Cosa si decide alla conferenza sul clima di Parigi

Capi di stato e di governo di mezzo mondo discuteranno un tema cruciale per il futuro di tutti, con misure di sicurezza con pochi precedenti

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il presidente statunitense Barack Obama con il presidente cinese Xi Jinping. 

(AP Photo/Evan Vucci)
Il presidente statunitense Barack Obama con il presidente cinese Xi Jinping. (AP Photo/Evan Vucci)

Più di 190 leader dei paesi del mondo si riuniranno a Parigi, a partire dal 30 novembre, per la XXI Conferenza delle Parti (COP21) sul cambiamento climatico, la riunione più importante degli ultimi anni per decidere come rallentare – e se possibile fermare – l’aumento della temperatura a livello globale nei prossimi decenni. La conferenza inizierà in circostanze molto diverse da come si pensava poche settimane fa: in seguito agli attentati di venerdì 13 novembre proprio a Parigi, dove sono state uccise 130 persone, la sicurezza e la lotta al terrorismo sono tornati in primo piano e secondo molti osservatori potrebbero oscurare, almeno in parte, l’interesse verso le riunioni che serviranno per decidere come evitare conseguenze catastrofiche per il nostro pianeta.

Preoccupato da questo possibilità, il presidente statunitense Barack Obama ha invitato tutti i leader del mondo invitati a partecipare alla COP21 – i cui lavori sono coordinati dalle Nazioni Unite – dicendo che “è assolutamente vitale per gli Stati Uniti e per ogni altro leader inviare un segnale: la malvagità di una manciata di assassini non fermerà il mondo a proseguire nei suoi affari fondamentali”. In questo senso, la conferenza sarà la prima occasione per dimostrare che il mondo “non ha paura”, per usare le parole di Obama, e che l’agenda per contrastare il cambiamento climatico sarà seguita senza interruzioni. Gli stessi funzionari del governo francese sembrano essere di questa opinione, anche se negli ultimi giorni in Francia si è parlato quasi esclusivamente di lotta al terrorismo, attacchi aerei contro l’ISIS in Siria e operazioni di polizia in buona parte del paese con arresti e sequestri di armi. I responsabili della conferenza confidano comunque in un maggior senso di solidarietà da parte degli altri paesi, in seguito agli attentati, cosa che potrebbe aiutare a trovare l’atteso accordo sul clima.

Le puntate precedenti
Incontri e trattati sul clima si susseguono ormai da più di 20 anni, ma la storia degli studi sul cambiamento climatico è ancora più lunga. Nella seconda metà del Novecento le ricerche sui gas serra (perlopiù anidride carbonica, CO2) nell’atmosfera iniziarono a ipotizzare che si potessero verificare aumenti della temperatura media sulla Terra, a causa dell’incapacità del pianeta di disperdere il calore accumulato proprio a causa di quei gas. Negli ultimi decenni dalla teoria si è passati alla pratica: la grandissima parte degli studi scientifici concordano sul fatto che la temperatura sia aumentata e principalmente a causa delle emissioni di gas dovute alle attività umane.

In seguito a prove sempre più evidenti, nel 1992 fu organizzata una prima conferenza a Rio de Janeiro, in Brasile, con lo scopo di mettere insieme un piano (ancora molto generico) contro il cambiamento climatico. Non essendoci regole chiare e condivise, per molti anni i singoli paesi agirono per conto proprio, litigando spesso su quale fosse la strategia migliore da seguire per ridurre le emissioni. Nel 1997 per fare ordine fu realizzato il Protocollo di Kyoto, che prevedeva una riduzione delle emissioni pari al 5 per cento rispetto al 1990, obiettivo da raggiungere entro il 2012. Per alcune economie emergenti, come Cina e Corea del Sud, non furono posti obiettivi specifici, cosa che permise loro di aumentare di fatto le emissioni pur di non rallentare la loro crescita economica.

Conferenza clima Parigi

C’era però una regola per rendere valido il Protocollo di Kyoto: essere approvato da tutti i principali produttori di emissioni, che da soli costituivano all’epoca il 55 per cento degli inquinanti. Stati Uniti e Russia non lo ratificarono, cosa che rallentò enormemente la sua attuazione. Nel 2004 il governo russo decise di adottare il Protocollo, cosa che infine lo rese operativo. Gli Stati Uniti ne restarono fuori con tutti gli inconvenienti del caso, compresa la difficoltà di negoziare nuovi accordi. Per superare lo stallo, nel 2007 fu firmato un nuovo impegno a Bali con l’obiettivo di superare Kyoto, ma trovare un accordo in grado di mettere tutti d’accordo non fu facile. In questo senso, la seguente conferenza del 2009 a Copenaghen, in Danimarca, fu un disastro: fu sì concordata una riduzione ulteriore delle emissioni, ma non fu firmato nessun trattato con regole chiare e vincolanti per farlo. Le cose non andarono meglio l’anno seguente a Cancùn.

Perché la conferenza di Parigi è importante
A Parigi si ripartirà dal mezzo fallimento di Copenaghen per provare a concludere un nuovo accordo, fondamentale per decidere come affrontare il tema del cambiamento climatico nei prossimi 15 anni, almeno. Gli attuali impegni concordati tra i paesi del mondo sul clima scadono nel 2020: è quindi necessario un accordo di più ampio respiro che stabilisca le regole almeno fino al 2030. Con tutte le cautele del caso, visti i precedenti, c’è comunque un discreto ottimismo sulla COP21, perché su alcuni punti il lavoro sarà più che altro di coordinamento tra gli impegni già assunti da paesi e organizzazioni sovranazionali.

L’Unione europea, per esempio, ha già preso l’impegno di ridurre del 40 per cento le sue emissioni rispetto a quelle del 1990, raggiungendo questo obiettivo proprio nel 2030. Cina e Stati Uniti quest’anno si sono messi d’accordo per avviare una riduzione delle loro emissioni: il governo cinese dice che le sue emissioni raggiungeranno il loro massimo entro il 2030, gli Stati Uniti promettono di ridurre le emissioni del 26-28 per cento rispetto ai livelli del 2005, raggiungendo questo obiettivo entro il 2025. Nel complesso, comunque, i paesi responsabili del 90 per cento circa delle emissioni totali hanno già assunto impegni precisi sulle riduzioni delle emissioni nei prossimi anni.

È vero che il riscaldamento climatico si è fermato?
No, è falso. La temperatura media del pianeta continua ad aumentare, ma a un ritmo inferiore rispetto al trentennio finito nel 1998. Gli scettici hanno usato questo dato per screditare gli studi sul cambiamento climatico, ma se si guardano i dati è evidente che le temperature non sono diminuite. Inoltre, negli ultimi due anni l’aumento è stato più consistente ed è ormai certo che il 2015 sarà l’anno più caldo mai registrato nella storia.Schermata 2015-11-23 alle 15.38.45

Rischi
Climatologi e altri ricercatori concordano sul fatto che se si supereranno i 2 °C in più, rispetto alla temperatura media dell’era pre-industriale, gli effetti del riscaldamento globale saranno irreversibili. Agli attuali ritmi, entro la fine del secolo si potrebbe arrivare a 5,4 °C in più rispetto all’era pre-industriale, da qui la necessità di cambiare le cose nei prossimi decenni prima che sia troppo tardi. Il problema è che secondo molte proiezioni il miglior accordo possibile a Parigi porterà al superamento di 2,7 °C, quindi comunque ben oltre il limite irreversibile dei principali modelli. Per questo motivo alla conferenza dovranno essere approvati meccanismi di revisione dell’accordo, in modo che ogni cinque anni le quote delle emissioni possano essere riviste (con limiti più rigidi), in modo da raggiungere l’obiettivo anche in seguito al comportamento del clima.

Perché è cosi complicato?
Fare previsioni accurate sull’andamento del clima è molto difficile, le variabili sono numerosissime e coinvolgono l’andamento delle stagioni ogni singolo anno, la presenza o meno di eventi che si presentano ciclicamente come El Niño, anomalie nella registrazione dei dati e la difficoltà stessa nel gestirli e metterli insieme. Per questo motivo i ricercatori provano a identificare specifici andamenti osservando serie storiche di decine di anni – dove è possibile di secoli – valutando i principali indiziati delle oscillazioni nelle temperature, attività umane comprese. Spesso la confusione tra singoli eventi atmosferici e clima in generale non aiuta l’opinione pubblica ad avere un’idea precisa dell’effettiva importanza del tema, indubbiamente la sfida più grande che l’umanità deve affrontare in questi anni (avete presente quel vostro amico che quando fa molto freddo si chiede “dov’è il riscaldamento globale?” Ecco).

Economia
Molti analisti ritengono che il cambiamento climatico costituisca un’enorme opportunità economica, perché la transizione da economie basate sui combustibili fossili (petrolio, carbone, per citarne un paio) a economie che si basano sulle energie rinnovabili può essere l’occasione per creare milioni di posti di lavoro, nuove opportunità e aprire mercati che finora sono stati marginali. Il problema è che per farlo sono necessari investimenti giganteschi nel breve-medio periodo, che si ripagheranno in un futuro più distante. I paesi in via di sviluppo, inoltre, chiedono da tempo alle economie già affermate di dare loro una mano a convertirsi alla produzione di energia “pulita”, come compensazione visto che hanno potuto beneficiare per molto meno tempo degli altri tipi di energia più economica ma anche più inquinante. A Parigi si parlerà molto anche di questo.

Nel mezzo disastro del vertice di Copenaghen, un punto fu comunque affermato: i paesi ricchi devono aiutare quelli più poveri a organizzare politiche per ridurre le emissioni. I paesi industrializzati concordarono lo stanziamento di 30 miliardi di dollari come prima fonte di assistenza, impegnandosi non formalmente a distribuire in tutto 100 miliardi entro il 2020. I paesi in via di sviluppo a Parigi chiederanno che nel patto siano comprese garanzie su questo impegno, che è comunque stato mantenuto in buona parte già adesso, e chiederanno che politiche simili siano estese anche dopo il 2020, cosa su cui sarà invece più complicato raggiungere un accordo.

Ricapitolando
• A Parigi la settimana prossima 190 paesi del mondo discuteranno un nuovo accordo sul cambiamento climatico alla COP21.
• La conferenza sarà il primo grande evento internazionale in Francia dopo gli attentati di Parigi, ci saranno misure di sicurezza con pochi precedenti.
• La COP21 lavorerà per trovare un nuovo accordo per ridurre le emissioni, in modo da rallentare ulteriormente il riscaldamento globale.
• I paesi in via di sviluppo chiederanno nuove garanzie per ricevere incentivi e finanziamenti per le loro politiche energetiche “pulite”.
• Per la prima volta Stati Uniti e Cina arrivano a una conferenza sul clima con impegni precisi sulle emissioni, e un livello di coinvolgimento superiore al solito.
• Nessuno vuole ripetere l’insuccesso della conferenza di Copenaghen del 2009, la possibilità di un nuovo accordo sul clima è più concreta che mai.