Le nuove regole su bancomat e carte di credito
Ora si applicano anche in Italia i regolamenti UE per abbassare le commissioni (soprattutto a beneficio dei commercianti)
Dal 9 dicembre si applicheranno anche in Italia i nuovi regolamenti dell’Unione europea – stabiliti il 29 aprile 2015 – sulle commissioni interbancarie per le operazioni di pagamento con carte di credito e bancomat: ci saranno dei limiti massimi sui valori delle singole transazioni. Le questioni più contestate sono due: le nuove norme riguarderanno solo i cosiddetti “sistemi a quattro parti”, cioè Visa, Mastercard e PagoBancomat, e non American Express e Diners, che sono invece detti “a tre parti”; le nuove regole potrebbero essere vantaggiose per i commercianti ma non per i consumatori.
Applicazioni e una breve premessa
Il nuovo regolamento stabilisce una serie di requisiti tecnici e commerciali uniformi per le operazioni di pagamento con carta eseguite nell’Unione Europea. È quindi necessario che sia chi ha emesso la carta con la quale si effettua l’acquisto, sia l’operatore che effettua la convenzione col commerciante perché riceva il pagamento (per esempio VISA), si trovino in uno stato dell’Unione. I “sistemi a quattro parti” che vengono coinvolti dalle nuove norme sono quelli che prevedono quattro soggetti: il titolare della carta (chi compra), chi ha emesso la carta (generalmente una banca), chi ha fatto la convenzione con il commerciante e in ultimo il commerciante stesso. I “sistemi a tre parti” sono quelli in cui chi ha emesso la carta e chi ha fatto la convenzione con il commerciante sono lo stesso ente, per esempio American Express. Le “operazioni di pagamento basate su carta” sono quelle effettuate pagando fisicamente in un negozio o attraverso dispositivi digitali, informatici o software, tramite la carta registrata.
Come funziona adesso
Attualmente viene applicata una commissione quando si effettua un pagamento con la carta: l’ente che ha convenzionato il commerciante a cui state pagando invia una percentuale alla banca che ha emesso la carta, questa somma viene chiamata Interchange Fee; l’ente poi trattiene una commissione dai soldi che darà al commerciante, chiamata Merchant Service Charge (MSC). È possibile che i commercianti scarichino questa commissione sui prezzi di vendita, che quindi si alzano. Una grossa parte della MSC è composta dalla Interchange Fee.
Cosa cambia
Il regolamento prevede un tetto massimo per la Interchange Fee dello 0,3 per cento per le carte di credito e dello 0,2 per cento per le carte di debito. Per quest’ultime è previsto che i singoli paesi membri possano decidere un tetto massimo anche più basso. Prima in media le percentuali di queste commissioni oscillavano tra lo 0,5 e il 2,5 per cento. Questi limiti non si applicano alle operazioni tramite carte aziendali (quelle carte usate da un’azienda, per esempio, per consentire ai propri dipendenti in trasferta di pagare i servizi legati al lavoro che devono fare); e nemmeno ai prelievi di contante presso gli sportelli automatici e alle operazioni di pagamento con carte di un sistema “a tre parti” (American Express, come abbiamo visto).
Dopo il pagamento, il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario (per esempio la banca) deve fornire a quest’ultimo una serie di nuove informazioni: deve cioè specificare i costi sostenuti separando la Intercharge Fee dal MSC. L’Interchenge Fee è uno dei meccanismi di remunerazione degli emettitori di carte ed è su questo che interviene il regolamento UE. Secondo la Commissione europea il nuovo regolamento dovrebbe portare ad una riduzione delle commissioni per circa 6 miliardi di euro.
I dubbi
Il timore è che la riduzione della Interchange Fee vada a beneficio solamente dei commercianti. Non è detto infatti che questi riversino la percentuale risparmiata sul prezzo di vendita, abbassandolo. Banche e gestori di carte di credito (tranne quelle a cui il regolamento UE non si applica) avranno invece perdite di ricavi che potrebbero far pesare sui consumatori, aumentando i costi a loro carico per avere delle carte (aumentando per esempio la quota annuale per il possesso della carta che l’utilizzatore corrisponde alla propria banca, o i costi di ricarica delle carte prepagate). Secondo alcuni analisti questi fattori potrebbero anche disincentivare l’utilizzo dei pagamenti con carte di credito.