Il migrante afghano ucciso in Bulgaria
Era appena entrato dalla Turchia con altre 50 persone, la polizia di frontiera ha sparato colpi di avvertimento per fermarli: uno di questi sarebbe rimbalzato, colpendolo
Un migrante afghano è stato ucciso dalla polizia di frontiera bulgara giovedì sera, dopo essere entrato nel paese dalla Turchia. Un portavoce del ministro degli Interni bulgaro ha spiegato ad AFP che un gruppo di circa 50 migranti stava provando ad attraversare illegalmente il confine tra la Turchia e la Bulgaria e che gli agenti di guardia hanno sparato alcuni colpi di avvertimento per cercare di fermarli: un colpo sarebbe rimbalzato colpendo uno dei migranti, che è morto poco dopo in ospedale.
L’incidente è avvenuto non lontano dalla città di Sredets, sulla frontiera bulgara: secondo la radio pubblica BNR il gruppo di migranti, dopo essere stato individuato da una pattuglia di agenti di guardia sulla frontiera, si è rifiutato di rispettare gli ordini della polizia e ci sono stati piccoli scontri durante i quali gli agenti hanno sparato i colpi di avvertimento che hanno causato la morte del migrante. Alcune prime ricostruzioni dell’incidente riferivano di alcuni uomini armati anche tra i migranti, ma il governo bulgaro non ha confermato.
Il confine tra la Bulgaria e la Turchia è diventato negli ultimi anni uno dei più usati dai migranti che cercano di raggiungere l’Europa centrale – per la maggior parte afghani, siriani ed iracheni – e la pressione sul confine bulgaro è aumentata a causa dei sempre più efficaci controlli della polizia greca lungo il confine tra Grecia e Turchia. Per questa ragione la Bulgaria ha avviato qualche mese fa la costruzione di una recinzione lunga centinaia di chilometri lungo il suo confine con la Turchia, per impedire ai migranti di entrare illegalmente nel paese e rendere più facile la sorveglianza del confine. La recinzione sul confine e i maggiori controlli, come temevano gli esperti, hanno fatto sì che nel corso degli ultimi mesi i migranti che vogliono entrare in Bulgaria abbiano cominciato a scegliere vie più difficili e pericolose per raggiungere i posti non “coperti” dalla recinzione.