I calciatori americani più giovani non potranno colpire la palla di testa
Lo ha deciso la federazione calcistica per i minori di 13 anni, allo scopo di limitare le commozioni cerebrali e rassicurare i genitori
La federazione calcistica statunitense (USSF) ha presentato delle nuove misure di sicurezza che saranno aggiunte al suo regolamento e serviranno a limitare i danni causati ai giocatori dai colpi di testa dati al pallone. Le nuove regole saranno valide per i ragazzi fino ai 13 anni e sono anche la conseguenza di una class action iniziata ad agosto di un anno fa da un gruppo di genitori americani preoccupati per la pericolosità dei colpi di testa durante gli allenamenti e le partite dei loro figli. La USSF vieterà i colpi di testa, sia nelle partite che negli allenamenti, per i ragazzi fino ai 10 anni e ne limiterà l’uso per quelli dagli 11 ai 13 anni di età.
Le misure saranno valide per tutte le leghe giovanili organizzate dalla USSF e per quelle della Major League Soccer, il principale campionato nordamericano di calcio. A tutte le altre leghe non affiliate né alla USSF né alla MLS sarà raccomandato di fare lo stesso. Alcune leghe giovanili tuttavia hanno già vietato i colpi di testa per i ragazzi con meno di 10 anni. L’avvocato che ha sostenuto la class action ha dichiarato in un comunicato che con la decisione della USSF è stato raggiunto l’obiettivo fondamentale dell’azione legale, e che quindi non ci sono altri motivi per continuarla.
Secondo un recente studio la quantità di commozioni cerebrali rimediate dalle giocatrici di calcio è la seconda più alta rilevata fra altri nove sport, mentre quella dei calciatori è al quinto posto. Lo studio sostiene inoltre che più dei semplici colpi di testa dati al pallone, a causare un così alto numero di commozioni cerebrali sono gli scontri fra due o più giocatori e gli urti sul terreno di gioco provocati dai tentativi di colpi di testa. Le nuove regole introdotte dalla U.S. Soccer diminuiranno probabilmente il numero di infortuni e commozioni cerebrali fra i ragazzi ma, come sostiene il sito Screamer, rischiano anche di limitare lo sviluppo calcistico nelle categorie giovanili, in un paese che sta cercando da anni di favorire la crescita del calcio e dei suoi settori giovanili.
Alcune settimane fa, uno studio di un’università statunitense ha mostrato che i calciatori di qualsiasi categoria che colpiscono regolarmente il pallone con la testa possono sviluppare negli anni seri danni cerebrali. Negli Stati Uniti la questione legata ai danni cerebrali causati da alcuni sport è diventata sempre più discussa negli ultimi anni. Lo sport che in tal senso ha avuto più problemi finora è il football americano. Molti giocatori di football, infatti, soffrono di ricadute neurologiche dovute alle frequenti commozioni cerebrali frutto di scontri e placcaggi. Nel 2000 uno studio dell’accademia americana di neurologia presentò una ricerca condotta su 1.094 ex giocatori professionisti. La ricerca sosteneva che circa il 61 per cento di loro aveva avuto almeno una commozione cerebrale nel corso della propria carriera, e inoltre che “il 49 per cento ha sperimentato perdita della sensibilità e formicolii; il 28 per cento artriti al collo o al nervo cervicale; il 31 per cento ha problemi di memoria; il 16 per cento non è in grado di vestirsi autonomamente; l’11 per cento non è in grado di nutrirsi autonomamente”.
Negli ultimi tempi la NFL – la lega che organizza il campionato di football americano – ha appeso poster negli spogliatoi per sensibilizzare i giocatori contro i rischi delle commozioni cerebrali, e ha ipotizzato l’introduzione di multe e penalità per i giocatori che mirano volontariamente alla testa degli avversari durante gli scontri fra le linee.