Google può scannerizzare tutti i libri che vuole
La seconda Corte di Appello di New York ha stabilito che Google Libri non viola il diritto d'autore ma rappresenta invece un "benificio pubblico"
Google ha vinto la causa contro la Authors Guild – la più importante associazione di autori americani – che chiedeva un risarcimento per i libri protetti dal copyright scannerizzati da Google nell’ambito del progetto Google Libri. La causa era iniziata nel 2005 sotto forma di class action, cioè come azione collettiva nei confronti di Google da cui – secondo il Guardian – gli autori pretendevano 750 dollari per ogni libro copiato più altri 750 di danni. In caso di sconfitta Google aveva calcolato un danno di 3 miliardi di dollari. La sentenza è stata emessa il 16 ottobre dalla seconda Corte d’Appello di New York.
Google Libri è un progetto iniziato nel 2004, inizialmente con il nome di Google Print (in italiano “Stampa”), con l’obiettivo dichiarato di rendere disponibili tutti i libri in tutte le lingue. A oggi sono stati scannerizzati più di 30 milioni di libri. Oltre che trovare i titoli su determinati argomenti, Google Libri permette di cercare le singole parole all’interno di ogni testo, offrendo uno strumento di ricerca potente che la carta non può dare. Su Google Libri i libri non protetti da copyright possono essere scaricati e visualizzati in maniera completa, mentre per quelli protetti da copyright è disponibile un estratto che può essere lungo se l’autore è d’accordo oppure breve (due o tre righe per contestualizzare le parole ricercate) se l’autore non ha acconsentito a cederlo. I libri possono anche essere forniti liberamente da editori e autori attraverso il programma di affiliazione Google Books Partner Program in cambio della pubblicità che il servizio può offrire, oppure possono essere forniti dalle biblioteche attraverso il Google Library Project. Le prime biblioteche ad aderire furono quelle dell’università di Harvard, della University of Michigan, la New York Public Library, e quelle dell’università di Oxford e di Stanford.
Nel 2005 Google fu citata in giudizio per violazione del copyright sia dalla Authors Guild che dall’Association of American Publishers, la più importante associazione di editori americana. Le due cause erano distinte: quella con gli editori era una semplice causa civile, mentre la Authors Guild aveva deciso per class action, cioè l’azione collettiva di una categoria nei confronti di una sola controparte, accusata in questo caso di violare il copyright per scopi commerciali. Google si difese affermando che Google Libri non funziona in modo troppo differente dal catalogo virtuale di una biblioteca, perché offre descrizioni ed estratti dei libri, e che la presenza di link diretti per l’acquisto garantisce ulteriore pubblicità ai titolari del copyright. La prima causa – quella con gli editori – fu risolta nel 2012 con un accordo che permise agli editori di scegliere se far digitalizzare o meno da Google le opere fuori catalogo, ma ancora sotto copyright. La causa con gli autori, invece, è finita con la vittoria di Google. La seconda Corte d’Appello ha confermato quello che già nel 2013 era stato deciso in primo grado: la scannerizzazione dei libri non costituisce violazione del copyright, nonostante sia motivata dalla ricerca di profitto, ma anzi rappresenta un “benificio pubblico”, come già aveva scritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado del 2013 il presidente della corte Denny Chin. La nuova sentenza è stata spiegata sul Washington Post dal giudice esperto in materia di copyright Pierre N. Leval: «La fabbricazione di Google di una copia digitale per fornire una funzione di ricerca costituisce un uso trasformativo, che aumenta la conoscenza pubblica mettendo a disposizione informazioni sui libri dei querelanti, senza fornire al pubblico un sostituto sostanziale della materia protetta dal copyright».
Il più importante precedente legale a cui la seconda Corte d’Appello, presieduta dal giudice Denis J. Butler, ha fatto riferimento è il caso della HathiTrust Digital Library, un progetto di libreria digitale per disabili creata scannerizzando libri di alcune biblioteche. La corte in quel caso dichiarò che non si era verificata alcuna violazione del copyright. Il giudice Butler ha citato la sentenza dicendo: «L’unica domanda era “è diverso quando a farlo su larga scala è la più grande e più ricca società negli Stati Uniti? La risposta è no”. Mary Rasenberg, l’avvocato dell’Authors Guild, ha commentato la sconfitta augurandosi che la questione venga presa in considerazione dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.