Dieci libri per capire più cose sull’Islam
Nelle librerie Isis e fondamentalismo occupano sezioni speciali. Una selezione di saggi e romanzi, nuovi e classici, per orientarsi e mantenere la calma
Negli ultimi mesi, in conseguenza dei successivi eventi del 2015, le librerie si sono riempite di libri sull’Islam e sullo Stato islamico. I colori predominanti sulle copertine sono il nero e il rosso, e le parole che ricorrono di più sono «terrore» e «guerra». Le icone più comuni sono la Mezzaluna araba e la silhouette del jahidista con la sciabola. I libri di Oriana Fallaci – di cui si discute ora se al tempo di La rabbia e l’orgoglio “avesse capito” o no – sono tornati in classifica, e Islam. Siamo in guerra di Magdi Cristiano Allam è il 6° più venduto su Amazon nella categoria libri di politica. Molte librerie hanno inaugurato sezioni dedicate all’Islam sui banchi più in vista, il Corriere della Sera promuove molto un suo libro sull’ISIS, segno che il tema funziona e che i librai sperano di continuare a vendere anche nelle settimana di Natale. Quella che segue è una selezione per farsi un’idea – più estesa di questa – e mantenere la calma.
Adonis – Violenza e Islam, Guanda. Adonis – vero nome Ahmad Sai’id Esber – è un poeta e intellettuale siriano, probabilmente il più famoso del mondo arabo. Oggi abita a Parigi, ma negli anni cinquanta studiò a Damasco in Siria e a Beirut, in Libano, e fu tra i fondatori del movimento Tammuzzi che sosteneva la modernizzazione del mondo islamico come sua unica possibilità di rinascita. Il libro è un’intervista ad Adonis di Houria Addelouahed, psicanalista e traduttrice di Adonis in francese. Il libro parte dal fallimento delle primavere arabe causate, secondo Adonis, anche dalla «mentalità tribale» araba che impedirebbe ai musulmani di intendere la storia come una possibilità di cambiamento. Da una prospettiva culturale la critica di Adonis all’Islam è durissima: «Vedo nell’Isis la fine dell’Islam: ne è senza dubbio il prolungamento, ma ne annuncia la fine. Oggi, sul piano intellettuale, l’Islam non ha niente da dire. Nessuno slancio, nessuna idea su come cambiare il mondo: né pensiero, né arte, né scienza. Questa ripetizione è il sintomo della sua stessa fine. Infatti, supponiamo che l’Isis riporti una vittoria sul piano politico o strategico: cosa potrebbe mai significare sul piano intellettuale e scientifico?».
Patrick Cockburn – L’ascesa dello Stato islamico, Stampa alternativa. Patrick Cockburn è un giornalista irlandese, a lungo corrispondente dal Medio Oriente del Financial Times e oggi dell’Independent. Il suo libro elenca una lunga serie di errori di cui è accusato l’Occidente, e in particolare gli americani, nei confronti del mondo arabo, errori che avrebbero favorito, o almeno non impedito, il diffondersi dello Stato islamico. Cockburn parte dalla guerra in Iraq, ma parla anche dell’incapacità di comprendere e affrontare la guerra civile siriana, basando le proprie mosse sulla previsione sbagliata di un’imminente caduta di Assad, oppure dell’avere concesso al primo ministro iracheno sciita Nuri Kamal Al-Maliki di isolare i sunniti, lasciando che l’esercito iracheno allo sbando andasse a unirsi alle milizie dello Stato islamico trasformandolo di fatto in un esercito, e ancora di non avere mai agito in modo efficace per fermare il flusso di denaro proveniente dall’Arabia Saudita. Il resoconto che Cockburn fa degli errori dell’Occidente è convincente e pieno di aneddoti, quello che manca nel libro, però, è una descrizione adeguata dello Stato islamico come organizzazione, dei suoi metodi di propaganda e reclutamento (questione di cui si occupa, invece, ISIS. Lo Stato del terrore di Loretta Napoleoni). Per chi legge l’inglese il libro più completo sull’argomento è ISIS: Inside the Army of Terror di Michael Weiss e Hassan Hassan, opinionista di Foreign Policy e un ricercatore del Delma Institute, un istituto di ricerca di Abu Dhabi (altri due testi in inglese importanti sono segnalati qui).
Se invece leggete il francese, il grande esperto di mondo musulmano Gilles Kepel ha pubblicato quest’anno due libri sull’estremismo islamista in Francia.
Massimo Campanini, Quale Islam? Jihadismo, radicalismo, riformismo, Editrice La Scuola. Campanini insegna Storia dei Paesi islamici all’università di Trento. Ha pubblicato molti libri, anche recenti, tra cui Il Corano e la sua interpretazione per Laterza e Islam e politica per il Mulino. Quale Islam? è il più breve e meno specialistico, vale come introduzione alla cultura politica dell’Islam, che come ogni religione è attraversato da profonde differenze politiche, ideologiche e confessionali, nella convinzione che l’arma più potente dell’Occidente sia sempre sapere distinguere.
Edgar Morin e Tariq Ramadan – Il pericolo delle idee, Erickson. Il libro è un dialogo pubblico tra un intellettuale illuminista nato in Francia all’inizio del Novecento e un intellettuale islamico, nato in Svizzera nel 1953, ma egiziano d’origini. Quindi è qualcosa di non molto frequente. Edgar Morin, 94 anni, è uno dei più rispettati filosofi europei. Tariq Ramadan è un filosofo musulmano che insegna (anche) alla facoltà di Teologia di Oxford, accusato spesso di un pensiero sull’Islam indulgente nei confronti dell’integralismo. Nel libro Morin e Ramadan discutono di identità culturale e condizione femminile, di secolarizzazione, terrorismo e questione palestinese. I loro punti di vista sono spesso diversi, ma il dialogo procede perché all’inizio del libro hanno concordato sul fatto che si può parlare soltanto se entrambe le parti accettano i valori di Libertà-Uguaglianza-Fraternità della rivoluzione francese.
Bruno Aboudrar Nassim, Come il velo è diventato musulmano, Cortina. Aboudar Nassim – che è di orgine ungherese marocchina – è professore di Estetica all’università Sorbonne-Nouvelle. Il suo libro definisce il velo «un fossile vivente di culture antiche», in particolare ellenistiche e romane, che si diffuse nell’Islam attraverso il cristianesimo. È San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, a prescrivere per la prima volta alle donne il velo in segno di sottomissione all’uomo e a Dio. Per Nassim l’uso delle donne islamiche di coprirsi la testa in origine non aveva un significato religioso e gerarchico. Secondo Nassim, è lo sguardo occidentale, cristiano prima e coloniale poi, a caricare il velo islamico di un senso che non possedeva. Per dimostrare la tesi si cita una grande quantità di fonti: dalla pittura rinascimentale ai resoconti di viaggio degli europei nel Nord Africa alle cartoline pornografiche delle odalische negli harem. Qualunque sia l’origine culturale e storica del velo, oggi costituisce il simbolo della differenza di genere. Sul rifiuto di coprirsi la testa come atto di libertà e sulla condizione delle donne nell’Islam si può leggere, quindi, Perché ci odiano di Mona Eltahawy, giornalista e attivista di origine saudita, un pamphlet che raccoglie storie e testimonianze di donne in Paesi musulmani anche molto diversi tra loro, dalla Tunisia allo Yemen.
Michel Houllebecq, Sottomissione, Bompiani. È il classico romanzo di cui si è parlato moltissimo e che si è letto pochissimo: la sua qualità letteraria è stata discussa, ma sull’attualità dell’islamismo in Europa ha una lettura – molto allarmante – che non si può ignorare. Uscì pochi giorni prima della strage al Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015. Houellebecq immagina che la Francia sia governata da un partito islamico moderato, e che i francesi si stiano placidamente convertendo alle usanze musulmane, dalla poligamia, al velo, al ramadan. Un anno dopo l’uscita – all’indomani della vittoria del Front National alle elezioni regionali e a un mese dalle stragi di Parigi – la profezia appare ancora più implausibile, e molto invecchiata perché non c’è nulla di moderato all’orizzonte. Ma bisogna almeno cominciare a leggerlo per entrare in quella prospettiva, prima di decidere se prenderla sul serio o no.
Iosif Brodskij – Fuga da Bisanzio, Adelphi. È una raccolta di saggi letterari e autobiografici scritti in inglese e pubblicati nel 1987 su W.H.Auden, Mandelst’am e Leningrado, la città dove Iosif Brodskij nacque nel 1940. Il saggio che dà il titolo alla raccolta – Fuga da Bisanzio – inizia sul Bosforo, lo stretto tra Mar di Marmara e Mar Nero che diventa il centro che separa geograficamente e forse culturalmente Islam e cristianesimo, Medio oriente ed Europa, oriente ed occidente. La scrittura si espande come da un “gorgo” con il ritmo di una fuga musicale, da Costantino, alla pittura occidentale contrapposta ai disegni dei tappeti e ai fregi infiniti sulle cupole delle moschee, disegnando a ondate quella che per Brodsky – che in quanto ebreo russo non aveva in grande simpatia l’Islam – è la differenza specifica tra le due culture. Se il tema vi interessa, ma cercate un libro meno letterario e più storico, è appena uscito per Einaudi Mezzanotte a Istanbul di Charles King, che ricostruisce il periodo compreso tra gli anni Venti e la Seconda guerra mondiale, partendo in particolare dalla hall affollata di spie del Pera Palace, il lussuoso hotel dove si fermava l’Orient Express.
AA. VV. La Mecca rivelata. Avventure di esploratori europei nelle città sacre dell’Islam, Sellerio (a cura di Attilio Brilli). È una raccolta di resoconti di viaggi alla Mecca avvenuti tra il 1500 e l’inizio del Novecento. Gli autori sono tutti europei, avventurieri, schiavi, esploratori, studiosi, mercanti: il bolognese Ludovico da Varthema che nel 1503 scorta una carovana da Damasco fingendosi un mamelucco, Joseph Pitts, schiavo inglese ad Algeri nel Seicento, o Giovanni Finati, un ferrarese convertitosi all’Islam, lo studioso di culture orientali olandese Christiaan Snouck Hurgronje, il poliglotta traduttore delle Mille e una notte, Richard Francis Burton, che si fece passare per un medico afghano, o lo storico dell’arte svizzero Jacob Burckhardt.
Leonardo Sciascia, Il Consiglio d’Egitto, Adelphi. Sempre sui rapporti, le incomprensioni e i reciproci affari che per secoli intercorsero tra mondo arabo e mondo cristiano – in questo caso siciliano – si può leggere Il Consiglio d’Egitto, romanzo del 1963 di Leonardo Sciascia. Siamo a Palermo alla fine del Settecento, l’ambasciatore del Marocco alla corte di Napoli fa naufragio sulle coste siciliane e il vicerè di Sicilia, Domenico Caracciolo, incarica di accompagnarlo un forforoso religioso maltese, l’abate Giuseppe Vella, l’unico in città che abbia fama di conoscere l’arabo. Al religioso e all’ambasciatore viene mostrato un antico manoscritto in arabo che in realtà è una normale vita del Profeta, ma Vella – che l’arabo lo sa a malapena – decide di spezzare e di tradurre come Il Consiglio d’Egitto, antico testo sulla presenza degli arabi in Sicilia che di colpo abolisce tutti i privilegi dei nobili siciliani.
Angelo Airoli, Isolario arabo medievale, Adelphi. È un atlante immaginario, nel filone della geografia fantastica di Jorge Luis Borges o di Italo Calvino. Nel 1989 Angelo Airoli – professore di Letteratura araba alla Sapienza di Roma – aveva pubblicato per Einaudi Le isole mirabili, un immaginario periplo arabo medievale, di cui questo libro rappresenta lo sviluppo. Di isola in isola gli elementi fiabeschi ricavati dai viaggi di Sinbad il marinaio si mischiano a paure più contemporanee. Come nell’Isola del Sommerso: «È una bestia compatta come una sfera che emette altissime urla, urla che non si sa da dove escano. Per sei mesi, si dice, dimora nel mare, gli altri sei appare in quell’isola. Non si sa che cosa sia, né quale sia il suo cibo, né come lo mangi».