Perché la battaglia di Ramadi è importante
Nella città irachena controllata dall'ISIS è arrivato l'esercito insieme ad alcuni volontari sunniti: è una battaglia importante, per diverse ragioni
Martedì alcune unità dell’esercito iracheno e diversi volontari sunniti hanno cominciato a combattere lo Stato Islamico (o ISIS) nel centro di Ramadi, un’importante città irachena della provincia occidentale di Anbar. Ramadi era stata conquistata completamente dall’ISIS nel maggio del 2015 e da ottobre il governo dell’Iraq aveva cominciato una progressiva offensiva per riprenderne il controllo. La battaglia per il controllo di Ramadi viene considerata una delle più importanti nella guerra contro l’ISIS, soprattutto perché l’esercito iracheno – controllato da un governo sciita – dimostrerebbe così di poter ottenere vittorie militari anche nella provincia di Anbar, sunnita e storicamente di difficile gestione per il governo centrale.
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— NYT Graphics (@nytgraphics) December 22, 2015
La battaglia per il controllo di Ramadi – città che si trova a circa 140 chilometri a ovest di Baghdad – va avanti da alcune settimane, ma soprattutto in periferia. Alcuni funzionari iracheni e occidentali hanno detto al New York Times che fino a due settimane fa a Ramadi c’erano tra i seicento e i mille miliziani dell’ISIS. Da allora ne sono stati uccisi a centinaia e oggi l’intelligence statunitense stima che in città ne siano rimasti tra i 250 e i 350. Nonostante le unità dell’esercito iracheno siano numericamente superiori, scrive il Wall Street Journal, la battaglia si sta dimostrando molto complicata soprattutto perché i miliziani dell’ISIS stanno facendo grande uso di esplosivi di vario tipo. Un altro problema è la presenza in città di decine di migliaia di civili. Domenica alcuni aerei iracheni hanno lanciato sopra Ramadi dei volantini per dire alla popolazione locale di andarsene nel giro di 72 ore: centinaia di migliaia di persone hanno lasciato le loro case ma molti altri sono rimasti.
L’aspetto probabilmente più importante della battaglia per Ramadi è la presenza di gruppi di volontari sunniti insieme all’esercito iracheno e l’assenza delle potenti milizie sciite che avevano contribuito ad altre operazioni militari contro l’ISIS. Per esempio le milizie sciite – alcune legate all’Iran, paese sciita interessato a influenzare la politica dell’Iraq – avevano contribuito tra marzo e aprile scorsi alla riconquista di Tikrit, città irachena a circa 180 chilometri a nord di Baghdad. Per la battaglia di Ramadi, gli Stati Uniti hanno fatto pressioni sul governo iracheno affinché non consentisse la partecipazione degli sciiti e includesse invece volontari sunniti addestrati per mesi dalle forze americane. Il motivo è che Anbar – dove si trova Ramadi – è una provincia a stragrande maggioranza sunnita, che negli ultimi dieci anni si è ribellata più volte contro il governo sciita dell’Iraq: l’uso di combattenti sunniti ha l’obiettivo principale di evitare violenze o tensioni settarie, che molti esperti riconoscono tra l’altro come una delle cause più importanti dell’ascesa dell’ISIS in Iraq.
Le relazioni tra sunniti iracheni e Stati Uniti non sono una cosa nuova. Gli americani avevano già collaborato con le comunità sunnite della provincia di Anbar nell’ambito della cosiddetta “dottrina Petraeus” (dal nome del generale americano David Petraeus), una dottrina adottata tra il 2005 e il 2007 e finalizzata a sconfiggere al Qaida in Iraq, il gruppo predecessore dell’ISIS. La dottrina Petraeus prevedeva che i leader delle comunità sunnite locali collaborassero con il governo sciita iracheno contro al Qaida: l’accordo fu possibile grazie alle garanzie fornite dagli americani, che allora erano presenti in Iraq con migliaia di soldati, ed ebbe un grande successo (e fu uno dei pochi successi dell’esperienza americana in Iraq dopo l’invasione del 2003 che segnò la fine del regime dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein).
L’ISIS ha conquistato diverse importanti città irachene nell’estate del 2014 – approfittando molto della delusione dei sunniti per il governo centrale sciita – e da allora ha mantenuto il controllo di circa un terzo dell’Iraq. Di recente ha perso diversi territori, tra cui le città di Tikrit (riconquistata dall’esercito iracheno con l’aiuto delle milizie sciite) e di Sinjar (grazie all’intervento dei curdi aiutati dagli attacchi aerei degli americani). Lunedì il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha dato l’autorizzazione per l’impiego di 200 soldati americani in Iraq in funzione anti-ISIS. Il New York Times ha scritto anche che il segretario della Difesa statunitense, Ashton Carter, ha offerto al governo iracheno degli elicotteri Apache: il governo ha però rifiutato, a causa della pressione dei gruppi sciiti e dell’Iran che vogliono che gli Stati Uniti siano coinvolti il meno possibile nelle operazioni contro l’ISIS.
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