Come nascono gli emoji
La storia dietro i simboli che usiamo ogni giorno nei nostri messaggi: da quelli che li disegnano a quelli che li scelgono dopo lunghe e complesse valutazioni
di Emanuele Menietti – @emenietti
Apple ha aggiornato i suoi sistemi operativi per Mac e dispositivi mobili: ci sono diverse correzioni di errori e miglioramenti, ma la cosa che si nota di più è la disponibilità di oltre 150 nuovi emoji. I nuovi emoji sono in buona parte basati sull’ultima versione di caratteri approvati in estate dall’Unicode Consortium, l’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di mantenere un sistema comune standard per la scrittura dei caratteri sui sistemi informatici. È il consorzio a decidere quali emoji diventeranno lo standard per chi realizza i sistemi operativi, che ha poi la facoltà di adeguarsi introducendo i nuovi simboli come ha fatto di recente Apple. Tra i nuovi emoji ci sono nuove facce, vari animali e un hot-dog.
Un codice unico
Il sistema di codifica Unicode fu realizzato verso la fine degli anni Ottanta per sviluppare un codice comune per la rappresentazione delle lettere e dei simboli in informatica. Prima della sua introduzione non era sempre facile far dialogare tra loro i programmi, perché ogni software adottava codici diversi per rappresentare la stessa lettera: questo portava a seri problemi di compatibilità, con la necessità di realizzare soluzioni che traducessero una codifica in un’altra. Per risolvere il problema fu ideato il sistema Unicode: ogni lettera, numero, simbolo o segno di interpunzione ha un codice univoco che viene usato da tutti i computer per riconoscerlo e renderlo sullo schermo.
Come suggerisce il nome, l’Unicode Consortium si occupa di coordinare il lavoro per mantenere gli standard comuni, in modo che tutti si adeguino alle stesse regole e si evitino problemi di compatibilità tra diversi sistemi informatici. Del consorzio fanno parte i dirigenti di alcune grandi aziende tecnologiche come Apple, Google e Facebook. L’attuale presidente è Mark Davis, ha 63 anni e lavora per Google come responsabile globale delle versioni internazionali del motore di ricerca e degli altri servizi offerti dall’azienda statunitense. L’Unicode Consortium si riunisce ogni quattro mesi per esaminare eventuali problemi legati allo standard e, di solito, per approvare nuove versioni di Unicode aggiungendo caratteri e simboli per arricchirlo. In passato l’organizzazione è stata criticata per essere poco trasparente e democratica, ma nell’ultimo periodo i responsabili del consorzio hanno lavorato molto per rendere più aperto il loro sistema. Il fatto che si occupi spesso di emoji di recente ha reso il consorzio anche più amichevole, almeno dal punto di vista dell’immagine.
Emoji
Fino a qualche anno fa l’Unicode Consortium non riceveva particolari attenzioni: le sue riunioni decidevano aspetti molto tecnici e talvolta difficili da capire per i meno esperti di informatica. Secondo diversi osservatori, il consorzio ha avuto una deriva pop da quando si occupa con regolarità dell’approvazione dei nuovi emoji, utilizzati da un numero crescente di persone per comunicare rapidamente uno stato d’animo o un’idea soprattutto attraverso gli smartphone.
Gli emoji sono simboli grafici utilizzati già da diverso tempo in Giappone: la parola che li definisce deriva proprio dal giapponese e comprende i concetti di “immagine” e di “lettera”. Si sono diffusi negli altri paesi soprattutto a partire dal 2011, quando Apple li ha inseriti all’interno della tastiera virtuale di iOS, il sistema operativo degli iPhone e degli iPad. Nei due anni seguenti gli emoji sono stati via via introdotti su diverse versioni di Android, contribuendo ulteriormente al loro successo. I principali social network come Facebook e Twitter li hanno integrati all’interno dei loro sistemi, dopo essersi resi conto del crescente utilizzo da parte dei loro iscritti.
L’Unicode Consortium ha avuto molto da fare negli ultimi anni per tenere sotto controllo la diffusione degli emoji e assicurarsi il mantenimento di standard comuni. Una delle decisioni più apprezzate è stata la radicale revisione del modo in cui erano rappresentate le facce con le varie espressioni, in modo che non ci fossero discriminazioni legate a culture, etnie e a provenienza geografica. Per farlo è stata aggiunta la possibilità di scegliere per ogni emoji un colore della pelle diverso, a seconda delle circostanze, e si è scelto di utilizzare un colore predefinito non riconducibile a nessuna popolazione (Apple utilizza il giallo fosforescente).
Come nascono gli emoji
Chi vuole proporre l’adozione di un nuovo emoji – di solito aziende di Internet, sviluppatori o semplici gruppi di persone – deve sottoporre la sua proposta all’Unicode Consortium, seguendo una procedura molto lunga e tortuosa che può richiedere anni prima di portare a qualcosa. Parte delle lungaggini è dovuta ai passaggi burocratici, ma il motivo centrale è che prima di approvare un nuovo simbolo standard devono essere fatte molte valutazioni sulla sua opportunità, sulla praticità e sulla possibilità che sia reso dai vari sistemi informatici senza problemi tecnici. Per questo motivo i responsabili del consorzio sono sempre molto cauti e in media approvano tra i 60 e i 70 nuovi emoji ogni anno.
L’Unicode Consortium, inoltre, non disegna direttamente gli emoji: quando ne approva uno nuovo fornisce ai produttori di sistemi operativi un abbozzo con una descrizione, sulla base della quale ogni sviluppatore realizzerà il suo simbolo mantenendo la coerenza grafica con quelli che aveva creato in precedenza. Altre soluzioni come un’unica grafica uguale per tutti sarebbero poco praticabili, ma si tratta comunque di un passaggio delicato e molto più complesso rispetto a quando decenni fa si decise quale numero dovesse essere associato per rendere una “t” sullo schermo di tutti i computer.
Il prossimo incontro dell’Unicode Consortium per discutere di emoji è previsto per maggio 2016 e riguarderà l’introduzione di 67 nuovi simboli. Tra questi ci sono la faccia di un clown (piuttosto inquietante), una versione femminile di Babbo Natale, una faccia col cappello da cowboy, la rappresentazione di un selfie, un rinoceronte, un avocado e diversi simboli legati alle Olimpiadi del prossimo anno, che si terranno a Rio de Janeiro (Brasile). Proprio questi emoji hanno portato a qualche polemica perché tra loro c’è anche il disegno di un fucile, che serve per la disciplina olimpica del tiro a volo, ma che sarà sicuramente usato anche per altri motivi e per indicare la caccia (nell’attuale serie di emoji ci sono comunque già diverse armi come una pistola, una spada e una bomba).
Un nuovo linguaggio?
In un certo senso l’Unicode Consortium non ha solo la responsabilità di coordinare gli sforzi per mantenere gli standard: gli emoji stanno diventando una sorta di linguaggio alternativo a quello testuale e ogni nuovo simbolo ne modifica la grammatica, per quanto ancora rudimentale e incomparabile a quella delle lingue vere e proprie. Davis, il capo del consorzio, è molto cauto su questo tema, ma ha ammesso che ci si sta muovendo in un nuovo territorio ancora poco esplorato: “Non è un linguaggio, ma è plausibile che si possa trasformare in qualcosa di simile, come è successo con il cinese. Le immagini possono assumere un particolare significato in una particolare cultura. L’esempio della melanzana (?) forse è il più conosciuto, visto che nella cultura americana ha assunto un significato particolare, che non è condiviso da quello di molte altre culture”. Davis fa riferimento al fatto che negli Stati Uniti il simbolo della melanzana viene spesso usato per indicare il pene, vista la forma con cui è stato reso il simbolo (soprattutto nella versione degli emoji di Apple).
Le differenti interpretazioni degli emoji, spesso dovute a tradizioni e culture diverse, sono uno degli aspetti che affascina di più gli studiosi del linguaggio e gli antropologi. Il simbolo delle due mani giunte (?) è tra i più contesi e dibattuti, in parte a causa dell’ambiguità della grafica usata per rappresentarlo nei vari sistemi operativi. Nella sua versione originale, derivata dalla cultura giapponese, indica il gesto che si fa con le mani giunte accennando un inchino per pregare o ringraziare qualcuno. Molti, soprattutto in Occidente, l’hanno interpretato in modo diverso concludendo che si tratti della mano di una persona che dà il cinque a un’altra.
Le interpretazioni diverse da quelle intese in origine dall’Unicode Consortium sono molte. Questo emoji ? rappresenta per esempio qualcuno che esulta e non una persona arrabbiata, quest’altro ? una faccia corrucciata e non triste, e questo ? non dovrebbe servire per mostrare di avere appena appreso qualcosa di scioccante, ma solo per comunicare stanchezza. Per un consorzio dedicato esclusivamente alla tutela degli standard non deve essere semplice accettare che, con l’uso, i simboli approvati assumano significati diversi in seguito alla loro interpretazione, ma è un processo inevitabile quando ci sono in gioco le sensibilità dei singoli e schemi culturali che si sono sovrapposti e consolidati nelle varie parti del mondo. ?