Come lo streaming ha cambiato le serie tv
Sono diventate un genere narrativo nuovo, dice il più importante critico tv del New York Times, e dobbiamo ancora capire come padroneggiarlo
James Poniewozik è un giornalista statunitense: dal 1999 al 2015 ha scritto di televisione per Time e da alcuni mesi è diventato il capo dei critici televisivi del New York Times. Poniewozik quindi ha visto e vede molta televisione e alcuni giorni fa ha scritto un articolo in cui sostiene che le serie tv in streaming non sono solo un nuovo modo di guardare uno stesso prodotto: sono un nuovo genere di cui però dobbiamo ancora capire bene e assimilare canoni, estetica, meccanismi e convenzioni. Nel suo articolo Poniewozik spiega e passa in rassegna le implicazioni, secondo lui molto profonde, di qualcosa di cui ci siamo accorti un po’ tutti: le serie tv “classiche” – quelle fatte per essere viste un episodio a settimana – sono costruite e consumate in un modo diverso da quelle “nuove” di Netflix o Amazon, che mettono online in un attimo un’intera stagione permettendo di vederne tutti gli episodi in poche ore.
L’obiettivo di qualsiasi serie tv è piacere al pubblico e, ancora prima, farsi guardare. Per farlo servono una storia intrigante, un primo episodio bello e interessante – capace di presentare un “mondo” e di suggerire delle domande su cosa ci potrà succedere dentro – e una serie di episodi che riescano a mantenere vivo l’interesse di chi guarda.
Se le serie tv “classiche” usavano e usano per questo i cliffhanger, le nuove serie tv in streaming puntano invece al binge-watching. In inglese “cliff” significa “dirupo”: il cliffhanger è il momento alla fine di un episodio in cui si vede che sta per succedere qualcosa – per esempio, qualcuno è in pericolo – ma l’episodio finisce prima che si scopra se e come quel personaggio riuscirà a salvarsi. La storia resta quindi “appesa” (come se si fosse aggrappati con sotto un dirupo). Il cliffhanger serve a mantenere vivo l’interesse di chi guarda, a far sì che si ponga delle domande, che ne parli con altri spettatori e soprattutto che, una settimana dopo, abbia voglia di vedere cosa succede. Le serie tv in streaming non hanno bisogno di cliffhanger tra un episodio e l’altro: finito un episodio, il successivo è già lì, disponibile. Per questo si parla di binge-watching: un neologismo che deriva dalla parola “binge” (abbuffata). Una serie tv in streaming permette infatti a chi la guarda di abbuffarsi di ore di episodi, uno dopo l’altro. E questo cambia anche il modo in cui viene scritta.
«Quando si guarda una serie un episodio a settimana, il tempo speso tra un episodio e l’altro è parte dello show», scrive Poniewozik. Una serie tv classica come Breaking Bad è fatta per essere vista a pezzi e per far vedere come il protagonista cambia poco a poco. La storia è stata pensata in base al modo in cui sarebbe stata vista. C’è tempo per riflettere, per far sedimentare opinioni, per cambiare insieme al protagonista e per farlo con i tempi decisi dalla programmazione televisiva. Poniewozik scrive che che il binge-watching delle serie in streaming assomiglia invece alla lettura di un libro, o al tempo dedicato a un videogioco: «Ricevi subito tutto e decidi tu i tempi». Poniewozik spiega che anziché essere riflessivo, il binge-watching è immersivo: e definisce “The Suck” (il risucchio) la dinamica creata dalla visione “in abbuffata” di una serie tv in streaming. Il “risucchio” è quell’effetto “narcotico” che ci fa sentire parte di un flusso.
“Guarda il prossimo episodio” è l’opzione di default, ed è così facile farlo. Può persino diventare competitivo. I tuoi amici stanno guardando la stessa serie tv in streaming e ora dopo ora scrivono sui social media a che punto sono. Ogni episodio diventa un livello da sbloccare.
Uno dei migliori e più famosi cliffhanger della storia è quello della serie tv Dallas, che nel 1980 mostrò, appena prima della fine della seconda stagione, qualcuno di non riconoscibile che sparava a J.R. Ewing, il cattivo della serie. Per mesi la frase “Chi ha sparato a J.R.?” divenne un tormentone negli Stati Uniti. CBS, il network che produceva Dallas, decise di investire molto nel marketing della serie; la frase finì sulle prime pagine dei principali giornali statunitensi e fu ripresa persino dal presidente Jimmy Carter, che disse che non avrebbe avuto problemi a finanziare la sua campagna per la rielezione se solo avesse saputo «chi ha sparato a J.R.». La risposta alla domanda arrivò otto mesi dopo: l’episodio “Who Done It” (“Chi è stato”) ebbe il 76 per cento di share e fu visto da 90 milioni di spettatori statunitensi.
Le serie tv in streaming non hanno bisogno di tormentoni che durino mesi, ma devono comunque impegnarsi per risucchiare l’attenzione dello spettatore. Il primo episodio non deve più essere così ricco di stratagemmi e intriganti trucchetti: basta che si sappia rendere intrigante a sufficienza per guardare, subito dopo, il successivo.
Da questi nuovi meccanismi nasce una nuova relazione con il pubblico. La televisione tradizionale – quelli che se ne intendono la chiamano “tv lineare” – parte dal presupposto che il tempo di chi guarda è poco, giusto un paio di preziose ore prima di andare a dormire. I servizi in streaming partono dal presupposto di avere un totale possesso del tempo libero di chi guarda, ovunque e comunque. Vacanze, viaggi, fine-settimana.
Le serie tv classiche chiedono e chiedevano poco tempo, spalmato di settimana in settimana e tenuto insieme dai cliffhanger. Le serie tv in streaming vogliono invece molto tempo dagli spettatori e lo chiedono tutto insieme, il prima possibile. La conseguenza è che le serie tv in streaming possono partire piano, presentare elementi e domande poco a poco e, quando necessario, arricchire la storia di dettagli, sapendo che non passerà una settimana prima del prossimo episodio e non c’è quindi il rischio che lo spettatore se ne dimentichi.
Il “risucchio” delle serie televisive può anche essere letargico, spiega Poniewozik, e basarsi su tecniche narrative senza forma che si basano sul principio del “costo affondato”. È molto probabile che dopo che uno spettatore ha iniziato una serie, investendo ore nei primi episodi, continuerà a farlo fino alla fine, che la serie tv gli piaccia o no. C’è una sorta di punto di non ritorno superato il quale quasi chiunque continua a vedere una serie tv, e questo punto di non ritorno fa molto comodo a chi guadagna da queste serie tv.
Aggiunge Poniewozik: se le serie tv classiche fanno riflettere, quelle nuove immergono e se le classiche lasciavano nazioni intere a farsi domande per mesi (succede ancora, per esempio con Il trono di spade), quelle nuove in più mettono gli spettatori in una gara contro il tempo (e contro l’uso del tempo fatto dagli amici più veloci a guardare tutti gli episodi). Il meccanismo di trasmissione ha cambiato i canoni di visione e, di conseguenza, le strutture narrative di una storia e il genere di quelle storie. Le serie tv devono avere successo subito e devono farlo sfruttando quello che piace agli spettatori. Poniewozik scrive:
Netflix ha un immenso numero di informazioni su quello che gli utenti hanno guardato di più e su cosa gli è più piaciuto. “Gli piacciono le avventure?” “Facciamo Marco Polo“. “Le storia di droga come Breaking Bad vanno forte? Facciamo Narcos”. Sembra essere un ottimo modo di far business, ma non incentiva a fare grandi salti nell’ignoto.
Secondo Poniewozik questa è la ragione principale per cui le migliori nuove serie in streaming sono quasi sempre commedie come Master of None o, comunque, storie anche drammatiche ma con molti elementi da commedia (come succede in Orange Is the New Black o Transparent). Le commedie si sono ben adattate al binge-watching, è invece più problematica la questione che riguarda le storie drammatiche, quelle in cui «chi le crea ha più da imparare su come crearle e chi le guarda su come guardarle».
Finora lo streaming si è adattato a storie drammatiche con una trama ricca di eventi, ben fatte ma mai rivoluzionarie. House of Cards è bella da vedere, basta accettare che è un cartone animato in live action sulla politica e non il nuovo The Wire. House of Cards va bene per tenere compagnia a chi la guarda dall’iPad mentre piega il bucato.
Poniewozik è critico nei confronti dello streaming e del binge-watching, ma non pessimista. Spiega che anche le serie tv classiche hanno avuto bisogno di tempo per capire che posto occupare e che forma prendere; le serie tv in streaming dovranno fare lo stesso. Allo stesso modo le serie tv in streaming devono imparare a usare al meglio il loro formato gigante, non combatterlo. «Più di ogni altra recente innovazione della tv, lo streaming ha il potenziale – e verosimilmente ci riuscirà – per creare un genere narrativo del tutto nuovo: uno con gli elementi del cinema, della tv e del romanzo, ma diverso da tutti e tre. Ci vorrà però del tempo prima che tutti noi impariamo a padroneggiarlo».