In Turchia sono stati arrestati due giornalisti di opposizione
C'entra di nuovo l'organizzazione di Fethullah Gülen, nemico del presidente Erdoğan, ma anche l'ambiguità della posizione turca nella guerra in Siria
Aggiornamento giovedì 25 febbraio – La Corte Costituzionale turca ha detto che l’arresto a novembre dei due giornalisti del quotidiano di opposizione Cumhuriyet – il direttore Can Dundar e il capo della redazione di Ankara Erdem Gul – è stata una violazione dei diritti fondamentali degli accusati.
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Un tribunale di Istanbul, in Turchia, ha incriminato due giornalisti del quotidiano di opposizione Cumhuriyet di spionaggio per avere scritto che i servizi segreti turchi hanno mandato armi ai ribelli islamisti in Siria. I due giornalisti sono il direttore Can Dundar e il capo della redazione di Ankara Erdem Gul: si trovano in carcere in attesa del processo e rischiano l’ergastolo. Entrambi sono anche accusati di far parte di una presunta organizzazione terroristica armata contro cui il governo conservatore turco di Recep Tayyip Erdoğan si sta scontrando da oltre due anni, guidata da Fethullah Gülen, un ricco religioso che dal 1999 vive in una sorta di esilio auto-imposto in Pennsylvania (Stati Uniti). Le accuse sono state formalizzate in un momento piuttosto complicato della Turchia, soprattutto dopo le tensioni diplomatiche nate dall’abbattimento di un aereo russo accusato di avere violato lo spazio aereo turco.
La storia era cominciata il 29 maggio di quest’anno, dopo che Cumhuriyet aveva pubblicato un video che mostrava la gendarmeria e la polizia turca fermare alcuni camion con a bordo delle casse che contenevano – secondo Cumhuriyet – armi e munizioni mandate in Siria dai servizi segreti turchi. Le armi e le munizioni, aveva scritto Cumhuriyet, erano dirette ai ribelli islamisti che combattono in Siria contro il presidente siriano Bashar al Assad. Il 2 giugno era stato lo stesso Erdoğan a iniziare la causa legale contro i due giornalisti, sostenendo che la loro storia «includeva alcune immagini e informazioni che non corrispondevano ai fatti» e dicendo che la persona «che aveva scritto l’articolo pagherà un prezzo molto alto». Secondo l’accusa, il video pubblicato da Cumhuriyet era stato prodotto dall’organizzazione di Gülen per colpire il governo.
Il 24 novembre Erdoğan ha detto di ritenere irrilevante se i camion trasportassero o meno armi, perché la pubblicazione dell’articolo è stata di per sé un “tradimento”. Erdoğan ha anche aggiunto che quei camion erano stati allestiti per trasportare aiuti umanitari ai turcomanni, una minoranza etnica che in Siria combatte contro il regime di Assad. Dundar ha smentito le accuse di Erdoğan e ha detto: «Non siamo traditori, spie o eroi; siamo giornalisti. Quello che abbiamo fatto qui era un’attività giornalistica».
La rivalità tra Erdoğan e Gülen
Della rivalità tra Erdoğan e Gülen, alleati fino a qualche anno fa, si cominciò parlare nel dicembre del 2013, quando il partito di Erdoğan – il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, AKP la sigla in turco – fu coinvolto in un grosso scandalo sulla corruzione. Diversi membri dell’AKP furono arrestati – tra cui i figli di due ministri – e alcuni ministri del governo furono costretti a dimettersi. Nel febbraio del 2014 ci fu un altro grave episodio di questo genere: due giornali turchi filo-governativi pubblicarono un’inchiesta per denunciare l’esistenza di un vastissimo programma di intercettazioni messo in piedi dalla magistratura – che si diceva essere infiltrata dai sostenitori di Gülen – ai danni dei membri dell’AKP.
Da allora Erdoğan cominciò ad accusare Gülen di avere creato una specie di “stato nello stato” tramite la sua organizzazione, Hizmet (“servizio”), che avrebbe come obiettivo rovesciare l’attuale governo. Nei mesi successivi Erdoğan usò questo argomento per giustificare la rimozione o il trasferimento di centinaia di agenti di polizia e magistrati coinvolti nelle operazioni del dicembre 2013 e per far approvare dal Parlamento una serie di nuove leggi che limitassero la libertà della magistratura e della stampa. Il 19 dicembre del 2014 un tribunale turco emise un mandato di arresto per Gülen: una settimana prima c’era stata una grande retata della polizia turca che aveva portato all’arresto di molti giornalisti tra cui Ekrem Dumanli, il direttore di Zaman (il più grande quotidiano della Turchia), considerato dal governo molto vicino a Gülen.
I ribelli islamisti in Siria e la Turchia
La questione è ulteriormente complicata dall’ambiguità della posizione della Turchia nella guerra siriana. L’obiettivo principale del governo turco in Siria è far cadere il regime di Bashar al Assad, senza però allo stesso tempo creare le condizioni per la nascita di uno stato curdo ai suoi confini. I rapporti tra la Turchia e i curdi turchi del PKK – che da moltissimi anni operano in Turchia chiedendo maggiore autonomia per i curdi – sono di nuovo peggiorati quest’estate dopo un periodo di tregua: il fatto che sia in Iraq che in Siria i curdi siano riusciti a conquistare dei territori dallo Stato Islamico (o ISIS) ha rafforzato molto il movimento curdo.
Secondo diversi analisti, la Turchia sta cercando di raggiungere i suoi obiettivi in Siria sostenendo attivamente i ribelli, anche alcuni gruppi islamisti ed estremisti. Per esempio è stata accusata di non fare abbastanza per fermare il passaggio dei cosiddetti “foreign fighters” – i combattenti stranieri che vanno a combattere nella guerra siriana, anche unendosi all’ISIS – sul confine turco-siriano. La Turchia, che è uno stato membro della NATO e alleato con gli Stati Uniti, ha ripetutamente negato di mandare aiuti ai ribelli islamisti in Siria.
I problemi sono aumentati negli ultimi giorni, dopo che la Turchia ha abbattuto un aereo russo accusato di avere violato lo spazio aereo turco (la Russia sostiene che non c’è stata alcuna violazione). L’incidente ha creato molte tensioni tra Turchia e Russia, ma anche tra Turchia e i suoi alleati della NATO. La Russia, a differenza della Turchia, è impegnata in Siria per difendere il regime di Bashar al Assad e l’obiettivo dei suoi aerei sono soprattutto i ribelli che operano nel nord-ovest della Siria.