Un disco registrato dai detenuti del Malawi è stato nominato agli “Oscar della musica”
Si chiama "I have no everything here", è un progetto realizzato dal noto produttore Ian Brennan ed è stato inserito nella categoria "world music" dei Grammy Awards
Nei primi giorni di dicembre sono state annunciate le nomination ai Grammy Awards del 2016, gli “Oscar della musica”, i più famosi premi discografici statunitensi. Tra i nominati delle varie categorie ci sono Ed Sheeran, Taylor Swift e Lady Gaga. Nella categoria che premierà il miglior disco di world music – quel genere musicale nato dalla contaminazione tra la musica “che va di moda” e quella etnica e tradizionale di ogni parte del mondo – c’è un disco registrato dai detenuti di una prigione del Malawi. Uno dei cinque dischi in corsa per vincere il premio – che come tutti gli altri sarà assegnato il 15 febbraio a Los Angeles – è I have no everything here (“qui mi manca tutto”): l’ha realizzato la Zomba Prison Band, un gruppo composto dai detenuti del carcere di massima sicurezza di Zomba, una delle più grandi città del Malawi, un piccolo stato dell’Africa sudorientale.
I have no everything here è stato registrato nel 2013 e pubblicato nel gennaio 2015: dura circa un’ora e al suo interno ci sono 20 canzoni, 18 delle quali sono state scritte – oltre che cantate e suonate – da 16 prigionieri del carcere, alcuni dei quali sono condannati all’ergastolo (e in certi casi per omicidio). Simon Allison ha raccontato sul Guardian la storia di come è nata la Zomba Prison Band, un gruppo di musicisti che non è detto sappia cosa sono i Grammy e che quasi di sicuro non sa di essere tra i nominati per un premio: i contatti dei detenuti con l’esterno sono ridotti all’essenziale e persino Ian Brennan, il produttore dell’album e il promotore della band, può comunicare con i detenuti solo attraverso il direttore del carcere. Tra gli altri nominati nella categoria “miglior disco di world music ” ci sono per esempio il brasiliano Gilberto Gil, la musicista britannica Anoushka Shankar o la cantante del Benin Angélique Kidjo.
Il Guardian ha scritto che già in passato Brennan è riuscito a scoprire talenti in giro per il mondo: nel 2011 ha per esempio prodotto il primo album dei Tinariwen, un gruppo musicale del Mali, che nel 2012 vinse il Grammy per il miglior disco world music. È però la prima volta che Brennan lavora con dei prigionieri e ad Al Jazeera ha spiegato che l’idea gli girava in testa da un po’ di tempo: «Non volevo limitarmi a “dare una voce” a persone poco note, provenienti da paesi poco rappresentati internazionalmente, volevo andare più a fondo all’interno di uno dei luoghi meno noti e rappresentati di uno di quei paesi. Credo che ognuno sia “musicale” e penso che chi è poco ascoltato abbia ancora più potenziale espressivo».
Brennan ha raccontato che la parte difficile è stata ottenere tutti i permessi necessari per entrare nel carcere. Una volta dentro, è stato invece facile trovare musicisti e cantanti: alcuni prigionieri avevano già creato una loro band e avevano una sala dove si trovavano per suonare. Lì è stato registrato I have no everything here. Ci sono stati anche dei problemi, due soprattutto. Il primo ha avuto a che fare con la vicinanza dello “studio di registrazione” ad altre due stanze, un’officina e una falegnameria: è stato risolto con molta pazienza, cercando i momenti giusti in cui registrare. Il secondo ha riguardato l’assenza di voci femminili. Nel carcere ci sono circa duemila persona ma le donne sono poche, una cinquantina. All’inizio sembrava che nessuna di loro fosse interessata al progetto. Brenner ha però spiegato che dopo aver superato le prime titubanze, alcune donne si sono fatte avanti e hanno poi partecipato al disco.
I have no everything here è cantato in lingua chichewa, una lingua locale del Malawi, e vi hanno collaborato – in vario modo – circa settanta detenuti di età compresa tra i 20 e gli 80 anni circa. Brennan ha spiegato che il progetto è una «macchina fatta per perdere soldi» e non intende guadagnare sul disco della Zomba Prison Band. Ha spiegato che i soldi raccolti grazie al disco hanno aiutato alcuni detenuti a trovare degli avvocati che li potessero rappresentare nelle cause che li riguardano. Al Jazeera ha scritto che oltre ai detenuti condannati per furto o omicidio a Zumba ci sono anche persone accusate di stregoneria, altre accusate di «cose che hanno a che fare per l’omosessualità» e altre che si trovano lì solo perché la burocrazia è troppo lenta per far sì che abbiano un processo.