L’attentato alle guardie presidenziali a Tunisi
È stato rivendicato dall'ISIS, sono rimaste uccise 13 persone, il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza
Martedì sera a Tunisi, la capitale della Tunisia, è esplosa una bomba vicino a un autobus che trasportava alcune guardie presidenziali. Nell’attentato – che è stato rivendicato dallo Stato Islamico (o ISIS) – sono rimaste uccise tredici persone e altre venti sono rimaste ferite. Il presidente tunisino Bèji Caid Essebsi ha diffuso un comunicato in cui ha detto che non si trovava nella zona al momento dell’esplosione e ha definito quello che è successo un “attacco terroristico codardo”. A seguito dell’attacco, Essebsi ha dichiarato lo stato di emergenza per trenta giorni e ha introdotto il coprifuoco a partire dalle nove di sera.
L’autobus si trovava vicino alle sedi dei ministeri degli Interni e del Turismo e all’ex sede del partito del deposto presidente tunisino Zine El Abissine Ben Ali, che fu costretto a lasciare il suo incarico nel gennaio 2011 dopo le proteste della cosiddetta “Primavera araba”. Da allora in Tunisia ci sono stati alcuni periodi di intensa violenza politica – quando per esempio sono stati uccisi due leader dell’opposizione – ma in generale si è riusciti a stabilire un sistema democratico e abbastanza stabile. Negli ultimi mesi, comunque, alcuni attentati terroristici compiuti da miliziani islamisti hanno mostrato le debolezze del sistema tunisino: in particolare la Tunisia è il paese da cui è partito il maggior numero di persone che sono andate a combattere nella guerra in Siria (si pensa anche che molti tunisini si siano uniti allo Stato Islamico).
L’attentato di martedì è stato il primo progettato contro le forze di sicurezza tunisine. BBC scrive che per i residenti un attacco a Tunisi «era solo questione di tempo». L’ultimo grave attentato in Tunisia era stato compiuto a giugno da un uomo armato su una spiaggia di un resort turistico a Sousse: erano state uccise 38 persone.