È complicato governare una città dopo l’ISIS
Tal Abyad è stata riconquistata dai curdi siriani dopo mesi di governo dello Stato Islamico, che ha lasciato dietro di sé strumenti di tortura e una comunità molto divisa
di Liz Sly - Washington Post
Quando i miliziani dello Stato Islamico (o ISIS) hanno lasciato a giugno Tal Abyad, una città nel nord della Siria riconquistata dai curdi siriani, hanno portato via i generatori di elettricità, le pompe d’acqua, le apparecchiature ospedaliere e praticamente tutte le altre cose che avevano usato per governare e gestire la città. Hanno lasciato indietro i loro graffiti, gli strumenti di tortura, il blocco di legno usato nelle decapitazioni dei condannati, la gabbia nella quale punivano i fumatori e anche una comunità divisa dai sospetti e dalla mancanza di fiducia reciproca.
Una gabbia a Tal Abyad, in Siria, nella quale i miliziani dell’ISIS tenevano temporaneamente le persone scoperte a fumare. (Alice Martins – The Washington Post)
Oggi a Tal Abyad ci sono molta tensione e molti problemi. I nuovi governatori curdi stanno cercando di imporre il loro controllo sopra una città che – almeno fino a tempi recenti – aveva una popolazione a maggioranza araba di cui facevano parte anche persone non del tutto contrarie a essere governate dall’ISIS. Sardis Kaorkian, un uomo di 60 anni e uno dei pochi cristiani rimasti in città, ha raccontato di essersi sentito profondamente sollevato dopo che i miliziani dell’ISIS hanno lasciato Tal Abyad. Di loro ha detto: «Finché non dai loro fastidio, loro non daranno fastidio a te». Kaorkian ha raccontato che beveva alcol e fumava anche durante i 17 mesi di governo dell’ISIS, ma che non gli è successo niente anche perché pagava una tassa di 100 dollari obbligatoria per i residenti cristiani (la jizya, da pagare due volte all’anno).
Durante quei mesi l’ISIS ha raccolto molte simpatie tra gli arabi di Tal Abyad, hanno raccontato i residenti. Oggi in città c’è molta paura e per esempio molti negozi vengono chiusi la sera. La recente uccisione di un imam locale fuori dalla sua moschea ha aumentato la preoccupazione degli abitanti. Gli attentati suicidi che avvengono occasionalmente in città contribuiscono a mantenere Tal Abyad in una situazione di grande tensione; i recenti attacchi della Turchia in queste zone hanno messo in evidenza il tipo di complicazioni che possono emergere quando la coalizione guidata dagli Stati Uniti libera i territori governati dall’ISIS in Iraq e in Siria: mentre gli americani non hanno grossi problemi a lasciare in gestione ai curdi un territorio liberato, non si può dire lo stesso della Turchia, che da decenni combatte contro i curdi. La Turchia in particolare accusa i curdi siriani dell’Unità di Protezione Popolare (YPG la sigla in turco, gli attuali governatori di Tal Abyad) di avere legami con il movimento separatista curdo in Turchia, il PKK, considerato un’organizzazione terroristica dal governo turco e da quello americano.
Gli Stati Uniti si stanno preparando a impiegare 50 uomini delle forze speciali nei pressi di Raqqa, città considerata la capitale dell’ISIS e che si trova un centinaio di chilometri più a sud di Tal Abyad. In vista dell’inizio delle operazioni dei soldati americani, Tal Abyad ha cominciato a essere vista come una specie di test per la nuova strategia dell’amministrazione statunitense in Siria, che include anche fare molto più affidamento di prima sull’YPG per quanto riguarda il governo delle aree arabe liberate. Posizionata sul confine siriano con la Turchia, Tal Abyad è tra le conquiste più significative da un punto di vista strategico ottenute con il sostegno della campagna aerea militare statunitense contro i miliziani dell’ISIS, cominciata più di un anno fa. La città era usata dall’ISIS come porta d’accesso principale al mondo esterno, il punto di transito per i cosiddetti “foreign fighters” – i combattenti stranieri che si uniscono all’ISIS – e per moltissimi beni, dalla Nutella ai fertilizzanti necessari per fabbricare gli esplosivi.
Il passaggio di confine tra Turchia e Siria a Tal Abyad, una volta uno dei più trafficati tra i due paesi, è rimasto chiuso per mesi, ostacolando il passaggio di cibo e aiuti umanitari e rallentando ulteriormente la ricostruzione di Tal Abyad. È in questo scenario che i curdi dell’YPG hanno praticamente assorbito Tal Abyad nell’autoproclamata regione autonoma del Kurdistan, che ora si estende per più di 480 chilometri dal confine iracheno, a est, fino alle rive del fiume Eufrate, a ovest. I curdi hanno dato un nuovo nome a Tal Abyad – Gire Spi, un nome curdo – e hanno proclamato la nuova identità della città usando cartelli scritti con l’alfabeto latino, conosciuta dai curdi turchi ma non dai curdi siriani o dagli arabi. Hanno anche staccato formalmente Tal Abyad dalla provincia siriana di Raqqa e l’hanno inserita nella loro nuova enclave autonoma che include aree tradizionalmente abitate da curdi ma che sconfinano anche in territori storicamente arabi.
Le ultime decisioni dei curdi sono state condannate dalla Turchia e anche dall’opposizione siriana in esilio, e hanno fatto riemergere le antiche dispute che riguardano il fatto se Tal Abyad debba essere considerato territorio arabo o curdo. Nonostante molti documenti indichino che prima della guerra la maggioranza della popolazione di Tal Abyad fosse araba, i curdi sostengono che non è così, e dicono che la maggior parte dei residenti locali erano curdi. I curdi stanno facendo degli sforzi per includere nella società la popolazione araba. Centinaia di arabi sono stati arrestati, ma poi sono stati liberati una volta che hanno dichiarato in televisione la loro fedeltà all’YPG, ha detto Ocala Iso, vice ministro della Difesa curdo dell’area. L’YPG sostiene che circa il 30 per cento dei suoi combattenti siano arabi e dice di avere fatto un’alleanza in quell’area con le unità locali dell’Esercito Libero Siriano, uno dei gruppi arabi che combatte il regime di Assad e l’ISIS e che viene considerato tra i più moderati nell’ampio schieramento dei ribelli siriani.
Alcuni bambini giocano simulando le decapitazioni dell’ISIS in una casa a Akcakale, in Turchia, dove questa famiglia si è fermata dopo avere lasciato la sua casa a Tal Abyad, in Siria. (Alice Martins – The Washington Post)
A Tal Abyad la situazione è comunque ancora precaria. Questo mese è stato ucciso fuori dalla sua moschea, nel centro città, Ammar Darwish, un imam moderato. Le autorità hanno detto che l’assassino è un residente arabo di uno dei paesini vicino a Tal Abyad. L’imam è stato ucciso dopo che aveva fatto un appello alla televisione curda a favore della riconciliazione tra arabi e curdi, ha detto suo fratello Khaled, che ha aggiunto: «ci sono cellule segrete dovunque. Nessuno è al sicuro dallo Stato Islamico».
Nel frattempo molte delle decine di migliaia di residenti arabi che hanno lasciato Tal Abyad durante gli scontri non sono ancora tornati per paura di ritorsioni da parte dell’ YPG. L’YPG ha negato le accuse di Amnesty International secondo cui avrebbe costretto gli arabi di Tal Abyad a lasciare le loro case per poi distruggerle. Ma i funzionari dell’YPG non hanno negato di avere compiuto degli arresti mirati tra chi si sospetta abbia cooperato con lo Stato Islamico. Un uomo che è scappato da Tal Abyad ed è stato intervistato in Turchia ha detto che in effetti molte persone hanno cooperato con l’ISIS: «Eravamo felici» sotto lo Stato Islamico, che aveva ripristinato il diritto e l’ordine dopo il governo caotico dei ribelli siriani. «Non potremmo stare sotto il governo dei curdi, perché loro hanno bruciato le nostre case e fatto cose brutte. Aspetteremo finché non sarà liberata di nuovo, e poi ritorneremo».
Mansour Salloum, il presidente che governa a Tal Abyad, ha detto che oggi in città e nella sua periferia vivono circa 40mila persone, rispetto a una popolazione prima della guerra di 75mila. La città – nonostante stia piano piano ritornando alla vita – ha ancora diversi edifici vuoti, molti negozi sono permanentemente chiusi e i loro proprietari se ne sono andati. L’iconografia tipica dello Stato Islamico – con i colori bianchi e neri – è rimasta, come sono rimasti i checkpoint abbandonati alle entrate della città, i graffiti sui muri nella piazza centrale dove venivano compiute le esecuzioni e le prove della presenza dei miliziani non lontano dalla città.
Un cristiano armeno in una chiesa che dice sia stata usata come prigione durante il governo dell’ISIS a Tal Abyad. (Alice Martins – The Washington Post)
Tra le persone che sono tornate a Tal Abyad dopo la liberazione da parte dei curdi ci sono 15 famiglie di cristiani, su una comunità che una volta ne contava 250. L’ISIS ha trasformato la chiesa della città in una prigione dove i detenuti venivano torturati e dove erano tenuti dei corsi militari dai foreign fighters, ha raccontato Kaorkian. Un cappio è rimasto appeso accanto al blocco di legno usato per la decapitazione dei condannati. La fontana del cortile, che ora è completamente vuota, era usata per una forma di tortura simile al waterboarding. Nelle stanze utilizzate per tenere i corsi ci sono ancora gli insegnamenti scritti alla lavagna, come quelli che spiegano come abbattere un elicottero o fabbricare una bomba.
© Washington Post 2015