È morto Armando Cossutta
Comunista e partigiano, aveva avuto un ruolo importante nella sinistra italiana soprattutto con la fine del PCI: aveva 89 anni
Lunedì 14 dicembre è morto Armando Cossutta, che da tempo era ricoverato all’ospedale San Camillo di Roma: aveva 89 anni.
Negli anni Settanta Cossutta era stato un importante dirigente del Partito Comunista Italiano, espressione della corrente più vicina all’Unione Sovietica nel momento in cui il rapporto con il governo Mosca era più forte (fu definito filo-sovietico ma anche “spia russa” dal quotidiano Libero, che poi fu condannato a un risarcimento); negli anni Ottanta fu uno dei protagonisti della fine del PCI, perché rifiutò di entrare nel Partito Democratico della Sinistra e contribuì a fondare il Partito della Rifondazione Comunista; alla fine degli anni Novanta, in contrasto con il segretario del partito Fausto Bertinotti che aveva ritirato l’appoggio al primo governo Prodi, fondò un nuovo movimento, il Partito dei Comunisti Italiani, che lasciò nel 2007 ritirandosi dalla politica attiva.
Armando Cossutta era nato a Milano il 2 settembre del 1926. Si iscrisse al partito nel 1943 e partecipò alla Resistenza antifascista nelle brigate Garibaldi; venne anche arrestato e detenuto per un certo periodo nel carcere di San Vittore. Dopo la guerra divenne dirigente del partito, di cui rappresentava la corrente più filo-sovietica, andando negli anni anche contro Enrico Berlinguer: nel 1981 Berlinguer aveva dichiarato che la «spinta propulsiva» della Rivoluzione d’Ottobre si era esaurita, Cossutta definì quella linea «lo strappo».
Alla fine degli anni Ottanta, con Achille Occhetto segretario, iniziò un grande dibattito interno al PCI sul rinnovamento, proprio a partire dal nome e dalla parola “comunista”. In gioco non c’era solo la questione del nome ma anche quella di un possibile ricongiungimento fra socialisti e comunisti e quella del mondo che stava cambiando. La sera del 9 novembre 1989 crollò il Muro di Berlino. Tre giorni dopo Occhetto fece il celebre annuncio della “svolta”, quella della Bolognina. Il XIX e penultimo congresso del PCI si tenne dal 7 all’11 marzo del 1990. Le mozioni discusse furono tre: quella del segretario Achille Occhetto; quella firmata da Alessandro Natta e Pietro Ingrao, che invece si opponeva ad una modifica del nome, del simbolo e della tradizione; quella proposta da Armando Cossutta, simile alla seconda. Vinse la mozione di Occhetto che venne riconfermato segretario e ottenne un mandato a trasformare il partito.
Nel febbraio 1991 Cossutta e altri fondarono il Movimento per la Rifondazione Comunista che nel dicembre dello stesso anno si unì a Democrazia Proletaria formando il Partito della Rifondazione Comunista, di cui Cossutta fu presidente. Alle politiche del 1996 Rifondazione entrò nella maggioranza che sosteneva il primo governo Prodi. Nel 1998 l’allora segretario del partito Fausto Bertinotti ritirò la fiducia al governo: Cossutta, che non era d’accordo, reagì lasciando il partito – e si racconta che lo fece attraverso un fax inviato dalla Pro Loco di Bonassola, vicino a La Spezia – e fondandone uno nuovo, con Oliviero Diliberto e Marco Rizzo, il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), che partecipò al successivo governo D’Alema. Nell’aprile del 2007 Cossutta presentò le sue dimissioni, non rinnovando la tessera del partito e lasciando la politica attiva.
Cossutta fu parlamentare dal 1972 al 2008: prima senatore, dal 1994 al 2006 deputato, e poi ancora come senatore. Dal 1999 al 2004 fu deputato al parlamento europeo. Nel 2004 ha pubblicato la sua autobiografia: “Una storia comunista”. Nel 2008 ha detto di aver votato «da comunista» per il Partito Democratico. Dal 2009 era vice presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI). Lo scorso agosto era rimasto vedovo. Con la moglie Emilia Clemente aveva avuto tre figli.