Obama ha chiesto scusa a MSF
Il presidente degli Stati Uniti ha chiamato Medici Senza Frontiere e il presidente afghano per il bombardamento dell'ospedale di Kunduz in cui sono morte 22 persone
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha chiamato il presidente di Medici Senza Frontiere (MSF) e quello dell’Afghanistan per scusarsi per l’attacco aereo di sabato 3 ottobre che ha colpito un ospedale di MSF a Kunduz, causando la morte di 10 pazienti e di 12 membri del personale medico e il ferimento di altre 37 persone.
Obama ha parlato con Joanne Liu, la presidente dell’organizzazione umanitaria non governativa, esprimendo le sue condoglianze e assicurando che gli Stati Uniti condurranno un’indagine per capire le cause dell’incidente. Sulla vicenda sta indagando anche la NATO e c’è una terza indagine in programma, che sarà curata da ufficiali dell’esercito statunitense in collaborazione con le forze armate dell’Afghanistan. Ieri Medici Senza Frontiere ha chiesto un’indagine indipendente da parte dell’International Humanitarian Fact-Finding Commission (IHFFC), una organizzazione fondata nei primi anni Novanta e legata ai principi della Convenzione di Ginevra per risolvere contenziosi in ambito di guerra. Liu ha ribadito la necessità di un’inchiesta indipendente in un comunicato stampa diffuso da MSF dopo la telefonata di Obama.
L’attacco che ha colpito l’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz è avvenuto poco dopo le due di notte di sabato 3 ottobre. Il personale ha avviato l’evacuazione della struttura e si è messo in contatto con il comando NATO a Kabul per segnalare la presenza dei medici e dei pazienti, a poca distanza da dove era caduta una prima bomba. Secondo MSF, la NATO e i talebani erano stati avvisati in precedenza sul luogo esatto in cui si trovava l’ospedale, ma nonostante quelle informazioni e la nuova comunicazione gli attacchi sono continuati per circa mezz’ora. A causa delle esplosioni si è sviluppato un incendio nell’edificio, che ha reso più difficile l’evacuazione dei pazienti gravemente feriti e costretti a letto.
Al momento non esiste una ricostruzione precisa e dettagliata di come siano andate le cose sabato notte. Il generale John Campbell, a capo del contingente statunitense in Afghanistan, ha detto a una Commissione del Senato degli Stati Uniti che la decisione di bombardare la zona ha riguardato la sola catena di comando americana, in risposta a una richiesta di aiuto da parte dell’esercito afghano per avere copertura aerea, ma la sua versione è cambiata diverse volte nel corso dei giorni. Alcune fonti vicine al generale, consultate dal New York Times, sono però convinte che la decisione di avviare l’attacco non fosse in linea con le regole di ingaggio degli Stati Uniti per l’Afghanistan.
Le regole che lo stesso esercito statunitense si è dato prevedono che sia diffuso un chiaro avviso al personale dei centri medici che si trovano in aree di guerra, prima di avviare un attacco. Secondo MSF, i comandi militari non avrebbero dato nessun avviso prima di bombardare la zona, causando i danni all’edificio in cui si trovava il loro ospedale.
Il governo dell’Afghanistan non ha ancora fornito una propria versione esaustiva dell’incidente. Secondo alcune fonti governative consultate dalle agenzie internazionali, l’attacco nella zona dell’ospedale sarebbe stato eseguito per colpire alcuni miliziani talebani armati, che stavano attaccando soldati afghani. MSF ha però negato che all’interno della sua struttura potessero esserci persone armate, ribadendo che nell’ospedale c’erano solo pazienti e personale medico. L’organizzazione cura qualsiasi persona ferita, talebani o civili, cosa che ha portato spesso ad attriti con il governo dell’Afghanistan.
Medici Senza Frontiere dopo l’attacco ha dovuto chiudere l’ospedale perché non più agibile. Molti pazienti sono stati trasportati in altri centri medici dell’Afghanistan in aree più sicure. Kunduz è al centro di combattimenti molto intensi da giorni in seguito alla sua conquista da parte dei talebani: con l’aiuto della NATO, l’esercito afghano ha avviato numerose operazioni militari per riottenere il controllo della città.