Quella di Zuckerberg è beneficenza?
Si discute della scelta del capo di Facebook di non creare un'organizzazione non profit per la sua grande donazione, bensì una società che può generare profitti
Insieme alla nascita della loro figlia Max, Mark Zuckerberg e Priscilla Chan hanno annunciato anche la creazione di un’organizzazione – la “Chan Zuckerberg Initiative” – per promuovere obiettivi come «l’uguaglianza fra tutti i bambini della prossima generazione» e rendere il mondo un posto migliore. Zuckerberg e Chan hanno detto che nel corso della loro vita doneranno a questo scopo il 99 per cento delle loro azioni di Facebook, di valore pari attualmente a circa 45 miliardi di dollari. Mark Zuckerberg è il fondatore e l’amministratore delegato di Facebook; lui e Priscilla Chan, che è un medico, si sono conosciuti quando studiavano ad Harvard e si sono sposati nel 2013.
In seguito all’annuncio si è parlato molto della decisione di Zuckerberg non solo per l’enorme entità della donazione ma anche perché la “Chan Zuckerberg Initiative” non è una fondazione non profit, come sono invece normalmente quelle che si occupano di beneficenza, ma una “Limited Liabilty Company” (LLC), cioè una società privata che può generare profitti. Zuckerberg è stato accusato da alcuni di voler semplicemente spostare i suoi soldi da una società (Facebook) all’altra (Chan Zuckerberg Initiative) senza fare vera beneficenza.
C’è anche un problema per quanto riguarda le tasse: Jesse Eisinger scrive sul New York Times che se Zuckerberg donerà le sue azioni – invece che semplice denaro – alla “Chan Zuckerberg Initiative”, potrà non pagare le tasse sull’aumento di valore che le azioni di Facebook hanno registrato in questi anni. Non c’è niente di illegale, è un meccanismo previsto negli Stati Uniti per incentivare le donazioni: altrimenti un milionario dovrebbe prima vendere le sue azioni, poi pagarci le tasse e poi potrebbe donare il resto in beneficenza. Con questo meccanismo Zuckerberg non risparmia dei soldi, scrive Eisinger, ma i soldi che dovrebbero finire allo Stato sotto forma di tasse saranno invece donati in beneficenza all’organizzazione di Zuckerberg: sostanzialmente Zuckerberg deciderà cosa fare di quei soldi al posto dello Stato. Secondo Eisinger questo caso è esemplare del problema della legislazione americana sulle donazioni, perché sostituiscono le scelte dei privati a quelle dei politici.
In seguito all’articolo uscito sul New York Times, Zuckerberg ha pubblicato un nuovo post in cui spiega le ragioni che lo hanno portato a scegliere una “Limited Liability Company” al posto di una normale fondazione non profit. Zuckerberg ha detto di averlo fatto perché in questo modo può sia donare in beneficenza che investire in progetti che gli sembrano validi e proficui per il bene comune anche se generano profitto, per esempio la ricerca di una cura per il cancro o l’AIDS. Inoltre può usare quel denaro per partecipare al dibattito politico e su alcuni temi che gli interessano di più, sostenendo candidati con idee e programmi migliori di altri. Qualsiasi profitto generato dagli investimenti della “Chan Zuckerberg Initiative”, ha spiegato Zuckerberg, rimarrà all’interno dell’organizzazione e verrà usati per nuovi progetti o donazioni. Sulla questione delle tasse Zuckerberg scrive che se avesse creato una fondazione non profit allora sì che avrebbe ricevuto degli immediati benefici fiscali, potendo dedurre dalle tasse la cifra donata.
Ricapitolando: Zuckerberg non farà propriamente “beneficenza” nel senso legale che il termine ha negli Stati Uniti, ma non trarrà profitti per sé dalla gestione della “Chan Zuckerberg Initiative” (che peraltro non era obbligato a creare, naturalmente: avesse voluto, avrebbe potuto tenersi il patrimonio che ha guadagnato negli anni grazie a Facebook). Se avesse costituito una fondazione non profit avrebbe avuto degli immediati vantaggi fiscali, ma con una LLC potrà donare direttamente le sue azioni Facebook senza pagarci delle tasse; quei 45 miliardi di dollari non saranno più di Zuckerberg né genereranno profitti per lui, ma allo stesso tempo probabilmente soltanto una piccola parte finirà allo stato americano sotto forma di tasse.