Perché si parla di Fair Isle
La storia dei maglioni di lana che sono stati al centro di una controversia tra Chanel e una maglieria di una piccolissima isola scozzese
Nelle ultime settimane nella moda si è parlato molto dei maglioni con fantasia “Fair Isle” – quelli con disegnati rombi, cerchi o altre figure geometriche all’interno di fasce orizzontali – a seguito di un disguido tra Chanel e Mati Ventrillon, una maglieria scozzese che ha accusato Chanel di avere copiato i suoi tessuti. Il problema – che nel frattempo è stato risolto – ha fatto riparlare della storia di questi maglioni, che prendono il nome dall’isola scozzese di 55 abitanti dove sono nati e dove oggi è ospitata la sede della maglieria Mati Ventrillon (dal nome della maglierista, appunto: Mati Ventrillon).
Il primo dicembre Chanel ha presentato a Roma la collezione Métiers d’art Paris-Rome 2016: c’erano diversi maglioni con il motivo Fair Isle, compresi quelli indossati dai modelli che hanno accompagnato Karl Lagerfeld nel saluto al pubblico di fine sfilata. Il 6 dicembre Mati Ventrillon, la maglieria scozzese con sede a Fair Isle, ha scritto dei post su Facebook e su Instagram in cui accusava Chanel di averla copiata, spiegando che in estate due rappresentanti di Chanel avevano visitato il suo laboratorio e avevano comprato alcuni campioni dei tessuti a scopo di ricerca.
Chanel ha subito chiesto scusa con una dichiarazione – ripresa, tra gli altri, da Fashionista e New York Times – dove spiegava che nelle comunicazioni future avrebbe attribuito a Mati Ventrillon l’ispirazione dei suoi maglioni e che la situazione era il risultato di un loro errore interno. Poi ha pubblicato un breve articolo sul suo blog dedicato a Fair Isle e Mati Ventrillon.
Fair Isle è una piccola isola dell’arcipelago delle Isole Shetland, a nord est della Scozia: ha solo 55 abitanti, un’estensione di circa 7,68 chilometri quadrati e una lunga tradizione di lavoro a maglia.
Nell’Ottocento le donne dell’isola cominciarono a creare maglioni di lana per riparare dal freddo i propri mariti, soprattutto marinai che viaggiavano tra Europa e America. Nel tempo i maglioni furono usati anche come merce di scambio e la fantasia diventò famosa intorno al 1921, quando re Edoardo VIII del regno Unito, allora principe del Galles, indossò un maglione sportivo con quel motivo. Nel 1980 fu creata una cooperativa, la Fair Isle Crafts Ltd., che rese Fair Isle un marchio commerciale. Le donne facevano i maglioni lavorando con telai a mano. La cooperativa chiuse nel 2011: oggi la produzione è affidata alle varie maglieriste locali, come Mati Ventrillon.
A dicembre Bloomberg ha visitato il laboratorio di Mati Ventrillon, che lavora e vive sull’isola da otto anni. I suoi maglioni sono fatti con lana Shetland, ricavata dalle pecore che si allevano sull’isola (parte delle quali allevate dalla stessa Ventrillon). Quando in estate gli animali vengono tosati, la lana viene spedita a Mainland, un’altra isola delle Shetland, a bordo di una nave da trasporto solitamente usata per far arrivare beni di prima necessità a Fair Isle. Prima di tornare a Fair Isle il pelo viene tinto e filato nelle apposite bobine da artigiani che si tramandano la tecnica del mestiere dall’Ottocento.
Completare un maglione richiede circa un mese di lavoro: ogni capo costa in media circa 700 dollari, più o meno 650 euro, ma dipende molto dalla quantità di dettagli richiesti. Si possono scegliere forma, colori, bottoni e dettagli della fantasia, ma un autentico motivo Fair Isle ha tradizionalmente solo due colori per fila, con un massimo di cinque colori in totale.
Mati Ventrillon ha raccontato al Guardian che quando il disguido con Chanel ha fatto aumentare moltissimo la notorietà dei suoi maglioni, la lista d’attesa si è allungata fino a 18 mesi e ha dovuto chiudere le prenotazioni. Oggi il nome Fair Isle è usato in generale per indicare tutti i maglioni con quel particolare motivo, sebbene gli originali rimangano quelli prodotti a Fair Isle.