I premi letterari in Italia
Come funzionano e perché continuano a proliferare: l'ultimo si chiama Sinbad, si tiene a Bari ed è nato in contrapposizione allo Strega
Aggiornamento del 23 dicembre: i vincitori della prima edizione del Premio Sinbad sono I miei piccoli dispiaceri di Miriam Toews pubblicata da Marcos y Marcos per la narrativa straniera, e Panorama di Tommaso Pincio pubblicato da NNE per la narrativa italiana.
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Il Premio Internazionale Sinbad degli Editori Indipendenti si assegna per la prima volta al Teatro Margherita di Bari venerdì 20 e sabato 21 novembre. La prima sera – oggi – è dedicata alla narrativa straniera. Ha vinto I miei piccoli dispiaceri di Miriam Toews, pubblicata da Marcos y Marcos. Gli altri due finalisti sono Chiederò perdono ai sogni di Sorj Chalandon, pubblicato da Keller; Gli anni di Annie Ernaux, da L’Orma. I cinque giurati che ne hanno discusso sono gli scrittori Concita De Gregorio, Nicola Lagioia, Marco Missiroli e Michela Murgia e Simonetta Bitasi, che si definisce “lettrice”.
Sabato 21 si decide tra i tre italiani in finale: Panorama di Tommaso Pincio pubblicato da NNE, La cena del cuore di Beatrice Masini pubblicato da Rueballu, e La festa è finita di Eugenio Vendemiale, pubblicato da Caratterimobili. I cinque giurati che ne discutono sul palco per stabilire il migliore sono Franco Cordelli e Andrea Cortellessa, critici, Marcello Fois, Michele Mari ed Elisabetta Rasy, scrittori. I due autori vincitori ricevono 4 mila euro ciascuno.
In Italia la quantità di premi letterari è abnorme, letteralmente incalcolabile. La nascita di un premio nuovo, quindi, non è una notizia. Il premio Sinbad, però, è il primo dedicato alle case editrici indipendenti e il primo ad averle messe d’accordo, cosa che non è affatto scontata, ha giurie di autori importanti, e infine nasce come atto polemico nei confronti del maggiore premio letterario italiano, il Premio Strega, l’unico che a detta degli editori garantisca sempre di vendere più copie di un libro, moltiplicandole – calcolano a spanne – di circa 8 volte. A parte lo Strega, però, e alcune edizioni del Campiello, l’impatto dei premi sulle vendite dei libri è in generale minimo, se non nullo.
Nonostante questo i concorsi si moltiplicano, ce ne sono in ogni regione, di ogni tipo, moderni e antichi, onesti e imbroglioni, gratuiti e a pagamento, con giurie di qualità e poi popolari, oppure popolari e poi di qualità, oppure tutte e due insieme. Alcuni hanno nomi bizzarri come Carabinieri in giallo, Lama e trama, Space Prophecies. Ce ne sono molti a cui si partecipa solo pagando. Alcuni sono modi per guadagnare sul desiderio di pubblicare. In ogni caso il primo premio è quasi sempre in denaro. Uno dei più ricchi è il Premio Romanzo della Storia Castello del Terriccio, a cui possono partecipare romanzi ambientati «tra il 1066 – anno della battaglia di Hastings – e il 1815, anno del Congresso di Vienna», e che prevede 20 mila euro per il vincitore. I veterani delle case editrici ricordano ancora il lingotto d’oro messo in palio nel premio Scanno e la delusione dei vincitori nello scoprire che l’oro convertendosi in denaro vale un po’ meno del suo valore calcolato in grammi. Ma in genere si tratta di somme modeste, poche migliaia di euro. Se i soldi sono pochei e le vendite non garantite, la funzione dei premi letterari, e la ragione del loro proliferare, si devono al fatto che i concorsi rimangono un modo per farsi notare e costruire relazioni umane e professionali.
L’idea del Premio Sinbad è di Ginevra Bompiani e Chiara Valerio, rispettivamente editrice ed editor di Nottetempo, deluse per l’esclusione del loro romanzo Ovunque, proteggici di Elisa Ruotolo dalla cinquina del premio Strega 2014. Poi si sono aggiunti altri editori – tra cui Minimum fax, Iperborea, Il Saggiatore, Elliott – e sono stati coinvolti scrittori e critici famosi, oltre a Silvio Maselli, assessore alla cultura di Bari. Il regolamento è pensato per rendere più difficili imbrogli e scambi di voti: c’è un comitato tecnico organizzativo – nella prima edizione composto da Nottetempo, minimum fax, Elliot e Nuova frontiera – che cambia ogni anno e sceglie le giurie che a loro volta cambiano ogni anno. La prima giuria – quella che decide i finalisti – è formata da tre librerie indipendenti, tre biblioteche, tre blog letterari e tre circoli di lettura. La seconda – quella che decreta i vincitori – è composta da critici e scrittori.
In effetti dal 1947 al 2015 il Premio Strega ha fatto vincere unicamente scrittori pubblicati da grandi case editrici (l’albo d’oro del campionato italiano di calcio è più variegato). Il voto dei 400 “amici della domenica” del Premio Strega è anonimo, cosa che permette congetture e sospetti. Quella dello Strega è una giuria popolare sui generis, composta in maggioranza da scrittori, giornalisti, editori, ma anche da persone coinvolte in base alle loro relazioni e poteri. La carica è a vita. La liturgia prevede uno spoglio pubblico due volte all’anno: la prima a Casa Bellonci piena all’inverosimile (l’entrata è libera), decreta la cinquina (quest’anno è il 10 giugno), la seconda a Villa Giulia stabilisce il vincitore (il 2 luglio). Suspence e scene di isteria avvengono regolarmente durante lo spoglio.
Il premio Campiello, fondato nel 1985 dagli Industriali del Veneto, invece, funziona al contrario. I concorrenti devono fare una tournèe di alcuni mesi in molte città del Veneto. C’è una Giuria dei letterati ristretti che decide i candidati e stabilisce la cinquina. Ma a stabilire il vincitore è “La Giuria dei Trecento Lettori”, che sono anonimi, distribuiti in tutta Italia e cambiano ogni anno. Infatti è più imprevedibile: nelle ultime cinque edizioni hanno vinto tre libri Sellerio, editore che non ha mai vinto lo Strega. Altri antichi premi letterari sono il Bagutta di Milano, fondato nel 1927, «premio aristocratico, assegnato d’inverno», mentre gli altri sono d’estate, che ha cariche a vita, il Viareggio Rèpaci che esiste dal 1929, il Mondello di Palermo e il Bancarella, che è gestito dai librai di Pontremoli, ed è più orientato alle vendite che al valore letterario.
Semplificando si può dire che i premi letterari sono di tre tipi: quelli con una giuria larga che seleziona i concorrenti e una giuria ristretta che poi decreta il vincitore come il Sinbad, quelli dove avviene il contrario come il Campiello, cioè è la giuria larga a decretare il vincitore all’interno della rosa stabilita dalla giuria stretta, quelli oligarchici dove c’è solo una giuria ristretta come il Bagutta o il Nonino. Poi c’è lo Strega che ha una giuria larga numericamente, ma che dovrebbe essere qualificata quanto a competenze. Negli ultimi anni aumentano le giurie popolari, ma il risultato è che spesso a vincere sono i libri di autori famosi per motivi diversi dai libri. In quasi tutti i casi, però, la discussione sul valore letterario non conta, o almeno è invisibile o in secondo piano. Il premio Sinbad cerca di provare a discutere di libri nel merito. Prova a ridare un ruolo alla critica. Il modello della giuria sul palco è ispirato a una puntata di un programma della Rai degli anni Sessanta, L’approdo, in cui Aldo Palazzeschi, Vittorio Bo e Antonello Falqui discutevano apertamente, nel merito, di libri. La decisione di rendere pubblica la discussione per decretare i vincitori, e quindi gli sconfitti, assomiglia un po’ anche al format dei talent show, quindi è più moderno e può essere più spettacolare dello spoglio anonimo delle schede. Al di là delle differenze, però, i premi letterari italiani – ed è forse la ragione principale del loro proliferare – hanno una cosa in comune: sono cerimonie per affermare la centralità dei libri e di chi li scrive.