Il 2015 sarà l’anno più caldo mai registrato
Lo dicono sempre più analisi e dati, e le conseguenze le stiamo già vedendo
di Eric Holthaus – Slate
Negli ultimi giorni una nuova serie di dati sul clima ha delineato una prospettiva scioccante, per quanto ormai familiare: gli esseri umani hanno profondamente alterato i sistemi con cui il pianeta garantisce agli esseri viventi condizioni accettabili, e il 2015 sarà sempre più probabilmente una specie di punto esclamativo, anche rispetto alle tendenze più recenti.
Lunedì gli scienziati del servizio meteorologico britannico, il Met Office, hanno detto che alla fine dell’anno il nostro pianeta sarà stato in media un grado più caldo delle temperature dell’era precedente alla Rivoluzione industriale. È la prima volta che accade. Quel dato vuol dire che siamo a metà strada nel solcare una linea ben precisa: la soglia che secondo gli scienziati porta verso cambiamenti climatici “pericolosi” e che i leader mondiali si sono più volte impegnati a evitare. Una soglia infausta.
L’ondata di caldo globale di quest’anno – due decimi di grado in più del 2014, che è tantissimo se si conta che è una media su tutto il pianeta – può essere attribuita in primo luogo a un eccezionale fenomeno atmosferico, il cosiddetto El Niño, ma non esisterebbe se non avessimo alle spalle decenni di combustioni fossili ed emissioni inquinanti. Altri dati – diffusi lunedì dall’agenzia americana che si occupa degli oceani e dell’atmosfera – mostra che l’attuale El Niño, una corrente calda che attraversa periodicamente la zona tropicale dell’Oceano pacifico, ha raggiunto l’intensità di quello del 1997.
«Ci sono stati eventi naturali simili in passato, ma nel 2015 siamo vicini per la prima volta a raggiungere un aumento di un grado centigrado: è evidente che le attività dell’uomo stanno portando il clima verso una nuova e inedita direzione», ha detto Stephen Belcher, direttore del Met Office. I loro dati sono stati rapidamente confermati su Twitter da Gavin Schmidt, il capo del centro di ricerca della NASA sulle temperature globali. Schmidt ha usato una metodologia leggermente diversa ma è arrivato a simili conclusioni.
Following @metoffice, GISTEMP 2015 anomaly is predicted to also be above 1ºC wrt pre-industrial for 1st time: pic.twitter.com/tyf5ug5kFB
— Gavin Schmidt (@ClimateOfGavin) November 9, 2015
Se questo non fosse abbastanza, l’organizzazione dell’ONU che si occupa del clima ha confermato sempre lunedì che nel 2014 è stato raggiunto un livello record della concentrazione di anidride carbonica presente nell’aria – ed è un record che viene battuto ogni anno da trent’anni consecutivi. Più anidride carbonica c’è nell’atmosfera, più il pianeta tiene “imprigionato” il calore del sole, più crescono le temperature. Dal momento che le nostre emissioni di anidride carbonica hanno una vita di circa un secolo, nel breve termine non possiamo fare niente: anche se smettessimo in questo momento di emettere anidride carbonica nell’atmosfera, le temperature continuerebbero a crescere per decenni.
Questo non vuol dire solo che il 2015 sarà l’anno più caldo degli ultimi millenni – probabilmente almeno il più caldo dall’invenzione dell’agricoltura, più di 10.000 anni fa – ma che ci aspettano altri anni ancora più caldi, qualsiasi cosa facciamo.
Tutto questo caldo sta già cambiando il pianeta. Per esempio, la settimana scorsa sono stati diffusi dei dati che mostrano come il sistema di correnti dell’Oceano Atlantico stia rallentando. Negli ultimi anni è stata notata una zona di oceano particolarmente fredda a sud della Groenlandia, nell’Atlantico del nord. Circolano varie teorie sulle ragioni di questo fenomeno, che in qualche modo ha a che fare col rallentamento della corrente dell’Atlantico meridionale, un pezzo di quel sistema di correnti che mette in equilibrio le temperature dell’acqua e dell’atmosfera rinfrescando i Tropici e scaldando lievemente le regioni polari.
Uno non si aspetterebbe che da qualche parte le temperature stiano diventando sempre più basse, visto che quelle globali sono sempre più alte, ma è esattamente quello che sta succedendo.
Questa corrente – AMOC, in inglese: Atlantic Meridional Overturning Circulation – è così importante che il suo rallentamento è stato collegato ad altri recenti casi estremi di cambiamento climatico, come il calo di tre gradi in meno di vent’anni avvenuto nell’emisfero settentrionale della Terra circa 8.000 anni fa. All’inizio di quest’anno un importante studio ha fornito ulteriori prove sul fatto che il ghiaccio che si scioglie in Groenlandia ha iniziato a rallentare le correnti oceaniche, con profonde conseguenze: nel 2009 la costa est degli Stati Uniti ha visto a un certo punto il livello dell’acqua crescere repentinamente – e temporaneamente – di 10 centimetri. Altre conseguenze le stiamo già vedendo: tempeste invernali più forti e un’interruzione della catena alimentare marina nell’Oceano.
Secondo una nuova analisi discussa la settimana scorsa, gli scienziati hanno usato i dati raccolti da due satelliti della NASA per monitorare i cambiamenti legati al clima nel nord dell’Atlantico: per la prima volta, insomma, le correnti oceaniche sono state analizzate dallo Spazio. Negli ultimi dieci anni i satelliti hanno fatto misurazioni molto precise sulle caratteristiche dell’Oceano dalla Florida all’Islanda, e questi dati hanno corroborato le misurazioni di una rete di boe oceaniche. Grazie a questi dati, gli scienziati hanno riscontrato che le correnti oceaniche stanno effettivamente rallentando: un fenomeno che è un potenziale punto di svolta e che gli esperti attendevano accadesse a un certo punto del Ventunesimo secolo. Un altro dato in più che mostra quanto rapidamente sta cambiando il pianeta.
Nonostante tutto, e nonostante i dati siano così inequivoci, c’è ancora qualche speranza che si possa invertire la rotta su questo fronte. Alla fine di questo mese i leader mondiali si incontreranno a Parigi e ci si aspetta che raggiungano il primo vero accordo globale per limitare le emissioni future in modo significativo – possibilmente abbastanza significativo da scongiurare gli scenari peggiori che abbiamo davanti.