C’era poca gente ieri in piazza San Pietro?
Lo scrive Giuliano Ferrara sul Foglio, sulla base delle cifre che sono circolate, in un articolo intitolato "Il titolo sul Giubileo che non si può fare"
Giuliano Ferrara ha scritto sul Foglio una riflessione sull’inizio del Giubileo straordinario più originale e “fuori dal coro” rispetto alle molte altre uscite sui giornali di oggi, e il punto è: c’erano poche persone in piazza San Pietro? L’articolo si intitola “Il titolo sul Giubileo che non si può fare”, che sarebbe stato “La paura ha perso”: Ferrara invece fa notare – pur ricordando come da in Italia “la contabilità della folla in piazza ha sempre fatto sorridere” – che le persone presenti a piazza San Pietro e nelle strade adiacenti erano meno delle trecentomila di altri grandi eventi recenti legati alla religione cattolica e non erano nemmeno le centomila cautamente previste dai giornali: erano tra le cinquantamila e le settantamila.
Ferrara sospetta che c’entri l’insistenza sulla città blindata, i metal detector e i soldati per le strade, e insieme “il continuo appello a non restare a casa, perfino dal palco della Scala dove non ci sono nemmeno posti in piedi: e l’appello più serio a una chiesa in uscita, in missione, che ridiventa per sua natura povera e callejera, ecco, il sospetto che tutto questo possa confrontarsi con il malessere o con la paura che tutti vorremmo, chi con un di più e chi con un di meno di retorica abusiva, esorcizzare”.
Quanti eravamo all’apertura della Porta santa? Qui da noi la contabilità della folla in piazza ha sempre fatto sorridere, in particolare ma non solo per la conta dei girotondi e dei concerti del Primo maggio e delle adunate ex articolo 18, siamo gente saggia. I dati della questura, i dati delle organizzazioni e quelli della realtà si sono sempre rincorsi e confusi teneramente e vanamente, almeno per il nostro occhio di lince. Perfino i due milioni della République con tutti i capi di stato e di governo alla testa del corteo, visto come prevedibilmente sarebbero andate poi le cose, con la fatale “se la sono andata a cercare”, non ci hanno impressionato. Qualche giorno fa, sull’onda delle stragi islamiche tra la folla di Parigi, un appuntamento con l’Angelus era rado di fedeli, e si può capire. Ora con il Giubileo straordinario della misericordia ciò che conta è l’immagine bellissima dei due papi, la parola del Papa sul perdono che ha il primato sul giudizio, la bellezza consueta dei paramenti e dell’apparato liturgico, il sentimento di una esperienza diffusa di fede e di attaccamento alla chiesa di Cristo. E ha fatto bene il decano dei vaticanisti, Luigi Accattoli, a mettere le mani avanti con onestà di dati e ragionamenti.
Eravamo né pochi né molti, ha scritto a caldo. Le cerimonie sono concepite come diffuse territorialmente, per diocesi. Si è addirittura cominciato parecchio fuori porta, a Bangui con l’apertura della prima delle porte sante. Il tratto è quello della sobrietà invocata e perorata dalla Santa Sede. Certo, scrive Accattoli, la folla in San Pietro era imparagonabile con uno qualsiasi, se possa dirsi qualsiasi, dei recenti grandi eventi mediatico-ecclesiali, dalla morte di Giovanni Paolo II alla sua canonizzazione, comprese le santificazioni di Padre Pio e di Escrivá de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei. Ma la chiesa, aggiunge, si rifarà con la imminente canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, il 4 settembre, e prima ancora con le solennità della Pasqua. Argomenti pacati e saggi, auspici, buona fede e buon temperamento. I giornali e le tv avevano puntato su centomila persone, poi era stata ridotta a settantamila la previsione, infine si registrerebbero cinquantamila persone tra le colonne di Gian Lorenzo Bernini e sotto il Cupolone di Michelangelo. Non erano i soliti due, trecentomila fedeli? Pazienza.