Perché portare all’estero libri più vecchi di 50 anni è reato
A causa di un recente vuoto normativo, chi esce o entra dal paese con volumi pubblicati prima del 1965 rischia da 1 a 4 anni di carcere
Dallo scorso agosto nessun libro pubblicato più di 50 anni fa può uscire o entrare in Italia, indipendentemente dal suo valore di mercato. La ragione del divieto è una legge – entrata in vigore appunto ad agosto – che ha spostato le competenze dalle regioni allo stato creando un vuoto legislativo che vieta a chiunque – ai librai antiquari come ai semplici lettori – di portare all’estero libri pubblicati prima del 1965. Per il mercato dei libri antiquari è un grosso danno, dice ALAI, l’associazione dei librai e antiquari italiani. Oggi se qualcuno volesse portarsi in viaggio fuori dall’Italia una copia di Guerra e Pace di un’edizione del 1962, rischierebbe da 1 a 4 anni di reclusione, perché il libro in questione ha più di 50 anni.
In Italia l’esportazione dei libri d’antiquariato è regolata dall’articolo 65 del Codice unico dei beni culturali, che prevede che nessun bene librario pubblicato da oltre 50 anni, indipendentemente dal proprio valore, possa lasciare il territorio nazionale senza una licenza di esportazione; si commetterebbe altrimenti un reato punibile con la reclusione da uno a quattro anni. Fino a pochi mesi fa le licenze erano rilasciate dalle regioni. Il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 – convertito in legge il 4 agosto scorso – ha destituito le regioni dalla tutela dei beni librari, senza però indicare quale ente e quali uffici ne siano divenuti responsabili. Da allora le licenze sia per importare che per esportare libri d’antiquariato sono state bloccate.
Il 20 ottobre, dopo tre mesi di paralisi dovuta al totale vuoto normativo, il ministero dei Beni culturali ha affidato il compito di rilasciare le licenze per il commercio con l’estero alla Direzione generale Belle arti e paesaggio, con la collaborazione della Direzione generale biblioteche. Ma il problema – secondo l’ALAI – rimane, perché gli uffici delle soprintendenze delle Belle arti e del paesaggio non sono pronti a livello operativo: i funzionari non hanno le competenze tecniche, mancano i moduli necessari, e le pratiche arretrate accumulate negli ultimi mesi saranno difficili da smaltire. La Direzione generale delle Belle arti e del paesaggio ha confermato al Post di non essere pronta, ma ha detto che al momento non è ancora stata stabilita una data precisa per l’inizio dei servizi.