Il bosco di Winnie Pooh, nella realtà
Lo ha trovato la storica Kathryn Aalto, che ha anche scritto un saggio sull'importanza di luoghi e paesaggi nelle avventure dell'orso di pezza
di Adrian Higgins – Washington Post
Alan Alexander Milne era già uno scrittore di successo quando decise di scrivere qualche libro per bambini, per e con protagonista suo figlio, Christopher Robin. In pochi oggi conoscono lo spettacolo The Fourth Wall o il romanzo The Red House Mystery, ma generazione di bambini e i loro genitori sono cresciuti nel caldo e sicuro abbraccio di un orso di pezza chiamato Winnie Pooh.
Sul perché questo personaggio e la sua allegra compagnia esistano da quasi un secolo è ancora una questione aperta – i recenti cartoni animati e oggetti di merchandising che gli ha dedicato la Disney sono senza dubbio una delle ragioni – ma la formula magica del successo era lì dall’inizio. La prima raccolta di storie di Milne, intitolata Winnie-the-Pooh, fu pubblicata nel 1926; la seconda The House at Pooh Corner, fu pubblicata due anni dopo. Il suo illustratore era Ernest Howard Shepard. Da allora sono state vendute milioni di copie in almeno 50 lingue diverse.
Christopher Robin Milne gioca con il suo orso di pezza in un albero a Cotchford Farm.
(Brian Sibley/Timber Press)
Kathryn Aalto, storica e designer di giardini, leggeva sempre le storie di Winnie Pooh ai suoi figli quand’erano piccoli, e non riusciva a non pensare che quei racconti fossero “uguali agli episodi di Seinfeld – una delle serie tv più famose e divertenti di sempre, scritta da Jerry Seinfeld e Larry David, ndr – La maggior parte non raccontano niente». Ma un bambino di cinque anni riesce comunque a capire che Pooh è così chiaramente stupido, che lui o lei devono essere più intelligenti. Questa potrebbe essere la genialità di Milne o almeno una parte di essa, ma il fascino delle sue storie è che sono ambientate in un mondo assurdo ma autentico, non solo per i personaggi e i loro rapporti, ma soprattutto per i paesaggi fantastici che danno corpo alle loro avventure.
Aalto si mise a cercare le origini del Bosco dei Cento Acri, quello in cui si svolgono le avventure di Winnie Pooh: scoprì che è una sintesi tra i ricordi d’infanzia di Milne, quelli di suo figlio di quando aveva tra i quattro e gli otto anni, e la topografia del loro terreno idilliaco nel sud dell’Inghilterra. Questo mondo ideale si rispecchiava in tre particolari luoghi fisici: la casa di campagna di Milne e il giardino nello stile del XVI secolo; una brughiera di 24 chilometri quadrati, chiamata Ashdown Forest; e il vicino bosco privato, chiamato il Five Hundred Acre Wood, il Bosco da cinquecento acri.
Il ponte di Winnieh Pooh ricostruito nella realtà tra la casa dei Milne e la foresta di Ashdown.
(Kathryn Aalto/Timber Press)
Per scrivere il libro The Natural World of Winnie-the-Pooh, appena pubblicato da Timber Press, Aalto ha studiato questi posti per un anno. Se si esamina la vita e i lavori di Milne all’inizio degli anni Venti, come ha fatto Aalto, è facile capire come sia nato Winnie Pooh. Christopher Robin aveva ricevuto animali di pezza con cui giocava spesso insieme a sua madre, Daphne Milne. C’erano un orso, un asino, un maialino e una tigre, da cui presero forma l’orso imbranato, il melanconico Ih-Oh, Pimpi, coraggioso e timoroso a momenti alterni, e il vivace Tigro.
Quando la famiglia si trasferì a Londra, Milne disegnò il paesaggio della fattoria Cotchford. Un vecchio albero di sicomoro ispirò la casa del Christopher Robin immaginario e un grande albero di noce diventò quella di Winnie Pooh. Durante le piogge più forti, il torrente vicino alla fattoria allagava il prato: è lo spunto per il racconto in cui Pimpi viene intrappolato da una piena e salvato da Christopher grazie a ombrello utilizzato come fosse una barca. Un ponte sospeso sullo stesso torrente è alla base del gioco dei bastoni in cui Pooh e Pimpi lanciano ramoscelli nell’acqua e guardano quale emerge per primo. Per la casa del Gufo, Milne prese spunto da un faggio centenario del Bosco dei cinquecento acri. Nella reatà il Posto incantato nel bosco di Winnie corrisponde a un gruppo di pini silvestri.
Non serve un dottorato in psicologia infantile per capire perché le storie di Pooh funzionino nella testa dei bambini. Aalto scrive che tutti questi luoghi immaginari – differenti ma collegati tra di loro – ricordano ai bambini luoghi reali in cui possono rifugiarsi, “i loro posti segreti, vicini agli occhi dei propri genitori, ma abbastanza lontani per non essere scoperti”.
In un periodo di adulti insicuri, attività programmate, e distrazioni digitali, esperienze del genere, semplici ma importanti, sono più rare di prima. Aalto spiega che “I luoghi veri e immaginari del Bosco dei cento acri sono tenere pietre angolari di un’infanzia felice”. “I libri di Milne ci ricordano che vagare senza meta e non fare niente sono in realtà un fare qualcosa importante per i più piccoli”. Per quanto importanti rimangano le storie di Pooh, insegnano qualcosa con un valore più alto: l’importanza dei paesaggi per i bambini, i luoghi in cui ritornano, i luoghi che conoscono, i luoghi dove mettono in scena le loro storie e quelli che si imprimono per sempre nella loro mente.
Tutti pensiamo che sia fondamentale che un bambino di cinque anni impari a leggere, ma probabilmente è altrettanto importante imparare a guardare un panorama. Come spiega Aalto in un’intervista, “c’è una parte della memoria, delle emozioni e della storia che si svolge in una zona invisibile, come una patina immaginaria su un paesaggio reale”. Il mondo di oggi è così connesso che è diventato molto più piccolo di com’era un tempo, e questo viene considerato un progresso. È possibile che i Christopher Robin di oggi vivano fino alla fine del secolo, e noi possiamo solo immaginare quanto il mondo continuerà a rimpicciolirsi durante le loro vite. Ogni bambino dovrebbe avere un vero Bosco dei cento acri, dove giocare e dove il mondo possa tornare di nuovo grande.
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