I maglioni dolcevita stanno tornando di moda?
Dopo una grande popolarità negli anni Sessanta e Settanta per anni sono stati considerati superati: ma le cose stanno cambiando, dice chi se ne intende
Negli ultimi mesi più di una rivista internazionale di moda ha scritto che il 2015 è stato l’anno in cui i maglioni dolcevita – quelli con un colletto molto alto e ripiegato su se stesso – sono tornati di moda. Già lo scorso febbraio Jess Cartner-Molley, a capo della sezione del Guardian che si occupa di moda, aveva scritto che i maglioni a collo alto (turtleneck o polo neck, in inglese rispettivamente americano e britannico) avevano vinto «a mani basse» la gara tra i capi d’abbigliamento maschili più di tendenza alla settimana della moda a Milano e Parigi, e durante quella di New York la rivista Elle aveva notato che molte modelle indossavano una sorta di sciarpa che ricordava il colletto dei maglioni dolcevita.
Molto popolari negli anni Sessanta e Settanta, i maglioni dolcevita non sono considerati “alla moda” da tempo, anzi sono spesso visti come qualcosa di non “cool” ma datato e superato. L’origine del termine italiano “dolcevita” è attribuita al film La dolce vita di Federico Fellini, dove lo indossava il personaggio interpretato dall’attore Giò Stajano.
Il ritorno dei dolcevita è legato al video “Hotline Bling”, uscito nell’estate 2015, del singolo di Drake, tra i cantanti americani più famosi e di successo: in alcune scene del video, Drake balla da solo indossando un maglione a collo alto, con pantaloni di felpa grigi e scarponcini beige (entrambi capi di abbigliamento molto popolari nella cultura hip-hop). Secondo diversi giornalisti di moda il video di “Hotline Bling” ha in un certo senso sdoganato il maglione dolcevita, rendendolo di nuovo un capo di abbigliamento popolare. In un recente articolo del New York Times intitolato “Can the turtleneck ever be cool again?”, il giornalista Troy Patterson ha scritto che con il suo video Drake ha dato al pubblico «un esempio di virilità che [il pubblico] non sapeva di volere».
La storia del maglione dolcevita
Fino ai primi anni del Novecento, i maglioni a collo alto erano indossati soprattutto da marinai e da chi in generale viveva o lavorava in posti ventosi, per proteggersi dall’aria senza dover indossare una sciarpa. Nel 1924, però, iniziarono a diventare popolari in alcune città inglesi, dopo che il commediografo britannico Noël Coward cominciò a indossarli a Londra – «più per comodità che per scena», scrisse in seguito. Nei mesi successivi molti giovani inglesi presero a indossare maglioni a collo alto: lo scrittore Evelyn Waugh scrisse alla fine di quell’anno di apprezzare quella moda perché consentiva di non indossare cravatte e bottoni per chiudere il colletto della camicia, e perché «nasconde i foruncoli con i quali i giovani sembrano aver incrostato i propri colli». Assieme ai maglioni dolcevita nacquero i cosiddetti “lupetti”, nei quali il colletto arriva solo a metà del collo e non è ripiegato su se stesso.
Negli anni Cinquanta la famosa cantante francese Juliette Gréco, considerata la “musa dell’esistenzialismo” e amica dei principali intellettuali parigini di quegli anni, trasformò i dolcevita neri in un’icona bohémien (uno che li indossava spesso, per esempio, era il filosofo Michel Foucault). I maglioni a collo alto diventarono in fretta uno dei capi d’abbigliamento più popolari tra chi si riconosceva nella controcultura degli anni Cinquanta e Sessanta: furono adottati in Inghilterra dai cosiddetti “giovani arrabbiati”, un gruppo di scrittori della classe operaia inglese, e negli Stati Uniti dai beatnik – cioè quelli della Beat Generation – e dalle Pantere Nere, i membri dell’omonimo movimento per i diritti degli afroamericani.
Contemporaneamente i maglioni a collo alto vennero usati anche da famose star del cinema, come Audrey Hepburn nel musical Cenerentola a Parigi , Steve McQueen in Bullitt, Robert Redford in Come eravamo e Diane Keaton in Io e Annie. Patterson racconta che tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, quando ormai erano diffusi anche fuori dai movimenti giovanili, c’era un po’ di ambiguità sul valore di eleganza da assegnare ai maglioni dolcevita: si provò per qualche anno a indossarli come sostituti della camicia e della cravatta, anche sotto le giacche, ma si capì in fretta che la cosa non funzionava. Negli anni Ottanta tornarono a essere indossati da molte persone, sia in situazioni più informali sia in sostituzione della camicia, diventando popolari tra gli artisti e i creativi: Andy Warhol per esempio ne portava spesso uno nero, come anche lo scienziato Carl Sagan. Ma probabilmente la persona più famosa a indossare con regolarità i maglioni dolcevita è stato Steve Jobs, che ne fece in un certo senso la propria uniforme, insieme ai jeans Levi’s 501: il suo biografo Walter Isaacson ha scritto che scelse il collo alto per praticità e per avere uno stile personale e distinguibile. Jobs negli anni Ottanta chiese allo stilista giapponese Issey Miyake di disegnargliene un modello; Miyake gliene diede un centinaio, che Jobs teneva nell’armadio.
Ma stanno davvero tornando di moda?
A partire dagli anni Duemila i personaggi pubblici che hanno portato con una certa frequenza i maglioni dolcevita sono diminuiti. L’attore George Clooney è uno di questi, ma in un certo senso indossandoli ha contribuito a renderli un capo di abbigliamento che, nell’opinione comune, può essere portato da pochissime persone senza apparire buffi o bizzarri. Negli ultimi anni le cose sono lentamente cambiate: nel 2013 la cantante Taylor Swift ne indossò uno nero in un’esibizione al programma X-Factor, e anche Kim Kardashian, una delle celebrità americane più fotografate e commentate dai giornali di gossip, ha portato in passato un vestito con il colletto alto di un dolcevita. Nel film del 2015 Vizio di forma Joaquin Phoenix ne indossa uno blu in diverse scene, così come Daniel Craig nella locandina di Spectre; e uno dei film più attesi dell’anno è stato proprio Steve Jobs. Anche il giocatore di basket LeBron James e molti atleti americani ultimamente hanno cominciato a portarlo.
Secondo Cartner-Molley uno dei fattori che contribuisce al ritorno di moda dei dolcevita è che gli anni Settanta stanno sostituendo gli anni Novanta come decennio più citato e preso a esempio dalla moda, dal cinema e in generale dall’industria culturale contemporanea: «E il collo alto è per gli anni Settanta quello che il girocollo era per gli anni Novanta e le loro t-shirt». Ma per Cartner-Molley c’entra anche il fatto che il femminismo sta tornando a essere un tema molto importante e discusso, dopo qualche decennio in cui era stato meno centrale: e i maglioni dolcevita erano uno dei capi di abbigliamento più indossati dalle attiviste per i diritti civili negli anni Settanta. «Coprire il petto equivale a fare una forte dichiarazione sulle cose su cui ti aspetti di essere valutata», spiega Cartner-Molley. Tra gli stilisti che hanno inserito nelle proprie recenti collezioni, maschili e femminili, maglioni o vestiti con colletti dolcevita ci sono Gucci, Stella McCartney, Valentino, J.W. Anderson e Fendi: molti giornalisti di moda scrivono però che per indossarli in maniera “contemporanea” andrebbero abbinati a una giacca, a una camicia o a una maglietta, e non portati da soli.