La nuova missione della Ue nel Mediterraneo
L'operazione navale per arginare il traffico di migranti passa da oggi ad una nuova fase, ma ci sono molte perplessità che possa essere davvero efficace
L’Unione europea ha annunciato che da oggi, mercoledì 7 ottobre, partirà “Sophia”, la fase due dell’operazione che l’Unione europea sta compiendo nel Mediterraneo per limitare la crisi dei migranti. L’operazione si chiama EUNAVFOR Med e ha l’obiettivo di fermare il contrabbando, di intercettare gli scafisti e sequestrare le imbarcazioni usate dai trafficanti di esseri umani per trasportare i migranti dalle coste dell’Africa all’Italia. “Sophia” prevede che le navi militari, oltre che elicotteri e droni, operino in acque internazionali per ricercare, bloccare, controllare e sequestrare le imbarcazioni sospette. Diversi giornali internazionali hanno però già messo in dubbio l’utilità di “Sophia”, che sembra più un compromesso tra i paesi dell’Ue invece che una soluzione efficace al flusso di migranti verso le coste italiane.
EUNAVFOR Med era stata avviata lo scorso luglio: il suo obiettivo, ha detto la Ue, è di «individuare, fermare e mettere fuori uso le imbarcazioni e i mezzi usati o sospettati di essere usati da passatori e trafficanti di migranti». Il comando operativo ha sede a Roma e l’operazione era ferma alla prima fase di monitoraggio e raccolta informazioni. La seconda fase, operativa da oggi, è stata chiamata “Sophia” come la bambina partorita da una donna somala durante una traversata nel Mediterraneo e salvata da una nave tedesca nel mese di agosto.
Attualmente sono sei le navi da guerra europee che operano in acque internazionali al largo della Libia: una italiana, una francese, due tedesche, una britannica e una spagnola. Almeno altri tre mezzi dovrebbero essere messi a disposizione entro la fine di ottobre dalla marina slovena, britannica e belga. L’operazione dovrebbe comprendere anche quattro elicotteri, diversi droni e mille trecento militari. L’Unione europea aveva approvato l’uso della forza contro i contrabbandieri che operano dalla Libia a metà settembre, nell’ambito del rafforzamento della sua operazione navale nel Mediterraneo.
La fase due dell’operazione è stata molto criticata dalla stampa internazionale. Molti migranti e richiedenti asilo – soprattutto siriani che scappano dalla guerra – scelgono strade diverse per raggiungere l’Europa: attraversare via terra la Turchia, raggiungere con un viaggio più breve via mare la Grecia e poi proseguire a piedi verso i paesi dell’Europa centrale e settentrionale. La decisione dell’UE, scrive il Guardian, arriva «quattro mesi dopo che la principale rotta migratoria per l’Europa è passata dalla Libia alla Turchia e cinque mesi e mezzo dopo che i capi di stato hanno promesso di colpire i trafficanti libici». «I limiti della missione dell’Unione europea sono evidenti», scrive BBC.
Le navi da guerra dovranno restare in acque internazionali cioè a 12 miglia nautiche dalla costa libica, ma è in acque libiche che opera la maggior parte dei contrabbandieri: gli scafisti, spiega il Guardian, attualmente stipano le persone sui gommoni quando si trovano ancora in acque libiche e poi le inviano in acque internazionali senza nessuno scafista a bordo. Solo una minoranza di barche, soprattutto pescherecci in legno, sono “accompagnati”. La differenza della fase due dell’operazione “Sophia” potrebbe intervenire su questo: un trafficante intervistato dal Guardian ha detto che la stessa barca era stata usata quattro volte dopo essere stata ripetutamente lasciata in mare in seguito al salvataggio dei suoi passeggeri da parte delle guardie costiere. Ma lo stesso trafficante ha anche sottolineato che eventuali limiti alla disponibilità di barche da pesca in legno significherebbe solo che gli scafisti utilizzeranno imbarcazioni gonfiabili, più facili da importare. Gli sviluppi dell’operazione EUNAVFOR Med, conclude il Guardian, «non porteranno ad alcun cambiamento significativo».
Eugenio Ambrosi, dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), ha detto che il gruppo criminale che si occupa del contrabbando di esseri umani è lo stesso che ha a che fare con traffico di droga e armi e che «le navi sono solo un mezzo». Per Ambrosi, «se gli sforzi dell’UE si concentreranno esclusivamente sulle barche, il business della criminalità rimarrà intatto». L’obiettivo dell’Unione europea sarebbe comunque quello di passare ad una terza fase dell’operazione, più aggressiva: agire all’interno delle acque territoriali della Libia. Ma questo sarà possibile solo dopo un’approvazione da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e della Libia stessa.