In Argentina si va al ballottaggio
Il 22 novembre si sfideranno Daniel Scioli, candidato del partito di Cristina Kirchner, e Mauricio Macri, il sindaco di Buenos Aires
Aggiornamento 26 ottobre – Quando lo scrutinio delle schede elettorali è arrivato al 94,07 per cento, nessuno dei candidati è arrivato o sembra poter arrivare al 45 per cento dei voti: si andrà quindi al ballottaggio. Il candidato più votato è stato Daniel Scioli, candidato centrista del partito della presidente uscente Cristina Kirchner, che ha ottenuto il 36,52 per cento; subito dietro di lui è arrivato Mauricio Macri, sindaco di centrodestra di Buenos Aires, che ha ottenuto il 34,66 per cento.
Sergio Massa, sindaco della città di Tigre, fuoriuscito dal partito di Kirchner e peronista convinto, è arrivato terzo con il 21,27 per cento: non andrà al ballottaggio ma ha fatto buona parte della sua campagna elettorale in opposizione a Macri e quindi è possibile che i suoi elettori al ballottaggio decidano di sostenere Scioli. Il ballottaggio si terrà il 22 novembre.
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Oggi si vota in Argentina per eleggere il nuovo presidente del paese e ci sono pochi dubbi su chi sarà il vincitore. I sondaggi danno Daniel Scioli, candidato centrista del partito della presidente uscente Cristina Kirchner, con un margine di quasi dieci punti percentuali sul suo più vicino avversario, Mauricio Macri, sindaco di centrodestra di Buenos Aires. Quello che è meno sicuro è se Scioli riuscirà a vincere le elezioni al primo turno oppure se sarà costretto ad andare al ballottaggio, che si preannuncia invece molto più incerto. Cristina Kirchner non ha potuto ricandidarsi perché ha già raggiunto il limite di due mandati presidenziali previsto dalla Costituzione argentina. Oggi si vota anche per rinnovare un terzo delle due camere in cui è diviso il Parlamento dell’Argentina.
Secondo i sondaggi, Scioli dovrebbe ottenere circa il 40 per cento dei voti mentre Macri è dato intorno al 30 per cento. Nel sistema elettorale argentino per evitare il ballottaggio un candidato deve ottenere almeno il 45 per cento dei voti, oppure il 40 per cento con un margine di almeno il 10 per cento sul secondo classificato. L’affluenza è prevista intorno all’80 per cento e la competizione principale per la conquista dei voti avverrà nel governatorato di Buenos Aires, dove si concentra il 38 per cento degli elettori argentini.
La campagna elettorale degli ultimi mesi si è concentrata sopratutto su cosa fare dell’eredità politica ed economica dei coniugi Kirchner, che hanno governato l’Argentina negli ultimi 12 anni: prima di Cristina c’era Nestor Kirchner, suo marito, morto nel 2010. I Kirchner hanno governato il paese all’insegna del “peronismo”, un metodo politico fatto di populismo, nazionalismo e generosi programmi di spesa sociale, e il cui nome deriva da Juan Perón, presidente dell’Argentina tra gli anni Quaranta e Cinquanta e tuttora una delle figure più importanti della storia politica nazionale. Alcuni commentatori hanno scritto che le elezioni di domenica saranno un referendum sulla presidente uscente.
Kirchner ha lasciato un’impronta molto forte sulle politiche dell’Argentina, tanto che il suo modo di governare è oggi conosciuto come “kirchnerismo”. I risultati degli ultimi 12 anni di “kirchnerismo” non sono particolarmente brillanti e oggi l’Argentina ha una delle inflazioni più alte al mondo, un deficit fuori controllo e riserve di valuta estera sempre più scarse. La situazione attuale ha costretto Scioli, candidato del Frente para la Victoria, la coalizione guidata da Kirchner, a prendere in qualche modo le distanze dalla presidente uscente. Scioli ha promesso continuità, ma anche un programma di progressive riforme e cambiamenti.
L’ostacolo principale per Macri, l’avversario di Scioli, è che buona parte degli argentini non si fida del suo programma liberale e di centrodestra, un tipo di politica “pro-business” che nel paese ha finito per essere associato agli anni Novanta. Quello fu un lungo periodo di privatizzazioni e tagli di spesa che culminò con il default del debito sovrano argentino del 2001, una crisi economica che gli argentini ricordano ancora molto bene. Come hanno sottolineato diversi analisti politici argentini, oggi la situazione economica non è positiva, ma tutto sommato non così grave come fino a pochi anni fa: questo permette al partito al governo di mantenere molti dei suoi consensi.
Secondo Benedict Mander, corrispondente per il Financial Times dall’Argentina, un altro fattore da tenere in considerazione è proprio la relazione fortissima che molti argentini hanno tuttora con Juan Perón e gli ideali del peronismo. Nessun candidato che voglia avere qualche speranza di vittoria può risparmiarsi dall’omaggiare Perón. Anche Macri, il cui programma – se non il suo stile – è l’opposto del classico peronismo di sinistra, ha inaugurato una statua all’ex presidente in una delle principali piazze di Buenos Aires proprio quando i sondaggi mostravano che forse non sarebbe riuscito a raggiungere il secondo turno.
La corsa di Macri è intralciata anche dal candidato che secondo i sondaggi arriverà terzo: Sergio Massa, sindaco della città di Tigre, fuoriuscito dal partito di Kirchner e peronista convinto. Massa è dato attorno al 20 per cento, ma ha fatto buona parte della sua campagna elettorale in opposizione a Macri, con l’obiettivo di recuperare dei punti e arrivare al ballottaggio: Massa ha anche insistito sul fatto di avere più possibilità di Macri di vincere un eventuale secondo turno. Anche Scioli, comunque, ha i suoi problemi: uno è proprio Cristina Kirchner.
L’Economist, uno dei giornali che negli ultimi anni è stato più critico nei confronti di Kirchner, ha descritto Scioli come una specie di rampollo ambizioso costretto a sopportare le intemperanze di un genitore anziano. Secondo l’Economist, non solo Kirchner ha messo indirettamente in difficoltà Scioli, portando l’economia argentina in una situazione che per molti versi sembra a pochi passi dal ritornare alla crisi del 2001, ma ha anche occupato gran parte della sua campagna elettorale, rubandogli la scena nel corso dei comizi. Un altro problema per Scioli è legato ad altri politici della coalizione di Kirchner, soprattutto ad Aníbal Fernández – soprannominato “il tricheco” – il candidato scelto dal partito come governatore della provincia di Buenos Aires. Fernández è coinvolto in un caso davvero incredibile di omicidi e traffico di droga per il quale nega ogni responsabilità. È probabile comunque che la sua presenza costerà a Scioli parecchi voti nella circoscrizione più importante di tutte, quella di Buenos Aires.