Cinque cose sulle elezioni in Myanmar
Si è votato oggi per eleggere il Parlamento, la premio Nobel Aung San Suu Kyi si è candidata contro il partito appoggiato dai militari
Oggi, domenica 8 novembre, in Myanmar si è votato per rinnovare il Parlamento nazionale. Molti osservatori hanno definito le elezioni di oggi tra le più importanti mai tenute nel paese (“storiche”, le ha definite BBC), perché sono state le prime dal 2011, anno in cui la dittatura militare, che in Myanmar è rimasta al potere per cinquant’anni, fu sostituita da un governo misto-civile e militare. I principali partiti candidati alle elezioni erano due: quello guidato dall’ex dissidente e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, e quello guidato dal presidente uscente e leader del partito appoggiato dai militari Thein Sein. Diversi osservatori hanno scritto che le elezioni si sono svolte in un clima insolito, definito dall’esercito “democrazia disciplinata”. I risultati sono previsti per domani.
1. Che cosa si vota?
Si è votato per eleggere i membri dello Hluttaw – il parlamento del Myanmar diviso in una camera alta con 224 membri e in una camera bassa con 440 membri – con un sistema maggioritario “first-past-the-post”, dove in ogni singolo collegio viene eletto chi ottiene la maggioranza dei voti. È una situazione che rende molto probabile la formazione di ampie maggioranze. Ad esempio nelle elezioni del 1990 – annullate poi dai militari – la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito di Suu Kyi, ottenne poco più del 50 per cento dei voti e più dell’80 per cento dei seggi.
2. Quali sono i principali partiti?
Il partito dato per favorito è la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), mentre dovrebbe ottenere un risultato significativamente inferiore il partito appoggiato dai militari, il Partito dell’Unione per la Solidarietà e lo Sviluppo (USDP). C’è poi un terzo partito che potrebbe ottenere un buon risultato: Ma Ba Tha, un partito di nazionalisti buddisti appoggiato dal clero locale. Ma Ba Tha ha portato avanti un’aggressiva campagna elettorale, sostenendo che le radici buddiste del paese sono in pericolo a causa dell’espansione dell’Islam e accusando l’NLD di essere un partito di musulmani.
3. Saranno elezioni democratiche?
Almeno in parte sembra di sì. La campagna elettorale è stata influenzata da polizia e militari che hanno spesso ostacolato i candidati dell’opposizione, limitandone gli spostamenti o bloccandone i comizi. Anche le liste elettorali sono state manipolate: molte persone non hanno ritrovato il loro nome tra gli elenchi dei votanti mentre erano presenti nomi di persone morte. Migliaia di voti sono stati comprati ed è probabile che in diversi seggi ci saranno brogli di vario tipo. Diverse minoranze etniche, come i Rohingya, non sono considerati cittadini e quindi non hanno diritto di voto. Infine, per legge, il 25 per cento dei seggi in parlamento è riservato a membri non eletti scelti dall’esercito che possono mettere il veto su eventuali riforme della Costituzione.
Nonostante tutte queste limitazioni, le elezioni di oggi non sono state elezioni-spettacolo come quelle in Bielorussia o in Kazakistan. I candidati dell’opposizione sono figure forti e conosciute e il loro partito ha ottenuto risultati eccezionali alle ultime elezioni, quelle annullate del 1990 e quelle per il rinnovo parziale del parlamento del 2012. Anche se in Myanmar non si fanno sondaggi affidabili, tutto lascia pensare che il partito di Suu Kyi, l’NLP, otterrà una vittoria significativa. Il problema è che Suu Kyi non può diventare presidente perché glielo impedisce una norma della Costituzione.
4. Quindi chi potrebbe vincere?
Senza sondaggi e con elezioni così lontane nel tempo – come quelle del 1990 – o limitate geograficamente – come quelle del 2012 che riguardarono solo alcune regioni del paese – è difficile fare previsioni accurate. Quasi metà dei seggi sarà aggiudicata nelle regioni del Myanmar dove vivono i Bamar, la principale etnia del paese. Qui si prevede una significativa vittoria del NLP, a meno di risultati sorprendenti da parte dei nazionalisti buddisti. Visto che però i militari controlleranno per legge almeno un quarto dei seggi, il partito di Suu Kyi ha bisogno di una vittoria significativa per poter governare con tranquillità.
La maggioranza si deciderà probabilmente negli stati dove vivono gli altri gruppi etnici, che eleggono circa il 30 per cento dei parlamentari: in queste zone i partiti a base etnica – ce ne sono almeno una decina – otterranno la maggior parte dei voti, ma, come ha raccontato BBC, la vittoria in pochi seggi potrebbe bastare al NLP per ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento.
5. Cosa succederà il giorno dopo?
Una volta eletto il Parlamento, bisognerà eleggere il presidente. In Myanmar il sistema prevede un’elezione indiretta in cui camera alta, camera bassa e membri non eletti dell’esercito esprimono ciascuno un candidato. I tre candidati scelti vengono poi votati nel corso di una sessione congiunta del Parlamento. Suu Kyi non potrà partecipare a questa elezione perché due dei suoi figli sono cittadini britannici e la Costituzione vieta la carica di presidente a chi ha figli o parenti che hanno “giurato fedeltà” a un’altra nazione. Al momento si specula molto su chi sarà il candidato presidente del NLP. Suu Kyi ha già fatto sapere che se sarà il suo partito ad avere i voti sufficienti a esprimere il presidente, lei sarà in ogni caso in una posizione “superiore”: un modo per dire che, se otterrà i voti, sarà lei a comandare, indipendentemente da quel che dice la Costituzione.