Cosa succede alla Fiera del libro di Francoforte
Guida per chi ci va per la prima volta, per chi vuole fare come se ci fosse stato e per chi alla fine legge i libri
La sessantasettesima Fiera del Libro di Francoforte – Francoforte sul Meno, non sull’Oder che è una città più piccola sul confine polacco – è iniziata mercoledì 14 e finirà domenica 18 ottobre. Per i primi tre giorni la Buchmesse – in tedesco si chiama così – sarà frequentata soltanto dagli operatori del settore, quindi da editori, agenti, responsabili dei diritti, scout, giornalisti (9.300) e bloggers (1.400, secondo la Fiera) oltre a qualche sparuto traduttore e scrittore. Come ogni anno il pubblico potrà entrare solo nel fine settimana. Nel 2014 le presenze sono state 269.534: 167.654 operatori e 101.880 visitatori. Per il 2015 i comunicati ufficiali annunciano 7200 espositori per 104 Paesi.
Al pubblico il biglietto costa 18 euro (26 per l’intero weekend), ma per gli operatori è molto più caro, anche se varia a seconda della tipologia e se è stato acquistato online e in anticipo, o direttamente alla fiera. In compenso gli operatori possono entrare dalle 8 del mattino e trattenersi fino alle 8 di sera, mentre per il pubblico l’ingresso è alle 9 e l’uscita alle 18:30. Ogni anno c’è un ospite d’onore (quest’anno è l’Indonesia) e un tema (quest’anno è “Esplorare i confini”). Nell’app ufficiale, che si può scaricare gratis, ci sono le mappe per orientarsi (la Fiera è grandissima: qualche anno fa erano 171.790 metri quadrati), gli eventi (4 mila secondo la fiera) e i tuoi contatti di LinkedIn che eventualmente si aggirino nelle vicinanze.
Mappa della Fiera del libro di Francoforte
La storia moderna della Buchmesse iniziò nel 1949: dal 18 al 23 settembre 205 editori, librai e stampatori tedeschi si trovarono nella chiesa di St. Paul, già sede nel 1849 del Parlamento di Francoforte, primo organo elettivo nella storia della Germania. Ma la storia è molto più antica: le prime 180 copie della Bibbia a caratteri mobili di Gutenberg furono messe in vendita proprio a Francoforte nel 1455. Una fiera del libro incominciò a esistere proprio in quegli anni e fu la più importante in Europa, almeno fino alla fine del Seicento, quando fu scalzata da quella di Lipsia. Oggi la Buchmesse è la fiera del libro più importante d’Europa e probabilmente del mondo, almeno come numero di espositori.
Quest’anno in Italia ha fatto notizia la rinuncia da parte di Mondadori ad avere uno stand tutto suo, a differenza che in tutte le edizioni precedenti. Il nuovo amministratore delegato Enrico Selva Coddè ha scelto di contraddire gli accordi già presi dall’ex direttore generale Riccardo Cavallero. Ma in realtà Mondadori, a Francoforte, c’è ancora. Solo che non ha uno stand, esattamente come Iperborea, Minimum Fax, Saggiatore e Marcos Y Marcos, per dirne alcuni, anche se per i piccoli è tutta un’altra storia. Mondadori non starà con gli altri italiani, ma avrà dei tavoli nel foyer della Halle 4.0, area dove tradizionalmente stavano i librai antiquari. (Gli editori non possono prendere tavoli nell’Area degli agenti). Alla fine, si dice, non sarà un gran risparmio, anche perché Mondadori a Francoforte risulta accreditare ancora – stando al sito della Buchmesse – 36 persone, compreso quello che nel frattempo è diventato ex direttore generale, Riccardo Cavallero, e l’ex direttore editoriale, che sta per trasferirsi a Giunti, Antonio Franchini.
Avere uno stand a Francoforte non costa poco. Lo stand-base offerto dalla fiera, è di 4 metri quadrati e costa 1.139 euro – ma solo se prenotato per tempo –, 3.230 euro quello di 8 e da listino si pagano 1882 euro in più ogni 4 metri quadri aggiunti. Poi ci sono le lampade (188 euro la fornitura base), gli scaffali (68 euro a scaffale). E se ti limiti a un tavolo, come nell’area degli Agenti, il costo è di 685 euro. Per avere il proprio logo nel catalogo della Fiera bisogna pagare 265 euro. Se vuoi il Megaposter paghi 7.500 euro. Un evento di un’ora costa 825 euro (ma non al centro della Fiera, altrimenti sono 1.050 euro). E se ci tieni a entrare nel Business Club, i prezzi – come sempre quando si accede ad aree esclusive – sono a trattativa riservata.
Da un punto di vista logistico, la novità del 2015 è stata l’eliminazione del Padiglione – da qui in avanti Halle – 8, dove per tradizione stavano gli editori inglesi e americani. La scelta ha provocato uno sconquasso che ha avuto ripercussioni a domino. Gli inglesi e molti americani sono finiti nella Halle 6.1. Francia e Spagna nella 5.1, proprio sopra la Halle 5.0 dove sono stati invece spostati gli italiani insieme a case editrici religiose ed editori svedesi, norvegesi, finlandesi, danesi, estoni, olandesi, belgi, ungheresi, bulgari, romeni, slovacchi, cechi, sloveni, croati, albanesi, russi, georgiani, kazaki, azeri, armeni, turchi, turco ciprioti, ghanesi, nigeriani e del Burkina Faso. Lo stand di Rcs Libri sta qui – nonostante la recente acquisizione da parte di Mondadori –, con tutte le sue case editrici, compresa Adelphi, che a Francoforte – secondo il catalogo online della Fiera – porta 8 persone.
A Francoforte tutti hanno un sacco di appuntamenti, ma la fiera e così grande e la possibilità di fare incontri o distrarsi così alta, che quasi sempre si arriva in ritardo e gli appuntamenti saltano o si rincorrono per giorni. C’è chi dice che ormai, da quando esiste Internet, la Fiera non serva più a niente. Che i veri affari – ma nel mondo dell’editoria dicono “deal” – si fanno prima, andando per tempo a Londra e a New York a vedere che cosa c’è di buono in uscita. Ma a sostenerlo sono soprattutto i grandi editori, quelli che a Londra e a New York ci vanno spesso, quelli che cercano quasi esclusivamente in mercati di lingua inglese e che in genere si muovono solo per i libri grossi, o almeno di autori famosi, perché i budget delle loro case editrici li costringono a rinunciare ai libri sconosciuti, per quanto belli siano. In generale si può dire che Francoforte serve più ai piccoli che ai grandi, perché si possono incontrare in un’unica tornata tra editori simili e hanno ancora la possibilità di scovare libri trascurati, ma serve anche agli editori di mercati laterali, come quello italiano, se vogliono tentare di vendere all’estero i diritti dei loro autori.
Francoforte inizia prima di Francoforte. Almeno quindici giorni prima parte il lavoro promozionale per cercare di creare il caso, in modo da attivare aste tra gli editori (il solo modo per fare salire il prezzo di libri che non sono bestseller). Difficilmente a Francoforte i “deal” si concludono. A volte si definiscono. Spesso vengono preparati quelli futuri. Agenti ed editori parlano dei libri che rappresentano o che pubblicano per convincere i loro omologhi stranieri a comprarli. Se riusciranno a incuriosirli, questi libri verranno letti dagli scout che faranno delle schede, che gli editor – a volte – leggeranno per decidere se fare o non fare un’offerta. (Anche se la parola decisiva, quasi sempre, oggi ce l’ha il numero di copie vendute nel paese d’origine). Ma anche per i grandi editori, l’editoria è fatta di piccoli affari, non solo di bestseller. La forza di una casa editrice è fatta dal sapere trovare libri che vendano e dal sapere costruire un catalogo che duri e che possa fare da argine nei momenti in cui il libro che vende non c’è. Francoforte serve a questo.
Alla Buchmesse si continua a respirare una certa aria di grandeur, per quanto decaduta, nonostante l’editoria sia in crisi e l’invenzione di Gutenberg sia passata da alcuni secoli. È come un orgoglio condiviso di appartenere a un mondo che comunque è ed è stato grande. La sera si formano sottoenclavi editoriali: gli editori indipendenti si muovono in massa, i vecchi si frequentano tra loro, spesso i mondi si mischiano. A parte i locali di moda per l’editoria indipendente e l’annuale festa di Jamie Byng di Canongate, che è una specie di re dell’editoria indipendente, la vita serale e notturna si svolge soprattutto in due grandi alberghi: il Frankfurter Hof, che però da qualche anno i veri snob disdegnano, e l’Essischer Hof. Si parla, si scherza e si beve. Poi ti si avvicina un vecchio editore e ti sussurra all’orecchio: «Guardali, si comportano tutti come se lavorassero in un settore che funziona, giocano a fare gli uomini di affari, come se fossimo nel ramo dei medicinali o vendessimo armi. In realtà facciamo libri in crisi, ma non ce ne siamo accorti ancora».
L’edizione del 2015 è stata inaugurata da un discorso sulla libertà di espressione di Salman Rushdie, lo scrittore condannato a morte dall’ayatollah iraniano Khomeini nel 1988 per il suo libro I versi satanici. Per protesta l’Iran – che sarebbe stato nella Halle 4.0 – ha annunciato che non prenderà parte alla Fiera.