Nove citazioni da “Il regno”
Una raccolta di frasi, un po' dell'autore Emmanuel Carrère e un po' bibliche, per far conversazione a cena
Secondo Nietzsche gli individui vengono giudicati – e, al contrario di quanto dice Gesù, bisogna giudicarli – in base alla capacità che hanno di non raccontarsi storie, di amare la realtà e non le consolatorie invenzioni di cui loro stessi la rivestono.
Anche se non si fa tutta la strada, è bello poter indicare agli altri la direzione.
È come quando uno dice di essere apolitico: significa soltanto che è di destra.
Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.
La verità abbia sempre un piede nel campo avversario.
«Tu vieni a farci la lezione. Ma metti in pratica quello che dici?», risponde: «Io sono un malato, e non cercherò di farmi passare per il medico. Come se giacessi in un letto del medesimo ospedale, chiacchiero con te del nostro male comune, e condivido con te i farmaci, per quel che possono valere».
Quello che lo stoicismo chiama meditatio. Hervé la descrive nel suo libro come «un paziente e meticoloso spionaggio di sé da parte di sé», e Paul Veyne in un altro modo, molto divertente: «Uno stoico che mangia fa tre cose: mangia, si osserva mentre mangia, ne fa una piccola epopea». A forza di meditatio, lo stoico realizzato, come il buddhista realizzato, non decide più. Sfugge alla necessità perché vuole ciò a cui essa lo costringe. Seneca, modesto come sempre: «Non obbedisco al dio: sono d’accordo con lui».
Neanche in me la bontà è innata: anch’io devo fare uno sforzo, perché so che al di fuori di essa non c’è niente che valga la pena, e per questo ritengo di essere ancora più meritevole.
Sono libero d’inventare a patto di dire che invento e di segnalare con lo stesso scrupolo di Renan cosa è certo, cosa è probabile, cosa è possibile e, prima di arrivare a cos’è categoricamente escluso, cosa non è impossibile, territorio in cui si muove gran parte di questo libro.
(Emmanuel Carrère, Il Regno, Adelphi, 2015)