Tre cose di scienza di cui si parlerà molto nel 2016
Ci aiuteranno a capire meglio come funziona l'universo, a curare le malattie intervenendo sui geni e a capire come siamo diventati quello che siamo
di Dominic Basulto - The Washington Post
Chi l’ha detto che gli scienziati non possono essere celebrità famose in tutto il mondo? Domenica scorsa circa 22 milioni di dollari sono stati consegnati ai migliori ricercatori in fisica, scienze della vita e matematica durante la cerimonia dei Breakthrough Prizes. Questi premi da 3 milioni di dollari, il doppio rispetto ai premi Nobel, sono i più ricchi al mondo consegnati agli scienziati.
L’obiettivo dei Breakthrough Prize – organizzati per la prima volta tre anni fa da alcuni magnati del settore tecnologico (compresi Mark Zuckerberg di Facebook, Sergey Brin di Google e Jack Ma di Alibaba) – è portare all’attenzione dell’opinione pubblica il lavoro realizzato in vari ambiti scientifici. A giudicare dalle celebrità come Seth MacFarlane, Russel Crowe, Pharrell Williams e Hilary Swang, che hanno presenziato alla cerimonia presso il NASA Ames Research Center nella Silicon Valley, gli scienziati iniziano ad attrarre molte attenzioni per i loro lavori pionieristici. Queste sono le tre idee di cui sentiremo parlare di più nel 2016 e che porteranno a notevoli passi avanti (in inglese “breakthrough”).
1. I neutrini sono la chiave per capire l’universo
Il Breakthrough Prize per la fisica è stato assegnato a un gruppo di sette ricercatori, che ne hanno guidati altri 1370, per studiare le oscillazioni dei neutrini in cinque diversi laboratori sparsi per il mondo. Due di questi ricercatori – Arthur B. McDonald della Queen’s University in Canada e Takaaki Kajita dell’Università di Tokyo in Giappone – hanno già vinto proprio quest’anno il premio Nobel per la fisica per la loro scoperta sulla capacità dei neutrini di oscillare attraverso diversi “sapori”. Questa capacità ha fatto ipotizzare ai ricercatori che i neutrini debbano avere una massa, per quanto minuscola: decine di milioni di volte più piccola di quelle dei protoni (qui una spiegazione più articolata).
Non è una cosa da poco, perché mette in discussione parte del cosiddetto “modello standard” della fisica, secondo il quale i neutrini non hanno massa. Anche se i neutrini sono tra le particelle più abbondanti nell’universo, sono anche le più misteriose: viaggiano quasi alla velocità della luce, ma non interagiscono con il resto della massa in modi osservabili. I ricercatori possono studiarli solo intrappolandoli in caverne sotterranee con enormi vasche d’acqua. I ricercatori ritengono comunque che questi neutrini in grado di cambiare caratteristiche siano la chiave per capire l’universo conosciuto: tutto, dalla materia oscura alle supernove.
2. Capendo il genoma umano si potranno trovare nuove cure per le malattie
Uno dei Breakthrough Prize per le “Scienze della vita” è stato assegnato ai ricercatori che studiano specifici geni, per capire come causino alcune malattie. John Hardy, dello University College London (Regno Unito), lo ha vinto per avere scoperto alcune mutazioni nel gene della proteina precorritrice della beta-amiloide (APP), che causa i principi dell’Alzheimer. Helen Hobbs, dello University of Texas Southwestern Medical Center and Howard Medical Institute, ha vinto per la scoperta di alcune varianti genetiche che alterano i livelli e la distribuzione del colesterolo e di altri grassi, suggerendo nuovi approcci per prevenire malattie cardiovascolari e al fegato.
Essere in grado di identificare la genetica alla base delle malattie è una delle idee più entusiasmanti della medicina. Grazie alle nuove tecnologie per le modifiche genetiche, alle conoscenze di come funzionano specifici geni e una conoscenza più ampia del genoma umano, è possibile immaginare un futuro in cui certi geni potranno essere cambiati per prevenire le malattie. Se un certo gene è responsabile dell’aumento del colesterolo nell’organismo umano, per esempio, potrebbe essere possibile cambiarlo, in modo che non diventi la causa di particolari malattie.
3. Studiare il DNA antico può aiutare a spiegare le origini degli esseri umani
Il modo tradizionale per scoprire informazioni sulle specie estinte è eseguire scavi e recuperare fossili, nel caso dei primi esseri umani, esaminando anche i loro utensili in pietra che potrebbero essere rimasti intatti. E se invece si potesse scoprire qualcosa di loro studiandone il DNA? Svante Pääbo del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology ha vinto il premio per i suoi studi pionieristici nella mappatura del DNA antico, dedicato allo studio delle origini degli umani moderni, il loro rapporto di parentela con gli antenati come i Neanderthal e l’evoluzione di tratti specifici della popolazione umana.
Pääbo ha studiato il DNA degli antichi Neanderthal di 40mila anni fa e sta lavorando alla mappatura del loro intero genoma. Confrontando il genoma dei Neanderthal con quello dell’uomo moderno, potrebbe essere possibile scoprire gli specifici cambiamenti genetici che portarono ai primi esseri umani per come li intendiamo oggi. Ci sono altri ambiti in cui queste tecniche possono essere usate e che potrebbero avere implicazioni interessanti. I ricercatori potrebbero, per esempio, iniziare a studiare il DNA antico di un mammut o di altre specie estinte. In questo modo potrebbe essere possibile riportare alla vita una specie ormai estinta.
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La tecnologia sta chiaramente cambiando il nostro modo di capire il mondo sia su grande scala (l’universo) sia su una scala infinitesimale (la dimensione dei geni e dei neutrini). Più ne sappiamo, però, più la vita e il nostro posto nell’universo ci appaiono misteriosi. Per questo motivo questi premi sono così importanti. Yuri Milner, tra i cofondatori dell’iniziativa, ha detto: “I premiati con il Breakthrough Prize stanno effettuando scoperte fondamentali sull’universo, sulla vita e sulla mente umana: questi campi d’indagine stanno avanzando a un ritmo esponenziale, ma alle domande più importanti mancano ancora le risposte”.
© The Washington Post 2015