Iperborea è cresciuta
La casa editrice che pubblica scrittori del Nord Europa ha fatto il primo restyling dal 1987, e il suo fatturato cresce di più del 20 per cento ogni anno
Il formato dei libri Iperborea è 10×20 centimetri, esattamente quello dei mattoni di cotto. È il tratto più riconoscibile della casa editrice e, infatti, non è mai stato toccato dal 1987, anno in cui Iperborea nacque con l’idea di tradurre in italiano gli scrittori del nord Europa ignorati dalle case editrici italiane o scomparsi dai loro cataloghi.
Non che Iperborea abbia una grande propensione ai cambiamenti. Da quando è nata sono passati 28 anni e 280 libri, ma il primo restyling, peraltro non invasivo, è arrivato soltanto all’inizio del 2015. Sono stati toccati i caratteri tipografici: i libri Iperborea erano una distesa di Garamond, dentro e fuori; oggi il Garamond resiste solo nel corpo del testo e invece in copertina si è installato un bastoni olandese moderno – il Brandon Grotesque – e sulle alette – tra le meglio scritte in Italia – c’è una rivisitazione snella del Garamond che si chiama Whitman, come Walt, il poeta americano. L’intervento maggiore, però, è stato quello sulla carta: è cambiata quella interna in modo da rendere i libri più morbidi (prima i libri Iperborea avevano il difetto di essere un po’ rigidi da aprire e sfogliare), e quella di copertina e sovracoperta in modo da rendere i libri più belli (esistono solo tre case editrici di libri in brossura, quindi senza copertina rigida, con la sovracoperta: sono Sellerio, Adelphi e, appunto, Iperborea).
A parte questi interventi, i libri di Iperborea sono quasi identici al primo dell’ottobre 1988 – La notte di Gerusalemme di Sven Delblanc – e nel suo catalogo resistono tutti gli scrittori degli inizi: come Arto Paasilinna, Björn Larsson, Stig Dagerman, Selma Lagerlöf, Lars Gustavsson, Torgny Lindgren, Knut Hamsun, Pär Lagerkvist. Nomi che per chi ha frequentato la casa editrice distrattamente, da lettore italiano, danno forma nel complesso a una sorta di confusa ma omogenea nazionale degli scrittori del nord. Oggi a Iperborea lavorano 8 persone: la casa editrice pubblica 16-18 titoli all’anno più una ventina di ristampe, organizza corsi di lingue scandinave, un festival di cultura nordica, e ha un fatturato di 1,5 milioni di euro (più 75mila di ebook), cresciuto di circa il 20 per cento rispetto al 2014, che era a sua volta cresciuto del 29 per cento rispetto al 2013, sempre senza aumentare il numero di titoli. Cioè, in media, ogni libro vende di più.
Iperborea fu fondata nel 1987 da Emilia Lodigiani. Dopo avere scritto uno dei primi libri italiani su Tolkien ed essere vissuta qualche anno in Francia, Lodigiani si rese conto che in Italia gli autori scandinavi, largamente tradotti in francese, erano totalmente ignorati: i contemporanei non esistevano, mentre i classici – come Hamsun – erano stati dimenticati dalle case editrici italiane e i loro libri erano via via usciti fuori catalogo. Per il formato si ispirò alla casa editrice francese Actes Sud e per il nome si ispirò al leggendario popolo degli iperborei, che gli antichi greci collocavano “oltre la Bora, il vento del nord”. Emilia Lodigiani veniva da una famosa famiglia di costruttori edili e di grandi dighe in tutto il mondo, ma la sua casa editrice non ha mai richiesto grandi investimenti. Nei primi anni la redazione era in casa e si pubblicavano non più di 5 titoli all’anno. Il salto arriva nel 1994 con L’anno della lepre dello scrittore umoristico finlandese Arto Paasilinna, che vende 120 mila copie (i 13 libri di Paasilinna pubblicati fino a oggi hanno venduto complessivamente 350 mila copie). Un altro bestseller – e altre 120 mila copie – arrivò grazie a Massimo D’Alema che nel 1998, da primo ministro, disse a un giornalista che durante un vertice con Tony Blair e Lionel Jospin si parlava anche di libri, «per esempio di La vera storia del pirata Long John Silver di Bjorn Larsson, che consiglio a tutti».
Nel frattempo l’Europa è cambiata, il muro di Berlino è crollato e il nord è diventato più grande: Iperborea comincia a pubblicare anche autori danesi, islandesi, tedeschi, estoni, lettoni, lituani e perfino olandesi, come Cees Nooteboom di cui in questi giorni sta andando benissimo Tumbas, un viaggio compiuto con la moglie fotografa Simone Sassen sulle tombe di scrittori e poeti, da Balzac a Hölderin, da Cortázar a Calvino.
La fisionomia della casa editrice è stata chiara da subito: non si trattava solo di trovare una nicchia editoriale, ma di coltivarla pubblicando libri e lavorando come un ponte geografico e culturale. Dal 1996 Emilia Lodigiani è Cavaliere dell’Ordine della stella polare, la più alta onorificenza svedese per meriti scientifici e letterari, conferita da re Carl Gustav XVI e dal Parlamento di Svezia. È per questa ragione che avere rifiutato la trilogia di Stieg Larsson nel 2005, avere perso un grande scrittore come Henning Mankell e avere deliberatamente scelto di ignorare l’ondata dei thriller scandinavi non hanno praticamente lasciato tracce sulla casa editrice.
Anche oggi che Lodigiani si è leggermente defilata, lasciando la casa editrice a suo figlio Pietro Biancardi e scegliendo Cristina Gerosa come direttrice editoriale, Iperborea continua a non essere solo un editore di libri, ma organizza corsi di lingue scandinave a Milano frequentate da 200 studenti all’anno o un Festival di culture nordiche. Alcune attività portano soldi (come i corsi di lingue), altre portano guadagni indiretti, altre rappresentano un costo che viene recuperato almeno in parte grazie a un grande lavoro di raccolta di fondi per fare venire in Italia gli scrittori (chiedendo ad ambasciate o istituti di cultura di partecipare alle spese del viaggio) o per finanziare le traduzioni, che venendo da lingue poco diffuse costano molto di più. Parte della letteratura europea è sovvenzionata dagli stati e molte case editrici italiane che traducono partecipano a bandi e concorsi per farsi finanziare almeno in parte i propri lavori: per Iperborea però si tratta di un’attività ad alta specializzazione. Il più importante è il “Bando Europa Creativa” dell’Unione Europea, che dà fino a 100 mila euro all’anno per finanziare la diffusione della letteratura europea e predilige traduzioni da lingue meno diffuse a lingue più parlate. Bisogna presentare un progetto/budget molto complicato che comporta un paio di mesi di lavoro di tutta la casa editrice, ma il risultato è che Iperborea lo ha vinto per tre anni di seguito e ha ricevuto per il 2015 un finanziamento di 58mila euro.
Questa economia laterale gira intorno al libro, che deve essere il mattone perfetto su cui si regge l’insieme. Ma i libri sono fatti di carta. Nel restyling del 2015 sceglierla è stato fondamentale. Quella degli interni è riuscita a rendere morbidi libri che sembravano condannati a una certa artica rigidità: si chiama Munken Print Cream, è coerentemente svedese e “pesa” 70 grammi (i grammi indicano lo spessore di ogni foglio). La carta delle nuove copertine, invece, “imita” il tessuto, e quindi si chiama Imitlin, in un finto inglese anni Cinquanta. È stata inventata una quarantina d’anni fa e la cartiera che la produce – la Fedrigoni di Verona dal 1888 – è quella che nel 2002 ha acquisito dal Poligrafico di Stato le Cartiere Fabriano, fondate nel 1264, un anno prima che Dante Alighieri venisse al mondo. Alla Fedrigoni – uno dei primi gruppi cartari d’Europa – ti spiegano che è la carta con cui normalmente si rivestono i cartonati, ma che normalmente è usata per le copertine rigide, per esempio per i Supercoralli di Einaudi. Quella di Iperborea “pesa” 125 grammi, viene venduta in fogli 70×100 cm al prezzo di 900 euro ogni mille fogli e da ogni foglio si ricavano circa 9 copertine.
La novità – l’idea è dello studio grafico xxy – è stata usarla come sovracoperta flessibile di un sottile cartoncino nero, peraltro “colorato in pasta” non tinto. È un equilibrio delicato, ovviamente, per la perfezione bisogna lavorare ancora: bordi e alette dei nuovi libri dei libri Iperborea tendono a spiegazzarsi anche se – come dice il sito della Fedrigoni – sono fatte di carte «goffrate, tenaci, di pura cellulosa, kraft, certificate sfc, colorate in massa e collate in superficie con trattamento anti impronta». Dato il formato lungo e stretto – quello dei mattoni – i libri Iperborea tenderebbero a sfaldarsi se, da sempre, non fossero cuciti a mano. Visto da vicino è un feticismo sobrio e piuttosto laico, ma ogni dettaglio è basato su una ragione funzionale e del tutto plausibile.
I libri non vanno solo scelti e pubblicati, bisogna anche venderli: e per venderli è essenziale che vengano distribuiti. Il problema di Iperborea – come di tutte le case editrici letterarie – è che il suo catalogo è più importante delle sue novità. Oggi i libri di catalogo fanno il 60 per cento delle vendite, meno di quanto pesassero qualche anno fa. La ragione è che le librerie Feltrinelli e le librerie di catena in generale negli ultimi anni hanno deciso di liberarsi di parte dei libri di catalogo per fare spazio alle novità che ogni giorno arrivano sui banchi. Per gli editori che si basano sul catalogo è stato un danno, a cui però si è reagito cercando di unirsi e fare accordi specifici con una serie di librerie indipendenti, in modo da tenere vivi i libri pubblicati in passato. Nel caso di Iperborea si tratta di 29 librerie sparse per l’Italia, dalla Libreria Roberti di Bassano del Grappa alla Centofiori di Milano alla Mieleamaro di Nuoro o alla Marcopolo di Venezia.
La crescita delle librerie indipendenti in Italia e nel mondo è anche dovuta alla rinuncia dei testi da catalogo da parte delle grandi catene, perché i libri hanno l’ambizione di durare un po’ di più delle merci normali e, a volte, ci riescono. Nella classifica dei dieci libri di Iperborea più venduti del 2015 ci sono ancora i libri e gli autori dei primi anni. Quelli nuovi sono ben strani, a cominciare dalle 15 mila copie vendute da Anime baltiche – biografie di baltici illustri, dal padre di Sergej Eisenstein a Mark Rothko ad Hannah Arendt – o da L’arte di collezionare mosche, un assurdo raffinato spiritoso diario di un naturalista svedese autoconfinatosi su un’isoletta a studiare un particolare tipo di mosche – i silfidi – e ad approfondire la figura di René Malaise, il geniale inventore della macchina per catturarli.
Libri di Iperborea più venduti del 2015:
- Anime baltiche di Jan Brokken
- Professione angelo custode di Arto Paasilinna
- Liberatore di Popoli Oppressi di Arto Paasilinna
- L’arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg
- I pesci non hanno gambe di Jón Kalman Stefánsson
- Raccontare il mare di Björn Larsson
- La Congiura di Jaan Kross
- L’anno della lepre di Arto Paasilinna (CATALOGO)
- La vera storia del pirata Long John Silver di Björn Larsson (CATALOGO)
- Piccoli Suicidi tra Amici di Arto Paasilinna (CATALOGO)