La legge sui rendiconti dei partiti è stata approvata
In via definitiva al Senato: permetterà di sbloccare i finanziamenti pubblici per il 2013 e il 2014 saltando i controlli sui bilanci
Aggiornamento delle 20.45: la legge sui rendiconti dei partiti politici e sulle modifiche alla Commissione di garanzia (che ha il compito di verificare bilanci e rendiconti dei partiti stessi) è stata approvata definitivamente con 148 sì, 44 no e 17 astenuti. Hanno votato a favore Pd, Fi, Cor, Ap; contro M5S e Sel si è astenuta Sel. La nuova legge sblocca i fondi ai partiti per il periodo 2013-2014.
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Mercoledì 14 ottobre inizia al Senato l’esame del disegno di legge sul finanziamento pubblico ai partiti e sul loro rendiconto: sono stati decisi i tempi ed è stato fissato per le 10 il termine di presentazione degli emendamenti; il voto finale arriverà in serata. Il testo – già approvato alla Camera lo scorso 9 settembre tra molte proteste del M5S – è firmato dal deputato del PD Sergio Boccadutri e ha tra gli obiettivi quello di sbloccare i finanziamenti destinati ai partiti relativi agli anni 2013 e 2104: in tutto circa 45 milioni di euro, che formalmente sono dei “rimborsi elettorali”. Di fatto salterebbe ogni controllo sui bilanci previsto invece dall’attuale normativa approvata durante il governo Letta. La storia è però più complicata.
Il 20 febbraio del 2014 la Camera aveva approvato definitivamente la conversione del decreto legge sull’abolizione – nell’arco di tre anni e quindi progressiva – del finanziamento pubblico diretto ai partiti. La legge stabiliva che il finanziamento pubblico sarebbe stato sostituito, come si legge sul sito della Camera, da “un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Nella stessa legge erano state poste delle condizioni per ricevere tali finanziamenti: il numero di eletti o di candidati, «requisiti di trasparenza e democraticità», l’istituzione di un registro dei partiti politici, l’adozione di statuti che garantiscano la «democrazia interna», e bilanci certificati e accessibili sui propri siti. La legge prevedeva anche l’istituzione di una Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici con il compito di verificare, prima dell’erogazione dei finanziamenti, che i bilanci dei partiti politici presenti in parlamento fossero in regola.
La Commissione non è però riuscita a concludere le verifiche sui bilanci del 2013 e del 2014 per mancanza di personale e di adeguati strumenti di lavoro. Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto gli uffici di presidenza di Camera e Senato hanno quindi bloccato l’erogazione di parte del finanziamento pubblico prevista per i partiti in quello stesso periodo. Si è così arrivati alla legge in discussione oggi, che tra le altre cose affronta la questione della carenza di personale della Commissione.
Nella commissione della Camera, è stato accolto un emendamento della deputata del Pd Teresa Piccione alla proposta presentata dall’ex tesoriere di Sinistra Ecologia Libertà Sergio Boccadutri (poi passato al Partito Democratico), che si occupava dei problemi della Commissione di garanzia. L’emendamento – diventato parte del testo discusso alla Camera e ora al Senato – dice che «le modalità per l’effettuazione della verifica di conformità si applicano con riferimento ai rendiconti dei partiti politici relativi agli esercizi successivi al 2014», risolvendo in questo modo i problemi sui finanziamenti bloccati.
L’opposizione più forte al ddl Boccadutri è quella del Movimento 5 Stelle. Gianluca Castaldi ha per esempio parlato di una legge «che regala milioni di euro ai partiti senza controllare i bilanci» e Enrico Cappelletti, capogruppo M5S in commissione giustizia ha denunciato il fatto che il ddl sulle unioni civili «viene incardinato in Aula ma è una finzione, perché verrà immediatamente sospeso per lasciare spazio ad una ennesima legge vergogna, la legge Boccadutri, da approvare prima dell’inizio della sessione di bilancio. Rimandare alle calende greche il disegno di legge sulle unioni civili sembra dunque il prezzo pagato dal Pd – al di là delle sue posizioni formali – per non scontentare Ncd».