Storia di uno dei morti di Kunduz
Un fotografo ha ricostruito la storia di un uomo che si trovava in sala operatoria in anestesia durante il bombardamento dell'ospedale di Medici Senza Frontiere
Tra le 2.08 e le 3.15 della notte del 3 ottobre 2015, l’ospedale di Medici Senza Frontiere (MSF) a Kunduz, in Afghanistan, è stato bombardato da un AC-130, un aereo da guerra statunitense (per errore, hanno detto poi gli Stati Uniti). In quei giorni Kunduz era sotto attacco dei talebani, che pochi giorni prima avevano occupato la città. A difenderla c’erano le forze di sicurezza afghane. Si pensa che nella notte del 3 ottobre nell’ospedale di Kunduz morirono almeno 30 persone tra pazienti e membri dello staff. Uno dei pazienti morti quella notte è Baynazar Mohammad Nazar, un uomo di 43 anni che si trovava nell’ospedale da alcuni giorni, dopo esser stato ferito durante uno scontro a fuoco tra talebani e forze afghane. Nazar è morto a causa dei bombardamenti mentre si trovava sul tavolo operatorio e lì è rimasto per giorni. Lì l’ha trovato il fotogiornalista australiano Andrew Quilty, che è in Afghanistan come giornalista freelance. Quilty ha raccontato la storia di Nazar sul sito Foreign Policy, in un articolo intitolato “L’uomo sul tavolo operatorio“.
Attenzione: quando Quilty ha trovato il corpo di Nazar l’ha fotografato, sul tavolo operatorio: il volto è coperto ma l’immagine è comunque molto forte. Quell’immagine è anche in questo articolo, tra qualche paragrafo.
Nazar aveva 43 anni, una moglie – Najibah – e quattro figli: il più grande, Samiullah, ha 19 anni; Raiana, Zahra e Khalid – due femmine e un maschio – ne hanno 10, 8 e 6. Quilty lo descrive come «alto, ben piazzato e con dei baffi ben curati, che stavano iniziando a diventare grigi». Nazar lavorava come chowkidor, che in Afghanistan vuol dire una sorta di guardiano notturno. Il lavoro di Nazar consisteva infatti nel sorvegliare di notte e disarmato alcuni negozi, soprattutto gioiellerie e cambiavalute, in un piccolo paese nel sud-est di Kunduz, a poco meno di due chilometri da casa sua: un lavoro piuttosto pericoloso e mal pagato, spiega Quilty.
Quilty spiega che Nazar aveva pensato di trasferirsi con la famiglia in Iran, dove gli stipendi sono più alti, ma non l’ha mai fatto per l’opposizione di sua figlia Raiana. Tra i motivi che rendevano pericoloso il lavoro di Nazar c’era soprattutto l’avanzata dei combattenti talebani, che il 28 settembre riuscirono a riprendere il controllo di Kunduz, che avevano perso nel novembre 2001, poco dopo l’arrivo in città delle forze speciali statunitensi. Nei giorni successivi all’arrivo dei talebani, Nazar continuò a svolgere il suo lavoro insieme a Abdul Samad, un suo amico e “collega”. L’1 ottobre – pochi giorni dopo l’occupazione e due giorni prima del bombardamento dell’ospedale – Nazar fu ferito a una gamba mentre si trovava in mezzo a uno scontro a fuoco tra talebani e afghani mentre, insieme a Samad, stava tornando a casa dal suo turno di notte. Lì fu soccorso da Samad – e, pare, da alcuni combattenti talebani – e portato all’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, dove fu subito operato.
L’ospedale in cui Nazar si trovava era diventato da alcuni giorni l’ospedale di una zona di guerra: i pazienti da curare erano aumentati e medici e infermieri facevano turni di 20 ore. Tra i tanti pazienti dell’ospedale, Nazar era uno di quelli meno gravi: la prima operazione era andata bene, le ferite non sembravano essere troppo gravi, servivano solo un’altra operazione per chiudere la ferita e un po’ di giorni in ospedale. Nazar fu anestetizzato poco dopo le 2 di notte del 3 ottobre: l’operazione sarebbe dovuta durare circa mezz’ora. Fu durante quella mezz’ora che l’ospedale venne bombardato, mentre Nazar era anestetizzato sul tavolo operatorio. Chi lo stava operando riuscì a scappare: Nazar, non potendosi muovere, restò lì e morì per una gravissima ferita alla testa, causata dai crolli successivi al bombardamento.
Alla famiglia di Nazar la notizia del bombardamento all’ospedale arrivò la mattina, quando Najibah scoprì che suo marito non era più rintracciabile, e probabilmente morto. Najibah cercò, con l’aiuto del figlio maggiore, di fare quello che si fa in casi di quel tipo: chiedere a quante più persone possibile e visitare ogni luogo in cui i pazienti dell’ospedale di MSF potevano essere stati portati dopo il bombardamento.
A trovare e identificare il corpo di Nazar fu l’11 ottobre Haji Abdul Basir, un panettiere che lavorava vicino all’ospedale di Kunduz e a cui un funzionario del Comitato internazionale della Croce Rossa chiese aiuto per identificare i corpi che, a otto giorni dall’attacco, erano ancora nell’ospedale. Molti corpi erano stati recuperati ma si pensava – e il forte odore che arrivava dall’ospedale lo confermava – che ne restassero altri. Nell’ospedale Basir trovò otto corpi, quasi tutti ormai non identificabili. Riuscì però a riconoscere Nazar, un suo cliente e conoscente. Quilty scrive che Basir telefonò a Samiullah, il maggiore dei quattro figli di Nazar, e gli disse: «Non cercare più. Tuo padre è stato seppellito sulla collina». Su quella tomba è andato a novembre anche Quilty, che dopo aver fotografato un uomo senza nome morto su un tavolo operatorio ha voluto ricostruirne la storia e conoscerne la famiglia.
Mother and child at the grave of their father—killed in the attack on @MSF Kunduz. https://t.co/1BtNbkZyvv pic.twitter.com/WuncOiWZd7
— Andrew Quilty (@andrewquilty) December 5, 2015
Non è ancora chiaro se l’aereo ha bombardato l’ospedale (sapendo che era un ospedale) perché credeva, in base a quanto detto dalle forze afghane, che lì ci fossero talebani armati o perché qualcuno da terra ha comunicato all’aereo delle coordinate sbagliate. Si sa il presidente statunitense Obama si è scusato personalmente con una telefonata a Joanne Liu, presidente di MSF, e si sa che un’indagine militare statunitense pubblicata il 25 novembre ha parlato di errori umani e fallimenti tecnici, che hanno avuto come conseguenza una disgrazia «tragica ma evitabile». Alcuni giorni fa è iniziata una raccolta fondi per aiutare la famiglia di Nazar.