Perché si parla del numero di Vogue di gennaio
È dedicato a sportive, attrici, artiste delle più diverse etnie, religioni, taglie e identità sessuali, anziché alle solite modelle bianche e magrissime
Vogue è la rivista di moda di riferimento in tutto il mondo e da anni è molto criticata per lo standard di bellezza molto rigido e uniforme che promuove: donne bianche, giovani, eterosessuali e magrissime, raffigurate in immagini molto photoshoppate. Per questo il numero di gennaio dell’edizione americana sta facendo molto parlare, vista la notevole attenzione rivolta alle minoranze: il numero si intitola “Be Yourself” (“Sii te stesso”) ed è dedicato a 44 notevoli personalità del mondo della moda, della musica, del cinema, dell’arte e dello sport delle più svariate etnie, taglie, religioni e orientamenti sessuali. Ci sono per esempio l’attore ghanese Abraham Attah, la modella plus-size Tess Holliday e l’attrice transgender Hari Nef, la prima transgender a firmare un contratto con l’agenzia di moda IMG Models Worldwide (una delle più grandi e conosciute al mondo), famosa anche perché interpreta il personaggio di Ali nella serie tv Transparent. Tra le altre, anche la tennista Alizé Lim, la modella-cantante-attrice Zendaya e la giornalista iraniana Masih Alinejad, fondatrice di My Stealthy Freedom, un’associazione che promuove i diritti delle donne iraniane e che a maggio ha pubblicato su Facebook una sua foto senza hijab (il velo) per incoraggiare altre donne a fare lo stesso.
La decisione di Vogue di aprirsi alle minoranze è dichiarata esplicitamente nell’editoriale dalla direttrice Anna Wintour: «Tutti i principali cambiamenti sociali che abbiamo provato di recente ci spingono verso un posto di maggior inclusione, tolleranza e rispetto per chi è diverso. Per questo anziché il nostro tipico numero di gennaio che stabilisce le tendenze della prossima stagione abbiamo deciso di fare qualcosa di completamente diverso, qualcosa che riflette non solo le passerelle della primavera 2016, ma anche i cambiamenti del tempo in cui viviamo».
Un video di presentazione del numero di gennaio:
Quartz scrive che nel 2015 il mondo della moda e dei giornali è stato più attento del solito alle minoranze: ci sono state per esempio la copertina di Vanity Fair con Caytlin Jenner e la decisione di Celine e di Victoria’s Secret di far sfilare due modelle afroamericane con i loro capelli naturali anziché con i boccoli tipici delle ragazze bionde americane.
Karly Loyce alla sfilata di Celine (BERTRAND GUAY/AFP/Getty Images)
Una recente ricerca di Fashionista mostra però che il tema della diversity – cioè l’attenzione e la rappresentazione delle minoranze – sulle copertine americane non è stato più presente del solito: nel 2014, su un campione di 137 numeri di riviste di moda, le copertine con modelle nere erano 27; nel 2015 sono state 27 su 136 (praticamente invariate, in percentuale dal 19,7 per cento al 19,8 per cento).
In Italia il tema è poco sentito e se ne è parlato in termini di appropriazione culturale in occasione della sfilata di Valentino durante la settimana della moda di Parigi: gli stilisti Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli sono stati accusati di aver semplificato eccessivamente la cultura africana, facendo sfilare le modelle con le treccine tra i capelli, come nei più diffusi stereotipi.