Le foto delle proteste di Pristina
Un movimento nazionalista manifesta da settimane – anche usando lacrimogeni DENTRO il Parlamento – contro la normalizzazione dei rapporti con la Serbia
Mercoledì 18 novembre a Pristina, in Kosovo, ci sono stati violenti scontri tra la polizia e i sostenitori dell’opposizione, che protestavano per bloccare l’adozione di un accordo in discussione al Parlamento sulla normalizzazione delle relazioni con la Serbia, da cui il Kosovo si è dichiarato indipendente nel 2008. I manifestanti hanno lanciato pietre e bottiglie molotov, incendiato cassonetti e un furgone; la polizia ha risposto sparando gas lacrimogeni e arrestando 13 persone. Quattro agenti sono rimasti feriti.
La protesta era cominciata all’interno del Parlamento quando, per la quarta volta nelle ultime settimane, i deputati del movimento nazionalista Vetëvendosje (Autodeterminazione) avevano bloccato la discussione usando gas lacrimogeni dentro l’aula. Lo scorso 9 ottobre il leader del movimento, Albin Kurti, era stato arrestato. Ieri un altro parlamentare di Vetëvendosje è stato fermato dalla polizia e interrogato. Entrambe le volte, per protesta, i sostenitori dell’opposizione avevano manifestato contro il Parlamento.
L’intento dei deputati di Vetëvendosje è bloccare la decisione del governo di adottare un accordo sulla normalizzazione delle relazioni con la Serbia. In questi anni i due paesi hanno firmato diversi accordi, l’ultimo lo scorso agosto. La proposta discussa in Parlamento – che ha portato alle ultime proteste – ha a che fare con la decisione di creare una rete dei comuni serbo-kosovari che darebbe maggiore autonomia alla minoranza serba.
La situazione tra i due paesi resta molto complicata. Terminata la sanguinosa guerra di Bosnia-Erzegovina, un movimento di albanesi kosovari (UCK) decise di usare la lotta armata per ottenere l’indipendenza dalla Serbia. Molti militanti dello UCK furono autori di violenze anche contro altri kosovari di origine slava e chi aveva deciso di rimanere neutrale. La Serbia di Milosevic rispose con una dura repressione, negando indipendenza e maggiori autonomie alla regione. Le operazioni militari portarono a migliaia di morti – da parte serba si parla di almeno cinquemila mentre per gli albanesi furono più di diecimila – e alla “pulizia etnica” del Kosovo: 200 mila abitazioni furono distrutte e parte della popolazione fu costretta a trovare riparo in Albania (800 mila sfollati).
Nel 1999 la NATO decise di intervenire contro la Serbia per porre fine alle violenze in Kosovo. L’operazione militare portò a molte polemiche tra la comunità internazionale e vide anche l’impegno dell’Italia: l’allora governo D’Alema autorizzò l’utilizzo dello spazio aereo italiano per i raid della NATO sulla Serbia. I negoziati di pace consentirono al Kosovo di ottenere il riconoscimento internazionale di una forte autonomia, ma la Serbia non accettò quella che riteneva fosse un’indipendenza di fatto. Nel 2008 il Kosovo dichiarò infine ufficialmente l’indipendenza, in seguito al fallimento delle trattative tra i governi di Belgrado e Pristina. La Serbia, dal gennaio del 2014, è in fase di negoziazione con l’UE per diventare un paese membro.