Il DAS di una volta aveva dentro l’amianto
Lo ha confermato un gruppo di ricercatori della Toscana analizzando vecchi campioni e documenti industriali
Una vecchia versione del DAS – la famosa pasta per modellare simile alla creta – messa in commercio tra gli anni Sessanta e Settanta conteneva amianto. La notizia era già circolata in passato, sollevando qualche perplessità, ma ora è stata confermata da una ricerca più accurata condotta presso l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica della Toscana (ISPO), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Scandinavian Journal of Work, Environment and Health.
Il DAS è un composto sintetico che serve per creare modelli, con il vantaggio rispetto alla creta di solidificarsi da solo a contatto con l’aria, senza la necessità di essere scaldato. Fu brevettato dall’italiano Dario Sala nel 1962, da cui ha preso il nome, e da allora è molto utilizzato soprattutto a scopo didattico nelle scuole e nei laboratori degli artigiani.
I ricercatori dell’ISPO hanno seguito due strade per accertare la presenza dell’amianto nella vecchia ricetta del DAS. La prima è consistita nell’analizzare alcuni campioni della vecchia pasta indurita con microscopi ottici e a scansione, rilevando in questo modo la presenza di fibre di amianto (circa il 30 per cento nei campioni analizzati). La seconda è stata invece di ricerca sulla documentazione prodotta dalla Adica Pongo, la casa produttrice del DAS. Cercando tra i documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Torino, i ricercatori hanno trovato i registri su cui era stato segnato l’acquisto di “centinaia di tonnellate di amianto grezzo” dall’amiantifera di Balangero, la più grande cava di amianto che si trova in provincia di Torino.
Il DAS fatto per circa un terzo di amianto fu prodotto tra il 1963 e il 1975; poi la ricetta fu cambiata sostituendolo con la cellulosa. La pericolosità dell’amianto all’epoca era già discussa da tempo, se si pensa che nel 1930 nel Regno Unito erano state assunte diverse cautele circa la sua natura cancerogena, ma furono necessari decenni prima che si arrivasse al completo bando della sua lavorazione in vari tipi di prodotti industriali: in Italia accadde solo nel 1992. Per scrupolo, lo ripetiamo ancora: dal 1976 nel DAS – ora prodotto da FILA Italia – non c’è amianto.
La ricerca sul DAS spiega che è difficile stabilire quante persone furono esposte alla versione della pasta con amianto tra gli anni Sessanta e Settanta. Oltre a essere venduto in Italia, era esportato in molti paesi europei come Germania, Norvegia, Regno Unito e Paesi Bassi. Si parla comunque di “milioni di persone” tra studenti, insegnanti, artisti e artigiani. Per i primi cinque anni, il DAS era venduto in polvere, da miscelare con acqua.
Le polveri contenenti fibre di amianto se respirate possono causare malattie molto gravi, come l’asbestosi, il carcinoma polmonare e il mesotelioma, una forma di tumore a cui si sopravvive in media 7-8 mesi dal momento della diagnosi. Le fibre di amianto sono sottilissime e non c’è una soglia di rischio al di sotto della quale la loro concentrazione nell’aria non sia pericolosa. Una volta entrate a contatto con i tessuti del sistema respiratorio, le fibre possono impiegare decenni prima di causare qualche patologia (e non sempre la causano).
Il fatto che il DAS fosse una pasta umida, quindi senza elementi volatili durante la lavorazione, deve comunque rassicurare chi la utilizzò in quegli anni. L’amianto è stato inoltre utilizzato per decenni in prodotti di ogni genere, dalle coperture dei tetti alle tubazioni, passando per le vernici, le auto, la plastica e le uniformi ignifughe. Era anche utilizzato in polvere come sistema per filtrare meglio il vino. Finché non è volatile, comunque, non rappresenta particolari pericoli.
La ricerca dell’ISPO ricorda che da qualche tempo nei questionari sottoposti ai pazienti con mesotelioma c’è una domanda sull’uso del DAS da giovani, e viene suggerito agli altri paesi in cui la pasta era commercializzata nella sua prima versione di fare altrettanto. Le conferme sul suo utilizzo, concludono i ricercatori, dimostrano che c’è ancora molto da fare per avere informazioni più chiare sui prodotti in cui fu inserito – o viene ancora oggi utilizzato – l’amianto.