Come va Nicolas Ghesquière da Louis Vuitton
Mercoledì c'è stata la sua sfilata a Parigi, ma intanto le valutazioni del suo lavoro di rinnovamento in questi due anni sono ottime
di Enrico Matzeu – @enricomatzeu
Mercoledì scorso, nell’ultima giornata di sfilate a Parigi, c’è stato lo show della casa di moda Louis Vuitton, che ha presentato la collezione primavera/estate 2016: ovvero la quinta disegnata dallo stilista francese Nicholas Ghesquière. La sfilata si è tenuta alla Fondation Louis Vuitton, un edificio contemporaneo progettato dall’architetto Frank Gehry e inaugurato nell’ottobre 2014, che oltre a ospitare le sfilate del brand, viene usato per mostre d’arte ed eventi culturali. La nuova collezione era ispirata alla tecnologia, ma anche alla natura. La sfilata è iniziata con una introduzione audio del popolare videogioco Minecraft e la musica dei Daft Punk del film fantascientifico “Tron: Legacy”, il seguito contemporaneo dell’originale “Tron” del 1982, che Ghesquière ha detto di avare amato da bambino (è nato nel 1971).
I riferimenti di Ghesquière per questa collezione sono stati però il film “2046” di Wong Kar Wai e la serie televisiva giapponese “Evangelion”. Lo stilista ha disegnato giubbini in pelle da cyberpunk, gonne con applicazioni metalliche e maglieria decorata con perle e perline. Per spiegare i suoi vestiti ha detto che «tutti stanno cercando di integrare queste nuove nozioni di digitale, virtuale e cibernetico con le nostre vite reali». Molti critici hanno applaudito a questa collezione e soprattutto al ritorno di Ghesquière alle sue passioni di sempre, come la fantascienza, che erano spesso presenti nelle collezioni di quando lavorava da Balenciaga.
Nicholas Ghesquière, infatti, è stato nominato direttore creativo di Louis Vuitton alla fine del 2013 (in sostituzione di Marc Jacobs), dopo aver lavorato per quindici anni da Balenciaga (dal 1997), da dove se n’era andato improvvisamente per tensioni con i capi di Kering, la holding proprietaria. In Balenciaga Ghesquière era riuscito a rilanciare il marchio, ideando una serie di capi e accessori che hanno venduto moltissimo e che a distanza di anni continuano a vendere ancora. Ghesquière è di Loudun, una piccola città francese, e cominciò a fare lo stilista quando aveva solamente quindici anni, con uno stage da Agnés B. Ha fatto poi un periodo da Jean Paul Gaultier ed è entrato a Balenciaga molto giovane, prima nel team creativo e subito dopo come direttore artistico.
In un lungo articolo sul Financial Times, Jo Ellison, spiega che l’arrivo di Ghesquière da Vuitton è coinciso con una strategia molto impegnativa di riposizionamento del brand sul mercato, soprattutto della sezione dedicata all’abbigliamento. Il marchio, infatti, appartiene al gruppo del lusso LVMH (che per esempio controlla anche Moët & Chandon, Céline, Christian Dior, Loewe e Givenchy) e il 25 per cento delle vendite, nonché il 50 per cento del fatturato dell’intera holding, vengono da Louis Vuitton e in particolare dalla vendita degli accessori. In questi due anni il compito di Ghesquière, dunque, è stato quello di creare nuovi accessori, ma anche di rilanciare il prêt-à-porter (introdotto nel 1997 da Marc Jacobs), che al momento rappresenta solo il 5 per cento delle vendite totali del brand. «Piano piano sto aggiungendo nuove categorie, infondendo nuovi elementi e sto anche introducendo delle nuove borse» ha detto Ghesquière al Financial Times.
L’importanza degli accessori, della pelletteria e in particolare delle borse, è legata alla storia del marchio, che fu fondato nel 1854 appunto dall’imprenditore francese Louis Vuitton. L’azienda si è sempre resa riconoscibile per l’uso dei monogrammi e in particolare delle iniziali LV stampate in tutti i suoi prodotti, non solo quelli in pelle. E tra i cambiamenti introdotti da Nicholas Ghesquière ce n’è anche uno legato al logo, al quale ha dato uno stile più contemporaneo, cambiando il carattere delle scritte. Il pezzo più famoso dell’azienda è il baule, che veniva usato a fine Ottocento come valigia per i viaggi più lunghi. Per dimostrare la sua capacità di introdurre delle cose nuove senza dimenticare la storia del brand, Ghesquière ha lanciato la borsa “Petite Malle“, che per forma e chiusura ricorda i vecchi bauli Vuitton, ma è molto più piccola e si può portare a mano o a spalla come una normale borsa.
Per quanto riguarda i vestiti, secondo Jo Ellison del Financial Times «con solo cinque collezioni alle spalle, Ghesquière sta ancora esplorando la donna che vuole si vesta Vuitton, e sta rivalutando costantemente la sua visione dei requisiti sartoriali. Lo stilista ha sempre sperimentato con la silhouette e la forma, e da Vuitton ha intrapreso un approccio stilistico dedicato al viaggio nel tempo, andando con noncuranza da un’epoca all’altra. Le sue collezioni sono state disegnate ispirandosi ad architettura, fantascienza, a personaggi come William Morris e Edie Sedgwick (rispettivamente uno dei primi designer, vissuto nell’800 e una celebre modella di Andy Warhol negli anni Settanta, ndr), ma i riferimenti raramente sono espliciti».
Per rilanciare l’abbigliamento di Louis Vuitton, Ghesquière e l’amministratore delegato del brand, Michael Burke, hanno puntato molto sulle pre-collezioni, con due eventi, uno a maggio 2014 a Monaco e l’altro nel maggio di quest’anno a Palm Springs, Los Angeles, dove hanno portato 550 invitati per presentarle fuori dai consueti circuiti della moda. Un investimento molto importante sull’immagine, che sembra però funzionare, almeno considerando quello che ha detto Sebastian Manes, direttore acquisti della catena inglese di grandi magazzini Selfridges: «vediamo nuovi clienti acquistare Louis Vuitton, forse per la prima volta, perché ammirano in particolare l’estetica e la visione di Ghesquière».