La soluzione per eliminare la malaria è una zanzara mutante?
Un gruppo di scienziati ha modificato il DNA di alcune zanzare per renderle più forti contro il parassita che causa la malattia: i primi risultati sono promettenti
Nel corso della storia poche armi umane sono state più dannose di una piccola zanzara infetta dalla malaria, una delle malattie più antiche e letali esistenti al mondo. Oggi sappiamo che può avere infettato i dinosauri, che è stata individuata nei resti mummificati trovati in Egitto e che probabilmente uccise Genghis Khan. Un premio Nobel ha anche suggerito che la malaria sia responsabile di metà delle morti umane avvenute nella storia. Nonostante sforzi immani che hanno incluso zanzariere per letti, pillole al chinino, vaccini e pesticidi, la malaria continua ad essere letale: è stato stimato che ogni anno uccide circa 500mila persone. Negli ultimi tempi gli scienziati stanno però provando un approccio differente: invece che intervenire sugli esseri umani, perché non provare a occuparsi delle zanzare?
La settimana scorsa gli scienziati della University of California hanno pubblicato sulla Proceedings of the National Academy of Sciences, un’importante rivista scientifica americana, i risultati di uno studio durante il quale hanno generato alcuni esemplari di zanzare mutanti potenzialmente in grado eliminare quasi del tutto la malaria dalla popolazione mondiale delle zanzare. La procreazione di questi esemplari è stata possibile grazie alla CRISPR-Cas9, una nuova tecnica di controllo genetico che in pratica permette di “copincollare” segmenti di DNA di una certa creatura in un’altra. Grazie a CRISPR, gli scienziati della University of California hanno aggiunto ad alcune zanzare un gene già esistente che permette loro di resistere alla malaria, oltre a una serie di modifiche che permette a tutta la loro prole di ereditare la resistenza.
Di solito un genitore dà in eredità alla propria prole metà del corredo genetico. Queste nuove istruzioni genetiche fanno sì che quando una zanzara “mutante” si accoppia con un esemplare selvatico trasmetta certe proprie caratteristiche ad entrambi i cromosomi di una certa coppia (di solito, uno proviene dal padre e uno dalla madre). In questo modo, secondo i ricercatori, una zanzara mutante è in grado di trasmettere la propria resistenza alla malaria al 99,5 per cento della propria prole. Secondo il New York Times, questo meccanismo può far sì che nel giro di 10 generazioni di zanzare, cioè di un’unica estate, un intero territorio possa diventare libero dalla malaria. Kevin Esvelt, un ingegnere genetico di Harvard che non è stato coinvolto nello studio, ha definito la ricerca della University of California «un grosso passo in avanti»: «questo studio dimostra che siamo a poca distanza da una possibile diffusione della tecnica», ha detto Esvelt ad Associated Press.
Per ora le zanzare mutanti sono tenute in un laboratorio ad alta sicurezza dietro una serie di porte blindate. Questo perché nonostante la prospettiva di eliminare la malaria sia attraente, né la società né la comunità scientifica si sono accordate su come e quando diffondere nell’ambiente creature “mutanti” – né sanno con esattezza cosa succederà quando verranno diffuse. Lo scienziato dell’MIT Feng Zhang ha detto al New Yorker che «[il controllo genetico] è un po’ come la geoingegneria. Una volta che hai preso quella strada, tornare in dietro potrebbe non essere così facile». Zhang, un ingegnere biologico, ha condotto il primo team di scienziati che ha sperimentato il CRISPR-Cas9 su cellule umane.
La ricerca della University of California invece è stata condotta dai biologi Anthony James, Ethan Bier e Valentino Gantz. James è un esperto in biologia molecolare e ha curato la prima parte dello studio: secondo i risultati pubblicati sulla PNAS, James ha sviluppato un gene che induce gli anticorpi delle zanzare ad attaccare il protozoo parassita che causa la malaria, che le zanzare stesse contraggono dopo aver punto degli esseri umani infetti. James ha sperimentato il nuovo gene sulle uova di una zanzara indiana chiamata Anopheles stephensi, di modo che nel caso qualche esemplare riuscisse a scappare si troverebbe su un continente sconosciuto, con un clima inospitale e senza altri simili con cui accoppiarsi.
Bier e Gantz hanno invece contribuito alla seconda parte dello studio: i due, che nel 2015 sono già riusciti a inserire delle istruzioni genetiche in alcuni esemplari di moscerini, hanno aiutato James a inserire istruzioni modificate nel DNA delle Anopheles stephensi. Nelle nuove istruzioni hanno legato la trasmissione del gene della resistenza alla malaria a quello che genera gli occhi rossi. Quasi il 100 per cento della prole degli esemplari modificati ha gli occhi rossi, e quindi presumibilmente anche il gene che determina la resistenza alla malaria.
Gli scienziati che stanno utilizzando il CRISPR, come James e i suoi colleghi, temono però che un incidente possa screditare la loro tecnica prima che venga dimostrata la sua efficacia. Esvelt ha detto a Nature che «se qualcuno fa casino e un esemplare mutante riesce a scappare ci sarà un enorme sollevamento mediatico. Passerà il messaggio che gli scienziati non sono in grado di gestire una tecnologia così delicata: faremmo un passo indietro di anni».
©Washington Post 2015