Il poliziotto americano che ha ucciso un dodicenne nero non sarà perseguito
Tamir Rice un anno fa era stato ucciso mentre giocava con una pistola ad aria compressa: secondo il gran giurì agli agenti non erano state date informazioni sufficienti
Il poliziotto americano che nel novembre del 2014 a Cleveland, città statunitense dell’Ohio, aveva ucciso il dodicenne nero Tamir Rice mentre giocava in un parco con una pistola ad aria compressa, non sarà perseguito penalmente. Lo ha deciso il gran giurì lunedì 28 dicembre dopo una serie di udienze molto criticate dai familiari di Rice, che tramite il loro avvocato hanno fatto sapere di essere «rattristati e delusi» ma non sorpresi. «Era chiaro ormai da mesi che il procuratore della contea di Cuyahoga, Timothy McGinty, manipolava e distorceva il processo decisionale del gran giurì per orchestrare un voto contro qualsiasi accusa». Dopo la decisione 30 persone hanno organizzato una protesta in città bloccando il traffico per alcuni minuti, ma non ci sono stati disordini.
Rice era morto in ospedale il 23 novembre del 2014. Il giorno prima era stato colpito con due colpi di pistola da un agente di polizia intervenuto insieme a un collega in un parco di Cleveland dopo varie segnalazioni al 911. Il ragazzo impugnava una pistola che si è poi scoperto essere ad aria compressa. I due agenti intervenuti avevano raccontato di aver ordinato per tre volte a Rice di alzare le mani, ma che lui avrebbe rifiutato e avrebbe cercato invece di estrarre la pistola dalla cintura dei pantaloni.
La scena era stata ripresa da alcune telecamere di sicurezza: nel video si vede l’auto della polizia avvicinarsi a Rice e si vede che nel giro di due secondi un agente gli spara contro due volte. Nella registrazione di una conversazione radio successiva alla sparatoria, si sente un poliziotto dire: «Sparato dei colpi, uomo a terra, un nero, forse ventenne». In un’altra registrazione si sente cosa era stato detto ai poliziotti dall’operatore che riportava le segnalazioni dei residenti: l’operatore parlava di un «maschio nero seduto sulle altalene che si toglie la pistola dai pantaloni e la punta alla gente» e non faceva cenno al fatto che l’arma potesse essere finta, come almeno due persone avevano avvertito nelle loro segnalazioni.
Durante una conferenza stampa dopo la decisione del gran giurì, il procuratore della contea di Cuyahoga, Timothy McGinty, ha detto che la morte di Tamir Rice è stata causata da una «tempesta perfetta di errori umani: errori e difficoltà di comunicazione da parte di tutti i soggetti coinvolti quel giorno». Ha anche detto che non c’era alcuna prova di condotta criminale da parte della polizia. I due agenti – Timothy Loehmann, che ha sparato, e il suo collega Frank Garmback – credevano di trovarsi di fronte a un «tiratore attivo» e non erano stati forniti loro dettagli che erano invece fondamentali: il fatto cioè che la pistola era “probabilmente” un giocattolo. La legge, ha precisato McGinty, concede il beneficio del dubbio al poliziotto che «ha avuto pochi secondi per prendere una decisione».