La vita ad Hamtramck, la prima città americana a maggioranza musulmana
Ci sono quattro moschee, gli altoparlanti che invitano alla preghiera e anche il consiglio comunale è a maggioranza musulmana
di Sarah Pulliam Bailey – The Washington Post
Qualche sabato fa, Karen Majewski era così richiesta che un commesso che lavora nel suo negozio di abbigliamento vintage ha alzato le mani in segno di sconforto, quando l’ennesima persona è entrata nel negozio per fare due chiacchiere. Tutti volevano parlare della notizia del momento con Majewski, che è il sindaco di una piccola città vicino Detroit, negli Stati Uniti. Il 3 novembre Hamtramck, una città di 22 mila abitanti che nei decenni precedenti era abitata in prevalenza da figli di immigrati polacchi, è diventata la prima città americana – secondo gli esperti di demografia – ad avere un consiglio cittadino a maggioranza musulmana: su sei membri del consiglio comunale, oggi quattro sono dichiaratamente musulmani.
È la seconda volta che di Hamtramck si parla a livello nazionale, dopo che nel 2013 in seguito all’arrivo di migliaia di migranti da Yemen, Bangladesh e Bosnia era diventata la prima città negli Stati Uniti a maggioranza musulmana. Oggi Hamtramck, in un certo senso, è diventata un microcosmo delle paure che girano un po’ ovunque dopo gli attentati di Parigi. L’enorme afflusso di musulmani ha turbato diversi cittadini della piccola città che fino a pochi anni fa era nota solamente per il suo apprezzamento verso il ballo, la birra, i dolci Paczki e Giovanni Paolo II.
«Per alcuni di loro è stato traumatico», dice Majewski, che oltre a possedere il negozio – situato nella via principale della città fra un centro d’arte polacca e un macellaio – ha un dottorato in Cultura americana e lavora come ricercatrice per l’Università del Michigan. Majewksi ha ammesso di avere delle perplessità: si è lamentata ad esempio del fatto che ai negozi che stanno nel raggio di 150 metri da ciascuna delle quattro moschee della città è proibito vendere alcool (uno sviluppo notevole, per una cittadina che durante il Proibizionismo mantenne i bar aperti in segno di sfida). Leggi di questo tipo possono compromettere gli sforzi per rendere il centro della città il luogo dello svago, dice Majewski. E sebbene in passato abbia appoggiato la possibilità che le moschee chiamino i fedeli a pregare con gli altoparlanti, ora sa bene che diversi residenti storici fanno fatica ad abituarsi ai canti religiosi che pervadono le vie della città cinque volte al giorno. Secondo Majewski «la sensazione che i musulmani siano “l’altro” è molto forte. È una questione culturale, e di cosa diventerà la città. C’è un po’ di timore, che in qualche modo condivido anche io».
(Salwan Georges/The Washington Post)
Saad Almasmari, che ha 28 anni, è originario dello Yemen ed è appena stato eletto come consigliere cittadino, non capisce queste paure. Almasmri, che è proprietario di un’azienda che produce gelati, in campagna elettorale ha promesso di occuparsi dell’economia malmessa della città e di migliorare le scuole pubbliche: dice che in questi mesi ha fatto campagna elettorale, nelle moschee come nelle chiese, e che è frustrato dal fatto che molti cittadini pensino che i consiglieri musulmani saranno in qualche modo “faziosi”. «Non so perché la gente continua a mischiare religione e politica», spiega Almasmari, che fra l’altro è stato anche il candidato più votato. «Quando abbiamo chiesto loro di votarci, mica gli abbiamo domandato di che religione fossero».
Completamente circondata da Detroit, Hamtramck è la città più densamente popolata del Michigan: 22mila persone affollano decine di casette a due piani nel giro di un pugno di chilometri quadrati. Gli immigrati polacchi – fra cui la famiglia del sindaco Majewski – iniziarono ad arrivare qui nel 1914, quando la Dodge aprì una fabbrica di automobili. Nonostante la popolazione di Hamtramck non sia più a maggioranza polacca cattolica – oggi comprende circa l’11 per cento degli abitanti, mentre nel 1970 era al 90 per cento – e parte dei vecchi residenti si sia trasferita in sobborghi più ricchi, le tradizioni polacche sono ancora molto presenti in città.
La festa del Labor Day, qui nota come “Giorno della Polonia”, viene celebrata con musica, gran bevute e danze per la strada. La chiesa di St. Florian, costruita in maniera simile a una cattedrale polacca, sovrasta la città. Un’enorme statua di Giovanni Paolo II, che ha visitato la città nel 1987, svetta su Pope Park nei pressi della vita principale della città. Secondo uno storico del posto, un cugino del Papa, un certo John Wojtyla, fu consigliere cittadino di Hamtramck fra gli anni Quaranta e Cinquanta.
(Salwan Georges/The Washington Post)
Oggi Hamtramck, dopo che diverse fabbriche sono state chiuse, ha uno dei tassi di povertà più alti di tutto il Michigan. L’impegno di giovani imprenditori come Igor Sadikovic, un giovane bosniaco che in estate aprirà in città una caffetteria con annessa galleria d’arte, e Rebecca Smith, che possiede un negozio di borse con commesse musulmane, non è stato sufficiente a bilanciare la diminuzione dei lavori da manodopera e dei sussidi statali. Negli ultimi 15 anni il governo del Michigan ha dovuto nominare un commissario d’emergenza per la città per ben due volte.
Il prezzo molto basso delle case e il tasso di crimini moderato ha attratto moltissimi nuovi migranti, la cui presenza è visibile ovunque. Molte delle donne che passeggiano per la via principale della città vestono l’hijab o il cosiddetto “velo integrale”. Molti dei supermercati fanno pubblicità in arabo o in bengalese, e alcuni hanno in vetrina dei cartelli che spiegano che i proprietari saranno presto di ritorno, dato che sono andati a pregare (come del resto facevano in passato i commercianti polacchi, che durante il giorno smettevano di lavorare per andare a messa).
Molti degli abitanti di Hamtramck spiegano che il 2004 è stato l’anno in cui il cambiamento intrapreso dalla città è diventato irreversibile. In quell’anno il consiglio cittadino diede il permesso al Centro islamico al Islah di diffondere pubblicamente le proprie preghiere da alcuni altoparlanti. Masud Khan, uno dei capi locali della moschea dell’al Islah, spiega che «i polacchi pensavano che li stessimo invadendo. Eravamo una minaccia per la loro religione e tradizione. Ora quei giorni sono finiti». La moschea, che ogni venerdì attrae circa 500 persone, ha comprato un vicino locale nel centro della città per ristrutturarlo e costruirci sopra un minareto, da usare per diffondere maggiormente le “chiamate” alla preghiera.
L’acquisto di quel locale, che una volta vendeva mobili per la casa, ha fatto arrabbiare molti cittadini compreso il sindaco, che considera quell’area una zona chiave per lo sviluppo commerciale della città. I capi della moschea stimano che nel 2016, una volta terminata la ristrutturazione, il locale potrà ospitare fino a duemila persone.
Molte persone sono preoccupate per la direzione che sta prendendo la città: fra queste c’è anche Wayne Little, che da quasi quarant’anni lavora come pastore per la chiesa battista locale. Secondo lui anche molti afroamericani sono curiosi di capire se i membri musulmani del consiglio cittadini riusciranno a rappresentare i loro interessi. Ma la stessa popolazione musulmana di Hamtramck non è unita come si potrebbe credere: il 23 per cento della popolazione è di etnia araba, il 19 per cento bengalese e il 7 per cento bosniaca. Secondo Thaddeus Radzilowski del Piast Institute, un centro studi sulla demografia, questi gruppi non si mischiano troppo fra di loro a causa della diversità della lingua. Alla complessità della popolazione di Hamtramck va aggiunto il fatto che diversi giovani hipster sono venuti ad abitare in zona da quartieri vicini per il buon cibo e le gallerie d’arte. Qualche sabato fa, 40 persone hanno affollato la stanza di una piccola galleria durante una mostra dell’artista afroamericano Olayami Dabls, sorseggiando del vino. I sensuali nudi raffigurati nei dipinti di Dabls rappresentavano un notevole contrasto con il gruppo di donne velate che quello stesso pomeriggio erano intente a scegliere dei prodotti nel supermercato a pochi metri dalla galleria, giusto dall’altra parte della strada.
(Salwan Georges/The Washington Post)
Eppure, anche gli abitanti che hanno un po’ di timore nei confronti del nuovo consiglio cittadino parlano con orgoglio della varietà culturale della città, sottolineando la vasta scelta dei ristoranti etnici locali e il fatto che almeno 27 lingue diverse vengano parlate nelle scuole della città. Sally Howel, che insegna all’Università del Michigan e ha scritto un libro sui musulmani in Michigan, ha detto che sebbene alcune persone che non vivono ad Hamtramck hanno paragonato il risultato delle recenti elezioni a «una vittoria della Sharia», questa teoria non è condivisa dagli abitanti non-musulmani di Hamtramck. Secondo Howell tutto si riduce al timore che «il consiglio cittadino non rappresenterà la comunità», ma niente di più.
Prima e dopo le elezioni, comunque, ci sono stati episodi poco piacevoli. Alla vigilia delle elezioni Almasmari ha trovato per strada un volantino elettorale che diceva: «Il 3 novembre sbattiamo i musulmani fuori da Hamtramck. Riprendiamoci la nostra città». Lo stesso Almasmari ha raccontato di essere stato piuttosto scosso quando nelle settimane precedenti aveva visto alcuni suoi manifesti elettorali modificati con una grossa X disegnata con una bomboletta spray. Un poster elettorale di un altro candidato consigliere poi rieletto, Anam Miah, era stato parzialmente coperto con la scritta “NON VOTATELO”, e “arricchito” con una svastica disegnata sulla fronte di Miah.
Dopo le elezioni, poi, è stata molto criticata una dichiarazione di Ibrahim Algahim, un attivista locale che ha detto: «Facciamogliela vedere, ai polacchi e a tutti gli altri». Kamal Rahman, un altro attivista musulmano che vive vicino a una moschea yemenita appena fuori da Hamtramck, ha consigliato ai musulmani di stare attenti al proprio linguaggio, che ad alcuni può sembrare minaccioso: «Se fossi bianco, sarei spaventato anche io».
Almasmari, comunque, ha spiegato che secondo lui le paure della gente sono infondate: «La gente parla dei musulmani come se stesse parlando di un gruppo unico, ma noi non pensiamo come una sola persona». Almasmar ha aggiunto che ha già convocato delle riunioni con cittadini che vogliono parlare dei loro problemi, fra cui quelli di natura economica e culturale.
Mentre ancora si sta occupando del suo negozio, Majewski indica un grosso edificio vuoto in fondo alla strada, che un tempo ospitava un centro commericiale. Secondo Majewski è stato comprato due anni fa da uno yemenita e da allora è rimasto vuoto. Spiega Majewksi: «Questa cosa ha fatto arrabbiare un bel po’ di persone, oltre a far scendere il valore della proprietà. Lo si può definire un problema “etnico”? C’è certamente qualcosa di “etnico”, cioè la sensazione che “loro” non si interessino della città in generale. Ma come lo risolvi un problema del genere?»
© Washington Post 2015