanno vietato o limitato i panevin e ieri sera ha acceso lui stesso il panevin di Arcade – un piccolo comune nella provincia di Treviso – che è uno dei più famosi e grandi del Veneto. Zaia ha poi detto: «Ogni anno il primo gennaio inizia il solito cerimoniale, come se i panevin fossero la causa di tutti i mali. Qualcuno pensa che un metro e mezzo sia sufficiente. A me quello non sembra un panevin».
I livelli di polveri sottili registrati nell’atmosfera in questi giorni saranno probabilmente più bassi di quelli registrati negli ultimi anni: per via delle restrizioni ma anche del maltempo e della pioggia di martedì in parte del Nord-Est. Alcuni falò sono stati comunque rinviati a oggi ma avranno una durata ridotta e le ceneri dovranno essere bagnate la sera stessa.