Cosa si dice del disco di Adele
"Brava, eh, per carità...": ma le prime recensioni speravano in un "25" un po' diverso da "21" e "19"
“25”, il terzo disco di Adele – anche questa volta intitolato con il numero dei suoi anni – esce in tutto il mondo venerdì 20 novembre. Ma critici e media e addetti ai lavori lo hanno ricevuto in anticipo mercoledì, tra mille cautele da parte della casa discografica, abbandonate quando infine il disco è cominciato a circolare pirata sui social network (molto tardi, comunque, rispetto agli standard: le cautele hanno funzionato abbastanza).
E quindi da mercoledì sera alla pubblicazione di anticipazioni, brandelli, dettagli, si è sostituita sui siti di news e musica una enorme massa di commenti, analisi, recensioni sul disco. Il Guardian lo ha raccontato proprio a partire da questo:
C’è qualcosa di curiosamente irrilevante nel recensire il terzo disco di Adele. Le incredibili vendite del suo primo singolo, Hello, suggeriscono che un successo mondiale di una dimensione che non vedevamo dall’ultima volta che Adele ha pubblicato un disco sia già cosa fatta. E il pubblico sembra persino meno interessato del solito alle opinioni della critica. È già dato per scontato che 25 sia un capolavoro: la sua qualità non è un tema.
Molti critici e recensori sembrano combattuti tra il rispetto per una cantante che ha mostrato qualità e risultati eccezionali (e capace di nobilitare qualunque composizione pop) e un sentimento che si avvicina alla delusione per la prevedibilità e lo scarso coraggio di questo nuovo disco. Dice NME, la più importante rivista britannica di musica pop:
25 suona come qualcuno che gioca una partita con le ginocchiere e il casco protettivo, tanto è sulla difensiva.
Il quotidiano inglese Independent è d’accordo e ritiene che gran parte del disco sia in “modalità piano B”, come se fosse stato costruito per rassicurare le aspettative esagerate del business musicale rispetto ai suoi risultati: con prudenza e senza prendersi rischi innovativi. Dice ancora il Guardian:
Di certo nessuno che compri il disco tornerà arrabbiato a farsi ridare i soldi dal negozio, sostenendo che non è quello che si aspettava. In gran parte 25 resta fedele alla formula delle più note canzoni del suo predecessore, 21: grandi ballate col piano protagonista, decorate da archi e fiati, che parlano di cuori infranti. Di fatto, molte di loro sembrano raccontare esattamente la stessa pena d’amore che alimentò 21: cinque anni dopo Adele è ancora – metaforicamente – sullo stesso prato davanti a casa dell’ex fidanzato alle tre del mattino, che gli tira le scarpe contro le finestre, in lacrime.
Il quotidiano Daily Telegraph – che forse ha lettori meno esigenti – traduce in positivo la prevedibilità del disco: “nessuno ne resterà deluso” ed “è all’altezza dei suoi predecessori”. E insiste molto sulle eccezionali qualità di canto di Adele, a cui fanno cenni più o meno estesi tutte le recensioni e che sono ritenute da tutti ciò che tiene complessivamente alta la qualità di “25” (persino canzoni giudicate deboli come “Remedy” e “River Lea”).
Anche il New York Times è più indulgente rispetto alle poche novità (il Boston Globe neanche le nota, e definisce il disco “sublime”), e spiega che nel tempo in cui Adele è stata lontana dalle scene pubbliche – maternità compresa – si è cristallizzata un’idea del suo sound, “un riflettore acceso sotto cui lei potesse tornare”. L’impressione è che molti recensori trovino oggi – dopo qualche settimana di ascolti – molto più efficace il singolo “Hello” di quanto fosse stato ritenuto inizialmente: la canzone è la prima del disco ed è citata come uno dei suoi pezzi migliori. Al recensore del New York Times è piaciuta in particolare la penultima canzone “All I ask”, scritta con Bruno Mars (mentre prende in giro l’eccessiva zuccherosità ottimista dell’ultima “Sweetest Devotion”, che al sito di BBC è piaciuta): un po’ per tutti le canzoni migliori sono “Million years ago” e “I miss you”. Al recensore del Post piace “When we were young”, ma ammette di averla già sentita, e forse va bene così.