Domenica si vota il ballottaggio in Argentina
Si vota per il nuovo presidente: i candidati sono Daniel Scioli, alleato di Cristina Kirchner, e Mauricio Macri, leader del centrodestra
In Argentina si sta votando al secondo turno delle elezioni presidenziali che si sono tenute lo scorso 24 ottobre. Per la prima volta nella storia del paese, c’è un ballottaggio tra due candidati: Daniel Scioli, governatore dello stato di Buenos Aires e considerato un successore in continuità con la presidente uscente Cristina Kirchner, e Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires e candidato dell’opposizione di centro destra. Al primo turno, Scioli ha preso il 36,7 per cento dei voti, contro il 34,5 per cento di Macri. Gli ultimi sondaggi dicono però che Macri ha recuperato lo svantaggio e ora conduce con 50 punti percentuali contro 45.
La campagna elettorale degli ultimi mesi si è concentrata sopratutto su cosa fare dell’eredità politica ed economica dei coniugi Kirchner, che hanno governato l’Argentina negli ultimi 12 anni: prima di Cristina, che ha esaurito i due mandati da presidente consentiti dalla Costituzione, c’era Nestor Kirchner, suo marito, morto nel 2010. I Kirchner hanno governato l’Argentina all’insegna del “peronismo”, un metodo politico fatto di populismo, nazionalismo e generosi programmi di spesa sociale. Il “peronismo” deriva il suo nome da Juan Perón, presidente dell’Argentina tra gli anni Quaranta e Cinquanta e tuttora una delle figure più importanti della storia politica nazionale.
Macri, il candidato del partito di opposizione Cambiemos, non è un peronista, anche se non ha mai criticato apertamente Juan Perón e la sua epoca. È figlio di uno degli uomini più ricchi del paese e nel 1991 fu rapito per 12 giorni da un gruppo di poliziotti corrotti che chiedevano un riscatto da milioni di dollari. Scioli è stato scelto personalmente da Kirchner che ha partecipato attivamente alla sua campagna elettorale, a volte oscurandone la figura. All’epoca di Nestor Kirchner, prima di divenire governatore di Buenos Aires, Scioli è stato vice presidente del paese. Scioli, candidato con il Frente para la Victoria, ha promesso continuità con le politiche dei suoi predecessori, ma anche un programma di moderate riforme e cambiamenti per cercare di rimediare alla grave situazione economica del paese.
In Argentina l’inflazione è intorno al 30-40 per cento, ma non si sa con esattezza a quanto si attesti perché l’istituto di statistica nazionale è considerato ampiamente inaffidabile. Il governo ha anche un grave deficit di bilancio, riserve di valuta estera sempre più scarse e, a causa del suo passato di default e espropri di stato di imprese internazionali, fatica a finanziarsi sui mercati esteri e ad attirare investimenti internazionali.
Anche se queste situazione dovrebbe favorire Macri, che promette una rottura più netta con il passato rispetto a Scioli, buona parte degli argentini non si fida del suo programma liberale e di centrodestra, un tipo di politica “pro-business” che nel paese ha finito per essere associato al periodo di privatizzazioni e tagli di spesa che culminò con il default del 2001. Oggi la situazione economica non è positiva, ma tutto sommato non così grave come fino a pochi anni fa: questo permette al partito al governo di mantenere molti dei suoi consensi.