Il Labour si è spaccato sull’ISIS e la Siria
Il partito del nuovo segretario Jeremy Corbyn si è diviso sulla proposta di estendere i bombardamenti e ha passato «le due settimane più autodistruttive da decenni, forse di sempre»
Mercoledì la Camera dei Comuni britannica, la Camera bassa del Parlamento del Regno Unito, ha approvato la proposta del governo conservatore guidato dal primo ministro David Cameron di estendere i bombardamenti contro lo Stato Islamico (o ISIS) in Siria: 397 parlamentari hanno votato a favore, 223 hanno votato contro. Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, ha votato contro, ma diversi parlamentari del suo partito – almeno 66, scrive il Guardian – hanno votato a favore dell’estensione dei bombardamenti (dei Tories hanno votato contro il piano del governo solo in 7) . Secondo alcuni commentatori britannici si tratta della peggiore crisi nel Partito Laburista da decenni. Finora l’aviazione britannica aveva bombardato l’ISIS solo in Iraq, all’interno della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti: questa notte ha detto di avere compiuto i primi attacchi in Siria.
Negli ultimi giorni Cameron e Corbyn hanno usato toni molto duri per sostenere ciascuno le proprie posizioni. In un articolo sul Guardian, Corbyn aveva accusato il governo di voler prima bombardare e solo dopo usare mezzi diplomatici: Corbyn aveva detto che estendere i bombardamenti in Siria avrà la conseguenza di aumentare la minaccia alla sicurezza nazionale britannica – quindi aumentare la probabilità di attentati nel Regno Unito – e aveva chiesto invece che fossero accelerati i negoziati di pace sulla guerra siriana che si stanno tenendo a Vienna (negoziati che comunque vanno molto a rilento, anche a causa dell’estrema complessità della guerra in Siria). Secondo un parlamentare conservatore sentito dal Guardian, invece, durante una riunione del partito al governo Cameron aveva detto: «Non dovreste fare comunella con Jeremy Corbyn e un gruppo di simpatizzanti dei terroristi».
Jeremy Corbyn è stato eletto nuovo leader del Partito Laburista britannico lo scorso settembre con il 59,5 per cento dei voti. Corbyn è parlamentare dal 1983 ma fino a pochi mesi prima delle elezioni laburiste non era molto conosciuto, salvo che nella corrente di estrema sinistra del partito: aveva vinto il congresso con posizioni di sinistra radicale praticamente su qualsiasi tema, ragione per cui già in passato si era scontrato col suo stesso partito. Corbyn per esempio si oppone a qualsiasi intervento di soggetti privati nei servizi pubblici, vorrebbe nazionalizzare le ferrovie, alzare il salario minimo e ha preso spesso posizioni a favore della Palestina e contro l’intervento del Regno Unito in Iraq nel 2003.
La discussione sull’estensione dei bombardamenti contro l’ISIS in Siria ha provocato una grossa divisione nel Partito Laburista: «Con una mossa senza precedenti nell’era moderna» nella politica britannica, scrive il Guardian, il ministro ombra degli Esteri – il laburista Hilary Benn, peraltro nominato dallo stesso Corbyn dopo la sua elezione – ha sostenuto la proposta del governo, facendo un discorso molto apprezzato a favore dell’intervento. Metà del governo “ombra” ha votato a favore del piano di governo.
Ci sono diverse ragioni per cui il voto di mercoledì era molto atteso, oltre alle conseguenze che un intervento britannico in Siria potrebbe avere sulla guerra all’ISIS. Innanzitutto il governo di Cameron voleva evitare di ripetere la pesante sconfitta politica del 2013, quando la proposta di intervenire contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad fu bocciata dalla Camera dei Comuni (allora non si parlava ancora del pericolo dell’ISIS e il nemico principale dell’Occidente in Siria era Assad). Cameron ha spinto per un voto rapido sfruttando le divisioni che si erano create all’interno del Partito Laburista dopo gli attentati di Parigi: mercoledì l’Economist ha scritto che «il periodo compreso tra gli attacchi di Parigi e oggi è stato il più doloroso per il partito [Laburista], le due settimane più autodistruttive da decenni, forse di sempre».
L’Economist ha ripercorso le tappe dello “psicodramma” delle ultime due settimane all’interno del Partito Laburista. Il 16 novembre, tre giorni dopo gli attacchi compiuti dall’ISIS, Corbyn ha detto di essere scettico sull’approvazione da parte del governo britannico dello “shoot to kill” – “sparare per uccidere” – una misura che prevede che nel caso di attentato terroristico le forze britanniche agiscano per “neutralizzare” subito gli attentatori, invece che circondarli e negoziare. Corbyn è stato criticato da diversi parlamentari del suo partito e il giorno dopo anche Hilary Benn, il ministro degli Esteri ombra, si è schierata pubblicamente contro di lui. In particolare Corbyn è stato attaccato per i suoi legami con Stop the War, un gruppo di estrema sinistra contrario alle guerre in Iraq e Afghanistan che negli ultimi anni è stato accusato di eccessiva benevolenza col regime di Assad e di recente ha accusato “l’Occidente” di essere il vero responsabile degli attacchi di Parigi.
La situazione è peggiorata ulteriormente quando Corbyn ha nominato Ken Livingstone – ex sindaco di sinistra di Londra – co-presidente della “Defence Review” dei laburisti, cioè quell’organo con il quale si stabiliscono gli obiettivi nel settore della Difesa e i mezzi con i quali raggiungerli. Anche Livingstone è un vecchio uomo della sinistra britannica – per questo è soprannominato “Red Ken” –e appartiene alla classe dirigente del partito di due o tre generazioni fa. La sua nomina era stata molto criticata da diversi parlamentari laburisti: BBC aveva scritto che Maria Eagle, il ministro ombra della Difesa che presiede il “Defence Review”, era “furiosa” perché non ne era stata nemmeno avvisata. Poi ci sono stati successivi imbarazzi e disastri. Per esempio Livingstone ha suggerito a Kevan Jones, un ministro ombra laburista che soffre di depressione e che lo aveva criticato, di “farsi dare aiuto psichiatrico”. Dopo essersi rifiutato di scusarsi con Jones, nonostante le pressioni di Corbyn, Livingstone ha definito pubblicamente le truppe britanniche “screditate”, attirandosi ulteriori critiche. Il 30 novembre, dopo una riunione molto agitata tra laburisti – dove ci sono stati litigi e urla, scrive l’Economist – Corbyn aveva accolto la richiesta di alcuni parlamentari di non adottare una linea di partito sulla questione specifica dell’estensione dei bombardamenti britannici in Siria contro l’ISIS, lasciando di fatto libertà ai parlamentari di scegliere ognuno la propria posizione.
Negli ultimi giorni altri paesi hanno deciso di aumentare il loro coinvolgimento nella guerra in Siria. Il ministro della Difesa statunitense, Ash Carter, ha annunciato che gli Stati Uniti manderanno una forza militare nell’area che opererà indipendentemente dalle truppe locali che agiscono in Iraq e in Siria (quindi che non avrà solo compiti di addestramento e supporto all’esercito iracheno, come è successo finora). Anche il governo tedesco ha elaborato un piano per mandare 1.200 soldati a sostegno della coalizione internazionale che combatte l’ISIS in Siria: il piano deve però essere ancora approvato dal Parlamento.