Le mascherine anti-smog funzionano?
Non tutte e bisogna saperle usare nel modo giusto, altrimenti sono più dannose che altro
A causa degli alti livelli di inquinamento atmosferico, questa settimana molte città italiane hanno deciso blocchi o limitazioni per il traffico, con l’obiettivo di ridurre la concentrazione nell’aria di agenti inquinanti più pericolosi per la salute. La scarsa presenza di venti e piogge nelle ultime settimane – tra i fenomeni che più contribuiscono a ripulire l’aria – hanno reso la situazione critica in città come Milano, Roma e Torino, dove sono stati superati i limiti consentiti dalla legge per quanto riguarda la concentrazione di PM10 nell’aria. La grande attenzione dei media sulle città inquinate ha spinto molti ad acquistare e indossare mascherine, nella speranza di respirare meno inquinanti, ma solo alcune sono davvero efficaci e solo se usate nel modo corretto.
Cosa sono le PM
Prima di capire come funzionano le maschere contro lo smog, è opportuno farsi un’idea su alcuni termini che sentiamo spesso in questi giorni.
• Particolato: indica l’insieme delle sostanze sospese in aria solide e liquide, con un diametro da un milionesimo di millimetro a mezzo millimetro, prodotte da attività naturali (pollini, polvere, sali, ecc.) e da quelle umane (traffico, riscaldamento, industrie, ecc).
• PM: deriva dal termine “particulate matter” e serve per identificare le dimensioni delle particelle che costituiscono il particolato, più sono piccole più si intrufolano nel nostro organismo, talvolta causando danni.
• PM10: è il particolato formato da particelle con diametro inferiore a un centesimo di millimetro (10 micrometri), si tratta di una polvere che può essere respirata ed è quindi in grado di raggiungere naso e laringe; le particelle tra i 5 e i 2,5 micrometri riescono a depositarsi nei bronchi polmonari.
• PM2,5: è il particolato fine, formato da particelle con diametro inferiore a 2,5 micrometri; penetra nei polmoni e nel caso delle polveri ulteriormente più sottili, nel sistema circolatorio.
Altri inquinanti
Non è solamente il particolato a essere pericoloso per la salute in alte concentrazioni. Il biossido di azoto è emesso soprattutto dai motori diesel, è ritenuto cancerogeno e nelle persone a rischio può provocare seri danni all’apparato respiratorio. Un altro inquinante presente nello smog è l’ozono, prodotto da varie reazioni fotochimiche che interessano anche il biossido di azoto: causa irritazioni dell’apparato respiratorio ed è rischioso soprattutto per chi soffre d’asma.
Salute e inquinamento
Il ministero della Salute stima che ogni anno in Italia solo per il particolato fine muoiano almeno 30mila persone, il 7 per cento di tutti i decessi (se si escludono quelli per incidente). L’inquinamento accorcia mediamente la vita di ogni italiano di 10 mesi, con una distribuzione geografica che varia molto: 14 mesi per chi vive al nord, 6,6 per chi è nel centro e 5,7 per il sud e le isole. Se si rispettassero i limiti di legge, che impongono un massimo di particolato per metro cubo, ogni anno si potrebbero risparmiare 11mila vite.
L’inquinamento può causare effetti cronici dovuti a una lunga esposizione a particolato e gas, oppure effetti acuti che si verificano nei giorni in cui la concentrazione di inquinanti è più alta. Studi e ricerche hanno confermato che nelle città in cui è alto l’inquinamento atmosferico la salute delle persone è mediamente più bassa, con maggiori rischi legati a tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie.
Le mascherine
Molte persone utilizzano mascherine quando sono in giro per strada nelle città inquinate, sperando in questo modo di ripararsi dalle polveri sottili, ma l’efficacia di questa soluzione è discussa da molto tempo. Un utilizzo scorretto o di maschere non adeguate può essere molto pericoloso, perché induce le persone a frequentare luoghi più inquinati convinte di avere la necessaria protezione.
Le mascherine semirigide di carta – quelle contro la comune polvere, per intendersi – non riparano dalle PM10 e forniscono una protezione trascurabile al particolato di diametro maggiore. Lo stesso vale per le maschere che coprono naso e bocca con un tassello di tessuto, simili a quelle utilizzate in ambito sanitario: servono per evitare di disperdere saliva, muco o particelle di sangue quando si è ammalati, non per prevenire l’inalazione di polveri sottili. Un test condotto tempo fa a Hong Kong, una città che deve fare spesso i conti con l’alto inquinamento, ha dimostrato che le mascherine semplici (di solito di polipropilene) filtrano poco l’aria dagli inquinanti con diametro più piccolo.
Il problema non è solo legato al tipo di maschera, ma anche al modo in cui viene indossata. Per avere un minimo di efficacia, bocca e naso devono essere completamente isolati dall’esterno: non ci devono essere fessure e i margini della mascherina devono essere totalmente a contatto con la pelle. È una condizione minima per avere un po’ di protezione, che comunque si raggiunge soltanto con maschere più avanzate rispetto a quelle classiche di carta o semplice tessuto.
Quale mascherina usare
La mancanza di ricerche scientifiche, su un periodo sufficiente di anni di utilizzo delle mascherine contro lo smog, rende molto difficile stabilire quali siano le soluzioni più adatte per ripararsi dal particolato fine. Negli ultimi anni il medico Richard Saint Cyr ha provato a mettere ordine, raccogliendo informazioni sulle ricerche già eseguite e facendone altre dove vive, a Pechino in Cina, una delle città più inquinate al mondo. Saint Cyr ha anche avviato una ricerca in crowdfunding per testare al meglio le mascherine sul mercato: lo studio è ancora in corso, ma qualche risultato ha permesso di identificare protezioni più efficaci di altre.
Saint Cyr consiglia l’utilizzo di maschere di tipo FFP3, un tipo di respiratore che arriva a trattenere fino al 99 per cento delle particelle libere in aria, quindi ideale per ridurre l’inalazione di polveri sottili nei giorni di grande inquinamento. A seconda dei modelli, si spendono tra i 15 e i 30 euro per un set di una decina di mascherine. È meglio utilizzare quelle meno rudimentali, che di solito sono sagomate in modo da aderire meglio alla faccia e con un filtro intercambiabile. È inoltre importante seguire le indicazioni del produttore e non riciclare la stessa maschera più volte: la sua capacità di filtrare l’aria si riduce col tempo di utilizzo.
Quando si acquistano maschere di questo tipo è consigliabile verificare che riportino il marchio “EN 149” e che il prodotto sia in regola, e certificato, secondo le direttive europee. Le maschere FFP3 sono un poco più pesanti e scomode rispetto alle FFP1 e alle FFP2, che offrono rispettivamente un’efficienza filtrante del 78 e del 92 per cento. A seconda dei periodi di esposizione, possono essere sufficienti questi due tipi di maschere, consigliate anche per chi lavora a lungo per strada come i vigili urbani. Le mascherine non offrono invece particolare protezione dai gas nocivi.
Altre dritte
Chi ha già problemi respiratori deve comunque fare attenzione all’utilizzo delle mascherine, considerato che di solito rendono più faticosa la respirazione e in alcuni casi potrebbero rivelarsi meno utili del previsto: chi ha malattie respiratorie croniche può chiedere consiglio al proprio medico di famiglia, che per queste cose è meglio del Post. Gli altri consigli per i giorni di grande inquinamento dell’aria sono legati al buonsenso: evitare i luoghi più trafficati nelle ore di punta, fare corse e passeggiate nelle ore in cui ci sono meno automobili in circolazione, cambiare l’aria in casa preferibilmente di notte e non di giorno. Infine ricordarsi che le polveri più dannose per la salute non si vedono a occhio nudo, quindi ci sono anche se non le vediamo.