Che cos’è la maternità surrogata
Una guida per orientarsi nella discussione sul cosiddetto "utero in affitto": cosa vuol dire, dove è permessa e con quali limiti
Qualche giorno fa è uscito su Repubblica un articolo intitolato “Femministe contro la maternità surrogata: Non è un diritto”, che presentava un appello del movimento di donne “Se non ora quando” contro la cosiddetta pratica dell’utero in affitto. Qualche mese prima un manifesto simile era stato firmato da alcune femministe francesi. La discussione che ne è derivata è stata piuttosto imprecisa, innanzitutto perché il tema non fa parte al momento dell’agenda politica del Parlamento – la legge sulle unioni civili in discussione in Parlamento non riguarda la maternità surrogata – e poi perché parlando di surrogazione di maternità sono state sovrapposte, facendole automaticamente coincidere, due diverse questioni: la libera scelta delle donne e il loro sfruttamento.
La “surrogazione di maternità” (o gestazione per altri o gestazione d’appoggio, GDA) è il procedimento per cui una donna mette a disposizione il proprio utero e porta avanti la gravidanza per conto dei committenti, che possono essere single o coppie, sia eterosessuali che omosessuali. Esistono diversi tipi di surrogazione: da quella tradizionale, che prevede l’inseminazione artificiale dell’ovulo della madre surrogata, che è quindi anche madre biologica del bambino; a quella gestazionale, in cui la madre surrogata si limita a portare avanti la gravidanza dopo che le viene impiantato nell’utero un embrione realizzato in vitro, che può essere geneticamente imparentato con i genitori committenti o provenire da donatrici.
In alcuni paesi la surrogazione è vietata, come in Italia, Francia o Germania. In altri la maternità surrogata è sostanzialmente non regolata: non è esplicitamente vietata ma spesso sono proibiti, e puniti penalmente, gli accordi che prevedono dei pagamenti, mentre sono accettate le maternità “altruistiche”, quelle in cui sono previste solo cifre che rimborsino le spese sostenute dalle donne per la gravidanza. Si tratta di Argentina, Australia (nel Nord), Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Irlanda, Giappone, Paesi Bassi, Venezuela, alcuni stati statunitensi. Ci sono poi degli stati in cui la surrogazione è espressamente permessa e regolata: in questo gruppo rientrano gli stati in cui è previsto un contratto prima che la donna resti incinta (Grecia, Israele, Sudafrica e, parzialmente, la Nuova Zelanda e l’Australia) e stati in cui le condizioni dell’accordo sono verificate dopo la nascita del bambino (Regno Unito e altri). Infine ci sono degli stati con un approccio permissivo e che consentono un pagamento esplicito: India, Russia, Thailandia, Uganda, Ucraina e alcuni stati degli Stati Uniti. Di seguito qualche esempio.
In Italia
La legge 40 sulla procreazione assistita (ormai completamente svuotata da una serie di sentenze e giudizi di vario grado) si occupa di surrogazione di maternità all’articolo 12, quello sui divieti generali e sanzioni, e dice:
«Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».
Dunque è illegale praticare o pubblicizzare la GDA in Italia. Tuttavia, con una sentenza considerata storica, chi in Italia volesse praticare la surrogazione (o qualsiasi altra tecnica di procreazione assistita vietata dalla legge 40) in uno stato che invece la consente, e poi tornare in Italia, può essere dichiarato legittimo genitore, anche se non ha alcun legame biologico con il figlio. La sentenza che ha stabilito in linea di massima questo principio riguarda il caso Paradiso e Campanelli del 27 gennaio 2015: i genitori avevano procreato il figlio (nato nel 2011) con l’utero in affitto di una donna russa. La madre committente era sterile: dopo il fallimento di vari tentativi di fecondazione omologa, era ricorsa a questa pratica usando i gameti del marito e l’ovulo della gestante. Sull’atto di nascita del bambino, redatto a Mosca, il bambino risultava figlio della coppia che ne aveva chiesto la trascrizione in Italia. Il consolato italiano a Mosca, sospettando la maternità surrogata, aveva trasferito il fascicolo al procuratore generale di Campobasso e al tribunale dei minori, che aveva deciso di dichiarare lo stato di abbandono e di adottabilità del bambino. Da qui era nato un caso giudiziario piuttosto complicato che si è concluso con una sentenza a favore dei genitori della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha stabilito che c’era stata un’illecita interferenza dello stato italiano che aveva arbitrariamente negato la trascrizione.
Nel resto d’Europa
L’Unione Europea ha pubblicato nel 2013 uno studio comparativo sulla surrogazione di maternità negli stati membri dell’UE che è ancora attuale e che dà un quadro piuttosto chiaro di cosa e dove è consentito.
L’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna e la Finlandia la proibiscono.
Altri paesi – come il Belgio, i Paesi Bassi o la Danimarca – la tollerano attraverso la procreazione medicalmente assistita, usando l’adozione per stabilire una filiazione successiva, ma spesso è richiesto un legame genetico con uno dei genitori committenti. Spesso poi il contratto di gestazione prevede che la madre portatrice non sia costretta a dare il bambino ai mandatari.
In Austria e Norvegia è proibita la cessione di ovociti: il divieto di maternità surrogata è una conseguenza quando l’ovocita non appartiene alla donna che mette a disposizione il proprio utero.
In Grecia la surrogazione è consentita: non sono permessi compensi ma solo rimborsi, e si può fare ricorso alla tecnica – con alcune restrizioni – solo nel caso in cui non ci sia alcun tipo di vincolo genetico tra la gestante e gli embrioni. Prima di procedere è necessaria un’autorizzazione che deve accertare l’effettiva impossibilità dell’aspirante madre di portare a termine una gravidanza. Sia la gestante che l’aspirante madre devono inoltre avere la residenza nel paese.
Nel Regno Unito la surrogazione è lecita ma solo a titolo gratuito. Il certificato di nascita è a nome della gestante e solo in un secondo momento, dopo uno specifico procedimento, può essere ordinato l’annullamento e la redazione di un nuovo atto che indichi come genitori quelli biologici.
Stati Uniti e Canada
In diversi stati degli Stati Uniti e in Canada la pratica della surrogazione di maternità è consentita e regolamentata in modo chiaro.
Negli Stati Uniti ci sono differenze notevoli da stato a stato: alcuni consentono la maternità surrogata a tutti, altri solo alle coppie eterosessuali; qualche stato richiede un collegamento biologico dei committenti con il bambino e qualche altro ancora vieta qualsiasi forma di compenso. La pratica della surrogazione è iniziata negli Stati Uniti più di trent’anni fa. A quel tempo la maggior parte delle madri surrogate erano anche madri biologiche, scrive il New York Times. Nel 1986 vi fu un caso molto discusso, quello di Mary Beth Whitehead, che violando l’accordo iniziale decise di tenere il bambino che aveva partorito per conto di una coppia. Da quella causa in poi, la maternità surrogata in cui la donna è anche madre biologica fu gradualmente abbandonata a favore della maternità gestazionale, in cui l’embrione è prodotto in laboratorio, o con ovuli e sperma dei committenti o con quelli di donatori, e impiantato nella madre surrogata che non avrà dunque alcun legame biologico con il bambino. Nel 2014 negli Stati Uniti sono nati circa 2 mila bambini da madri surrogate; che nel corso degli ultimi decenni i casi in cui i genitori hanno cambiato idea durante la gravidanza sono stati 81. I casi in cui a cambiare idea è stata la madre surrogata sono stati 35; in 24 di questi casi le madri surrogate erano anche madri biologiche.
Negli Stati Uniti ci sono agenzie specializzate che accompagnano il percorso di surrogazione, soprattutto quella gestazionale, e negli stati dove la surrogazione è più semplice, come in California, sul certificato di nascita è possibile scrivere il nome di entrambi i genitori riceventi senza avviare una procedura di adozione post-nascita. Il certificato di nascita viene tradotto e presentato con una certificazione che convalida l’autenticità del documento per l’uso internazionale, in modo da poter essere trascritto nei registri dello stato civile, per esempio, in Italia. In alcuni stati è inoltre possibile per le coppie omosessuali ottenere un certificato di nascita in cui entrambi i componenti della coppia compaiono come genitori. Il documento, però, ha valore solo nello stato che prevede questa possibilità.
I costi di una surrogazione gestazionale negli Stati Uniti possono arrivare a 150 mila dollari: la madre surrogata riceve tra i 20 mila e i 30 mila dollari, e a differenza di quanto avviene in paesi come l’India non si tratta di una cifra molto alta. Le agenzie che seguono la pratica, anche in questo caso con differenze tra stato e stato, hanno comunque regole piuttosto severe per la selezione delle madri surrogate, per evitare che la loro scelta sia legata al bisogno economico: si richiede per esempio un certo livello salariale o che abbiano già dei figli.
In Canada, a eccezione del Québec, la pratica è consentita: la madre surrogata però non può essere pagata, ma solo rimborsata per le spese sostenute e legate alla gravidanza. Anche qui, come negli Stati Uniti, ci sono agenzie specializzate che seguono tutto il percorso.
Russia e Ucraina
In Russia e in Ucraina è consentita la maternità surrogata gestazionale, anche dietro compenso. La rinuncia ai diritti di madre da parte della portatrice può avvenire solo dopo il parto, ma è possibile stabilirlo in anticipo con un contratto. In Russia la madre surrogata deve dare il suo consenso affinché il bambino venga registrato, ma per questo processo non è necessaria né una risoluzione giuridica né una pratica di adozione. Il nome della madre surrogata, comunque, non compare mai nel certificato di nascita.
In Ucraina possono fare ricorso alla surrogazione le coppie sposate o le donne single. Sul certificato di nascita compaiono i nomi dei genitori riceventi.
India e Thailandia
In India la pratica è legale dal 2002, anche se ha subìto limitazioni nel 2013, ma ha costi molto bassi. Le cliniche sono ben attrezzate organizzate e dal punto di vista legale: a differenza di altri paesi, non è previsto che, una volta firmato l’accordo, le madri naturali possano rivendicare dei diritti. Per l’India si tratta di una pratica molto redditizia e che viene intrapresa da molte donne, non tanto come una libera scelta ma per necessità economiche. In India il costo dell’intero processo, comprese le spese mediche e le tasse, va dagli 8 mila ai 22 mila euro.
La Thailandia, un altro paese verso il quale era molto consistente la pratica del cosiddetto “turismo della surrogazione”, ha introdotto delle restrizioni all’inizio di quest’anno. Lo scorso febbraio il governo ha approvato in via definitiva una legge che vieta agli stranieri di pagare le donne thailandesi per portare avanti gravidanze surrogate; la legge stabilisce pene fino a dieci anni di carcere per chi trasgredisce. La nuova legge vieta anche l’uso di intermediari e qualunque tipo di pubblicità e promozione a favore della pratica. Possono invece ricorrere alla maternità surrogata le coppie composte da almeno un thailandese e sposate da almeno tre anni. Le donne disposte ad affittare il loro utero devono avere più di 25 anni, essere sposate, avere almeno già un figlio e sottoporsi alla surrogazione con il consenso del marito: non possono però essere pagate.