La libreria di Islamabad che vende di tutto, dai libri sull’ateismo a Cosmopolitan
È la Saeed Book Bank: ha 200 mila titoli, soprattutto in inglese, e il suo fondatore iniziò leggendo i volumi che spolverava nella biblioteca di un latifondista
A Islamabad, in Pakistan, c’è una delle librerie più grandi al mondo che vende i libri più svariati – compresi trattati di ateismo e riviste di moda – con l’aiuto di commessi pronti a consigliare al meglio i clienti: è la Saeed Book Bank. Si trova in un edificio di 3.900 metri quadrati disposti su tre piani in cui lavorano 92 dipendenti, propone più di 200mila titoli, e i suoi cinque magazzini conservano oltre 4 milioni di libri. Sono perlopiù in inglese: bestseller mondiali, saggi scientifici (c’è un intero scaffale dedicato al filosofo statunitense Noam Chomsky), libri religiosi (non solo islamici), narrativa internazionale, e riviste come Cosmopolitan. Le vendite avvengono principalmente in libreria, ma si può comprare anche online: quest’anno dagli acquisti sul sito sono arrivati mille dollari al giorno, un risultato notevole vista la scarsa diffusione delle carte di credito in Pakistan.
La libreria, per le sue dimensioni e la varietà del suo catalogo, è già una storia di per sé, ma è resa ancora più interessante da quella del suo fondatore Saeed Jan Qureshi, morto a settembre a 77 anni: il suo posto è stato preso dal figlio Ahmad Saeed, che la gestisce insieme al fratello Akbar.
Saeed Jan Qureshi era nato in una famiglia a servizio di un grosso latifondista, Mir Banda Ali. I suoi terreni nella provincia meridionale di Sindh erano talmente vasti che comprendevano cinque fermate della linea ferroviaria. Saeed aveva nove anni quando iniziò a lavorare nell’immensa biblioteca di Ali con il compito di spolverare i libri. Un giorno Ali lo sorprese a leggerne uno: gli ordinò di tornare subito al lavoro ma gli permise di portarsi a casa un libro ogni sera, a patto di restituirlo in perfette condizioni. Saeed non andò mai alle superiori ma divenne un eccellente lettore e conoscitore di libri, trovò un lavoro nella libreria London Book House di Peshawar dove, nel 1955, aprì una libreria tutta sua. Si chiamava Saeed Book Bank, vendeva soprattutto libri in inglese ai soldati americani che negli anni della Guerra fredda vivevano nelle basi militari del paese, un avamposto importante durante l’occupazione sovietica del vicino Afghanistan.
Col tempo gli americani se ne andarono e a Peshawar si diffuse l’integralismo islamico: divenne una città pericolosa per un libraio indipendente e deciso a vendere anche testi scritti da critici dell’islam, come quelli di Karen Armstrong e dello scienziato ateo Richard Dawkins (il cui trattato The God Delusion è tra i best seller della libreria).
Qureshi decise di chiudere la Saeed Book Bank di Peshawar e di riaprirla nella capitale Islamabad, dove l’islamismo era meno diffuso e dove il pubblico più cosmopolita era abituato a leggere in inglese. Negli anni Ottanta e Novanta, la libreria riuscì a sopravvivere alle minacce dell’integralismo grazie alle sue dimensioni e alla fama di Qureshi, che era diventato un punto di riferimento per chi era in cerca di buone letture. Qureshi puntava tantissimo sul rapporto con i clienti, che cercavano continuamente i suoi consigli (uno dei suoi preferiti era Fallen Leaves di William Durant). Oggi la libreria importa titoli da tutto il mondo, selezionati partecipando alle più importanti fiere internazionali come Francoforte, Londra, e Nuova Delhi (ma non negli Stati Uniti – da dove i Qureshi acquistano ogni anno libri per mezzo milione di dollari – perché non riescono a ottenere il visto).
Qureshi non considerava la sua libreria soltanto un modo per arricchirsi ma piuttosto un centro per diffondere l’amore della lettura: ne sono una prova le persone che dalla sua morte entrano in libreria per poter rendergli omaggio e chiedere di pagare un libro che avevano rubato da piccoli. Qureshi chiudeva sempre un occhio sapendo che quello era il modo migliore per far diventare quei bambini appassionati lettori e suoi futuri clienti. Tra loro c’è anche Suleman Khan, vice rettore dell’università di Iqra, a Islamabad. «È venuto – racconta Saeed – perché quando aveva sei anni o giù di lì aveva rubato un fumetto e mio padre l’aveva visto. Aveva paura di essere picchiato ma mio padre gli disse “È bello che ti piacciano i libri. Puoi venire ogni giorno e prenderne uno, ma non lo devi rovinare e lo devi restituire, così quando l’hai finito posso ancora venderlo”. Tutto quello che sono adesso, lo devo a tuo padre».