Rizzoli e Mondadori, prima dello scorso weekend
Michele Masneri racconta sul Foglio le storie parallele e distanti dei fondatori delle due più note case editrici italiane, ora diventate una
Sul Foglio di mercoledì, con l’occasione dell’accordo più importante degli ultimi anni nell’industria italiana dei libri, Michele Masneri ha ricostruito le storie di Angelo Rizzoli e Arnoldo Mondadori, i fondatori delle due case editrici più note in Italia, che ora sono dentro la stessa azienda.
Vite parallele di tycoon editoriali: Angelo Rizzoli e Arnoldo Mondadori nascono entrambi poveri, a due giorni di distanza, nel 1889, e si inseguono tra destini incrociati e libri tascabili e riviste, e imprese oggi assai lontane dalle famiglie d’origine. C’è un documentario, fondamentale, del 2007: “Il commenda e l’incantabiss”, di Andrea Bettinetti (fotografia di Angelo Volponi, produzione di Michele Bongiorno). Rizzoli è il commenda – commendatore del Regno, nomina del 1932 – e l’incantatore di serpenti Mondadori. Il commenda nasce a Milano il 31 ottobre 1889, orfano, il padre si è suicidato tre mesi prima, la madre lo mette prima nella scuola elementare di via Santo Spirito, tra bambini ricchi, dove soffrirà (“era tosato dalla madre, e questa differenza di taglio di capelli coi bambini ricchi si notava e si soffriva”, dice Enzo Biagi nel documentario). Poi finalmente in quella piccola Harvard milanese degli orfani, i Martinitt, dove studiano alcuni campioni di capitalismo italico (poi, anche, Leonardo del Vecchio di Luxottica). Poi mette su la sua tipografia. E sarà sempre un po’ tipografo e un po’ editore, e rimarrà sempre “pop”, del resto; nonostante il titolo di commenda e quello addirittura di conte, dato poi da Umberto II in esilio (“ma guai a voi se mi chiamate conte”, dice in famiglia). Mentre Arnoldo Mondadori ci tiene a darsi un’aura altoborghese. Mondadori nasce il 2 novembre del 1889 a Poggio Rusco, nella bassa mantovana. Il padre è calzolaio ambulante, imparerà a leggere solo a cinquant’anni, in occasione delle prime elezioni repubblicane. Arnoldo ha una voce bellissima e la sfrutta come “lettore delle didascalie al cinema, al cinema muto del paese” di Poggio Rusco, racconta la figlia Cristina Mondadori nel documentario, poi trasmesso anche da “La storia siamo noi” di Giovanni Minoli. Di qui il soprannome di “incantabiss”, cioè incantatore di serpenti. Anche lui tipografo, si specializza in pubblicazioni per i soldati al fronte – è iniziata la Grande Guerra, si butta sulle star, e vuole mettere sotto contratto il poeta-soldato Gabriele d’Annunzio, che lo chiama “Monte d’Oro”, invece che Mondadori. “Mi dice: senta Monte d’Oro, io mi trovo meglio a darle del tu”, dice lo stesso Mondadori nel documentario, ove si può constatare effettivamente la voce da doppiatore e incantatore di serpenti. “Va bene comandante, ma io per il rispetto che le porto avrò delle difficoltà. Ma chi ti ha autorizzato a darmi del tu” risponde il poeta-soldato.
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