I guai del Salone del libro di Torino
È il più importante evento italiano sui libri, ma il 2014 ha chiuso male, il 2015 sarà peggio, e a Torino sono preoccupati
Sono state annunciate la settimana scorsa le nomine del nuovo Consiglio di amministrazione del Salone Internazionale del libro di Torino. Il Salone – che esiste dal 1988 – è la maggiore manifestazione del suo genere in Italia: ogni anno ospita circa 1.200 editori, 1.400 eventi e più di 300 mila visitatori (dato approssimativo, come scriviamo in seguito) che, a differenza dei “festival del libro” di successo che distribuiscono i loro eventi in luoghi e piazze di città più piccole, si concentrano nello spazio fieristico del Lingotto. Il bilancio del 2014, però, ha registrato una perdita di 489 mila euro (che Regione Piemonte e Comune non hanno ripianato nonostante avessero promesso di farlo) e il 2015 – secondo le previsioni – dovrebbe concludersi con una perdita ancora peggiore, la più alta nella storia del Salone.
Nonostante abbia registrato il maggior numero di visitatori di sempre (341 mila), il 2015 è stato un anno complicato. A maggio il presidente del Salone Rolando Picchioni si è dimesso dopo essere stato accusato di peculato in un’inchiesta che riguardava proprio la gestione del Salone. Al suo posto è stata nominata Giovanna Milella, ex giornalista che per più di vent’anni ha lavorato in Rai. Giulia Cogoli, già direttrice del Festival della Mente di Sarzana, avrebbe dovuto diventare direttore al posto di Ernesto Ferrero, critico e scrittore torinese, in carica dal 1998. Ma poi, a settembre e a lavoro inoltrato, Cogoli si è ritirata per problemi con Milella ed Ernesto Ferrero è ritornato al suo posto dando l’impressione di un rammendo di una situazione difficile da gestire.
Il Salone del libro è controllato e amministrato dalla Fondazione Libro, la Musica e la Cultura, il cui consiglio d’amministrazione è composto da quattro membri e un presidente, nominati dall’assemblea dei soci fondatori della Fondazione, quindi dal sindaco di Torino e presidente della Città Metropolitana di Torino, Piero Fassino, dal presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, e dall’AIE, l’Associazione Italiana Editori.
Giovanna Milella è stata nominata presidente del CdA (oltre che del Salone).
I tre consiglieri scelti da Chiamparino e Fassino sono Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Piero Gastaldo, che svolge lo stesso ruolo nella fondazione della Compagnia San Paolo, e Roberto Moisio, già dirigente dell’ufficio stampa della regione Piemonte e già membro del CdA. L’ultima nomina, quella decisa dall’AIE, è Federico Motta, il nuovo presidente dell’AIE.
Motta, ha scritto La Stampa edizione di Torino, rivendica per gli editori «un ruolo centrale» e si augura che sia il Salone a gestire tutta l’organizzazione e a guadagnare dai biglietti, che attualmente sono invece gestiti dalla Gl Events, la società che possiede il Lingotto, il cui affitto altrimenti costerebbe 1,2 milioni di euro. L’obiettivo principale del CdA, ovviamente, è risanare la situazione economica tagliando i costi della manifestazione e cercando nuovi partner privati. È questo il senso delle nomine di Gastaldo e Lapucci che provengono dalle fondazioni bancarie. Nella seduta del 24 settembre il nuovo CdA ha anche approvato l’affidamento a una società esterna di una due diligence – cioè un’analisi approfondita dei bilanci – sull’ultimo triennio. Saranno revisionati anche tutti gli atti legali degli ultimi tre anni.
Martedì i responsabili Milella e Ferrero hanno tenuto una conferenza stampa, confermando problemi e necessità, tra cui una valutazione infondata delle presenze nelle passate edizioni, e riscuotendo critiche severe e preoccupate dalla Stampa, l’importante quotidiano torinese.
Attorno all’una di ieri, dopo la conferenza stampa di «Portici di Carta» la presidente del Salone del Libro Giovanna Milella l’ha detto forte e chiaro: «Apriremo tutti gli armadi della Fondazione: vogliamo andare sino in fondo alla questione biglietti, vederci chiaro e capire veramente i numeri reali». Nessuno,però, si immaginava che già nel pomeriggio la presidente diramasse cifre a dir poco spiazzanti e buone per trasformare il cda di stamattina dove il grande protagonista sarà il direttore Ernesto Ferrero (che con Rolando Picchioni ha diretto dal 1998 la fiera) in un vertice da cui più uscire qualsiasi cosa, compresa la parola dimissioni. I conti da cui può partire lo scontro sono i seguenti diffusi ieri da Milella: «Nel 2015 le presenze totali furono 276.179 e 122.638 i biglietti a pagamento, contro le 341 mila annunciate al termine dei cinque giorni. La differenza è dunque di quasi 64.821 ingressi. L’anno prima le presenze, informa sempre il Salone del Libro, furono 300.502, contro le quasi 340 mila annunciate al termine dell’edizione 2014: 39.498 in meno. Nel 2013: le presenze furono 298.554 contro i 329 mila annunciato nel giorno di chiusura dell’edizione, 30.446 ingressi in meno. Il presidente precisa: «Sotto la voce ingressi rientrano figure fondamentali per l’identità e i contenuti culturali del Salone, come gli editori, gli autori e relatori, gli operatori media. Persone che contribuiscono con il loro soggiorno a produrre reddito e ricadute sul sistema economico del territorio e quindi nè abusivi nè fantasmi».
Giovanna Minella aveva annunciato in un’intervista a La Stampa, che per la nuova edizione in programma dal 12 al 16 maggio 2016 il Salone rimarrà aperto anche la sera, con un’entrata a costo ridotto. Martedì è stato anche confermato che l’Arabia Saudita – scelta nel 2014 da Picchioni – non sarà il Paese ospite dell’edizione 2016. La decisione segue la condanna a morte di Ali al-Nimr, il 21enne arrestato nel 2012 a 17 anni per aver partecipato a una manifestazione antigovernativa, e le proteste ricevute negli scorsi mesi da parte di autori, politici e pubblico.